Playoff
Il play-off basketball, gustoso antipasto dello spettacolo delle Final Four, non ha mancato anche nel 2013/14 di regalare emozioni straordinarie, con sfide leggendarie tra le grandi del torneo.
Quella tra Barcellona e Galatasaray è la serie senza dubbio meno equilibrata e interessante. Il Barça ha vita facile nelle prime due gare, anche grazie all’infortunio di Arroyo in gara 1, che lo porterà a saltare persino la seconda partita. Le vittorie al Palau sono infatti larghissime, la prima caratterizzata da un exploit di Nachbar e la seconda segnata dall’infortunio immediato di Navarro e da una performance abbastanza corale da parte dei catalani. In entrambe le sfide gli scarti sono ampi, ben oltre la doppia cifra (88-61 e 84-63).
Il playmaker portoricano tornerà però in gara 3 e la squadra di Istanbul farà sudare sette camicie agli avversari che tenteranno invece ostinatamente di chiudere i conti in modo definitivo. Nel concitato finale sono una stoppata decisiva di Dorsey su Arroyo e la freddezza dalla lunetta di Brad Oleson a concludere partita (75-78) e serie con percorso netto (3-0) a favore dei blaugrana.
Il rematch dell’ultima finale vede la voglia di riscatto del Real opposta al desiderio di auto-conservazione dell’Oly, con uno scontro che, ai playoff, pare fin troppo anticipato. Il primo atto vede le merengues tramortire gli avversari sin dal primo quarto e sbarazzarsene agevolmente, con un Rudy Fernandez da 20 punti e 34 di valutazione, in gara 2 la contesa è più ostica, ma Laso e i suoi rimangono sempre davanti e riescono a difendere il fattore campo.
Dal covo dei campioni però è dura uscire vivi e, in gara 3, con il dominio di Dunston, i reds fanno rivivere i fantasmi di Londra ai blancos. Il Pireo rimane in vantaggio tutto il match e, nel finale, dopo il 2/2 di Sloukas, è lo 0/2 di Sergio Llull a decretare il 78-76 greco. La serie è viva più che mai. La squadra di Bartzokas infatti rincara la dose con un’ottima prestazione difensiva in gara 4, che vuol dire vittoria e costringe i rivali allo spareggio.
Stavolta il Real affonda il colpo decisivo, al Barclaycard Center Llull si riscatta, la partita è sempre saldamente nelle mani degli spagnoli, che si confermano una corazzata e forse la squadra più lanciata per la vittoria finale. Soprattutto, però, costringono ad abdicare dopo due anni Spanoulis e soci.

Un duello altrettanto incredibile è quello tra CSKA Mosca e Pana, appassionante soprattutto per i punteggi bassissimi che lo contraddistinguono: le squadre non sforano in nessuna occasione il tetto degli 80 punti segnati.
La prima è subito emblematica del drama che restituirà la serie: è overtime. Diamantidis manca la bomba del pareggio a 6” dalla fine e non riesce a evitare la sconfitta, anche se i moscoviti perdono Teodosic per il resto della serie. Nonostante questo gara 2 è un monologo CSKA, con Sonny Weems che si scatena e infila 23 punti.
Ad OAKA la lotta si rivela durissima e il Pana vende cara la pelle, porta a casa entrambe le partite casalinghe. E’ l’apoteosi dello scontro tra due difese rocciose, la ripresa di gara 3 si chiude con parziale solo di 24-24, quella di gara 4, di 27-26. La seconda delle due sfide di Atene è una partita pazzesca. Sotto di due a 2,6” Fridzon fa saltare due difensori, scocca un tiro che batte la sirena, segna, ma il suo piede è sulla linea: il match va all’overtime. A 5” dalla fine sarà Weems, la cui mano trema sul tiro libero per la nuova parità , a condannare il CSKA alla bella. Bella che, però, non avrà storia, con la banda di Messina, guidata da uno scintillante Sasha Kaun, che scapperà nel secondo quarto e veleggerà con autorità dopo l’intervallo verso le Final Four (3-2).
La serie che oppone l’EA7 al Maccabi è ancora stampata chiaramente nella testa dei tifosi meneghini. Il Maccabi è temibile, ma alla portata, l’Olimpia si presenta ai blocchi di partenza con un Ale Gentile in meno, il capitano è costretto a saltare la serie per una lesione al bicipite femorale.
Gara 1 è una partita stregata, surreale. Milano conduce per tutto il match con convinzione su degli israeliani passivi, tenuti a galla solo dalla straripante fisicità di Schortsianitīs. Ma c’è qualcosa di prodigioso e magico nel Maccabi di quell’anno. Sotto in doppia cifra a due minuti dalla fine, gli uomini di Blatt riescono addirittura a superare gli avversari, e, seppure l’Armani abbia l’occasione di strappare la vittoria con Langford, che manda sul ferro il libero del +1, si vola ai supplementari. Così il Maccabi cavalca l’ormai furioso impeto di Rice e la freddezza di Hickman, la partita maledetta si conclude con la vittoria dei gialloblù e sarà decisiva per il prosieguo della serie.
Nel secondo match l’Olimpia si riprende quello che è suo, tenendo accese le speranze per un risultato storico. A Tel Aviv però la musica cambia, in gara 3 il Maccabi controlla la partita nei quarti centrali e vince, in gara 4 esplode pesantemente nell’ultimo quarto con un parziale di 32-10 e trionfa di venti. Arrivano due vittorie nette, per una squadra che inizia a volare sulle ali del destino, che al contrario sembrava quell’anno sorridere alle scarpette rosse, nella stagione della redenzione: la serie (1-3) si chiude tra i rimpianti biancorossi.



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