IL CONTRATTO
Biennale, ricco, addirittura il più ricco di sempre per il basket serbo per alcune fonti.
Lo scorso anno, quando gli venne chiesta la motivazione per cui aveva scelto Milano, il nativo del Bronx era stato molto trasparente: «Era il miglior contratto possibile».
Non ci fu bisogno di entrare nei dettagli cercando tematiche quali il progetto, di cui oggi si abusa un po’ troppo facilmente: era “la più conveniente” finanziariamente.
Risposta onesta di chi non ha paura di esporsi a critiche feroci, del tipo di quelle che gli stanno arrivando in queste ore, che lo definiscono “mercenario” se non peggio.
Viviamo in un mondo, non certo solo sportivo, in cui la retorica domina la scena con paroloni tipo gruppo, etica, resilienza, abnegazione etc, un mondo in cui ci si esalta per questo o quello che giurano eterno amore baciando maglie e battendosi il petto per poi voltare pagina in un amen.
Siamo certi che non sia migliore chi ha il coraggio di dire che fa il suo lavoro per chi lo paga di più?
Siamo altrettanto certi che in quella situazione non ci saremmo comportati allo stesso modo?
Un giorno forse, magari in un libro classico del fine carriera, un celebratissimo campione di cui si raccontano le gesta di uomo squadra per eccellenza, ci racconterà di quelle settimane (mesi…) in cui trattò con un club di Eurolega che basava il suo progetto (sì, c’era veramente…) su di lui, diede il suo ok una sera per poi utilizzare quell’offerta come argomentazione decisiva nello strappare qualche centinaio di migliaia di dollari in più in un club più ricco la mattina seguente. Ovviamente alla seconda gara con la nuova maglia si batteva il petto per quei colori…
Forse, uno di quei giorni, riabiliteremo i Punter di turno, che sono tantissimi, con la differenza tra chi lo ammette pubblicamente rispetto a chi indossa una maschera di finissima fattura e volgarissimo spessore.
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