Corsolini contro Corsolini #11: jeans strappati e strane giocate

Corsolini contro Corsolini #11: cominciano dei playoff un po’ folli, ma cominciano dappertutto: il basket sbarca in libreria e conquista le vetrine.

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Corsolini contro Corsolini #11: cominciano dei playoff un po’ folli, ma cominciano dappertutto: il basket sbarca in libreria e conquista le vetrine.

Corsolini L: Steve Kerr è una persona intelligente, è sempre interessante leggere i suoi interventi. Nei giorni scorsi ha detto, più o meno, che ai suoi tempi per certi errori, che so, un mancato taglia fuori, si finiva in panchina e non si era più richiamati. Oggi non si può pretendere la stessa attenzione, in questi tempi multitasking, perché prima e più del gioco sono cambiate le persone e il contesto. 

Una volta ci si affidava ai fondamentali, dunque alla conoscenza e al lavoro. Adesso i giocatori hanno tutti un motore tale che vivono di eccessi, e infatti non sanno andare con un numero basso di giri. Però…quando ero un ragazzino, se c’era un buco sui pantaloni si faceva un rammendo, o si metteva una toppa. Sembrava un delitto avere poca cura. Oggi i jeans te li vendono già strappati. Voglio dire: sono cambiate tante cose, non a tutte mi rassegno, non tutte penso rappresentino un miglioramento.

Quando ero ragazzino l’ultimo minuto di un derby vinto largamente da una squadra era una gogna per gli sconfitti perché i vincitori non la smettevano fino all’ultimo secondo, e in più arrivavano i cori dalla tribuna, il cata su, che voleva dire raccogli i tuoi modesti bagagli e, torna a casa, qui condiamo noi, e il miserere, per i miseri implora perdonooo, proprio con tutte quelle o.

Oggi l’ultimo minuto è spesso una manfrina: non attacco, lasciami stare, vedi che palleggio da fermo? Salutiamoci, a casa tutti bene? Alla prossima. Una volta Milano avrebbe infilzato le banderillas nel corpo del Bayern, in segno di rispetto dell’avversario ma anche di se stessa. Stavolta Milano ha giocato, Messina dixit, il minuto più stupido della storia.

Corsolini R: inizio la risposta restituendoTi la palla con qualche domanda. Sei partito da Steve Kerr, NBA, parlando di errori che venivano pagati dai giocatori con il castigo da parte dei loro allenatori. Potrebbe essere sì una questione di disciplina, potrebbe essere una questione di dinamiche coach-giocatori, con gli allenatori che eccetto alcuni casi, sono passati in secondo o terzo piano rispetto a chi va in campo. 

Sarebbe curioso sapere quanti tra gli appassionati medi conoscano D’Antoni-Nash-Stoudemire e quanti Irving-Harden-Durant, anche quando fanno parte della stessa squadra. Potrebbe anche essere che dipendendo i roster e le intere franchigie da stelle, sole, in coppia o addirittura in terzetti, rompere gerarchie e andare contro lo spettacolo potrebbe risultare controproducente. Ero con te quando l’O2 Arena di Londra ha fischiato Phil Jackson per aver lasciato Kobe (al rientro da un infortunio) in panchina. Per cui a coach Kerr, che giocava con Micheal Jordan e oggi allena Steph Curry, chiederei (anche a te): si stava meglio quando si stava peggio, ma siam sicuri che il “peggio” di ieri sarebbe il meglio per oggi?

Poi essendo il nostro un dialogo generazionale mi e ti chiedo, aldilà della fame agonistica e dei sempre meno giocatori che si fermano oltre gli orari di allenamento, quante partite giocavano i Bulls di Kerr o la Milano di Gand che batteva il Maccabi? Siamo drogati di partite e calendari fitti, drogati di back to back e alla ricerca di un incasso che non esiste, anzi oggi una partita è una spesa e basta. 

I giocatori sono stanchi, nei finali ne succedono spesso di ogni, anche a mio modo di vedere per difficile controllo delle energie sui 40′. Fiacchezza fisica porta, porta anche a down mentali e quindi a scelte sbagliate in campo. Poi credo sia cambiata l’etica sportiva, quanto meno nel basket europeo, in cui non si cerca più di sovrastare l’avversario, ma è considerato più rispettoso limitarsi, anche se questo non funziona sempre. 

Corsolini L:interessante il richiamo a una evoluzione dell’etica sportiva. Ispirato da Te, allargo il discorso. Parliamo un po’, purtroppo dobbiamo, di politica sportiva. Sparito dalla scena Gandini, e non è nemmeno un’accusa quanto una triste considerazione visto che non era a Bologna per gara 1 della semifinale della Virtus (Bertomeu presente), e non era nemmeno al Forum per gara 5 dell’Armani, sul trono c’è un Petrucci che mi permetto di considerare non sempre lineare.

Capisco, per uguale passione, che si elegga capo spedizione alle qualificazioni olimpiche del 3 contro 3, perché le porte di Tokyo si apriranno più facilmente per le ragazze che per la squadra di Sacchetti. Faccio più fatica a seguirlo in altri discorsi. Dunque: abbiamo la Comtec e affidiamo un controllo sullo stato di salute delle squadre a una società esterna, Ernst & Young, che dalla stessa Comtec prende i dati. Poi si dice, ritornello dell’anno, niente blocco delle retrocessioni, e prendendo spunto dallo studio faremo delle valutazioni per capire come comportarci nella stagione 2022/2023.

Come, ci prendiamo un anno, dopo che già ne abbiamo persi due? Sì, ecco la risposta, perché pure la vicenda Superlega Calcio ha dimostrato che il diritto sportivo è ancora il principio ispiratore. Peccato durante il Covid abbiamo visto, e magari imparato, che i diritti ogni tanto non possono essere garantiti in nome appunto della sopravvivenza collettiva.

Non è vero che la formula dei campionati è prerogativa della Lega, oltre tutto diverse squadre hanno chiesto playoff più brevi in Lba.  Petrucci che giocatori pensa di avere, per la Nazionale, dopo questi playoff? Spremuti tutti come arance: Datome, Belinelli, Abass, Tonut, Spissu…non è un quintetto, è solo un primo elenco facile da fare. Dal 13 maggio al 17 giugno ci sono, potenzialmente, diciassette partite. Avrebbero potuto essere undici e nessun diritto sportivo sarebbe stato leso. Nemmeno di noi spettatori, anzi per noi spettatori e per Milano si tratta di ventisette (!!!) serate impegnate in 36 giornate. Venezia e Sassari e Brindisi e Trieste oltre tutto devono viaggiare in aereo.

Corsolini R: sul chiedere a una società di consulenza esterna un quadro della sostenibilità del campionato, mi trovo d’accordo con la FIP. L’idea mi piace e sottolineo l’idea. Il fatto che si inizi a parlare di sostenibilità del nostro campionato, o che comunque lo si consideri un problema da risolvere, mi piace altrettanto.

Non sono d’accordo con te sul fatto i risultati siano gli stessi raggiunti dalla ComTec, organo di controllo e revisioni dei conti federale, quindi interno e affiliato, per questo magari condizionata nel fotografare la situazione, in base a convenienze più o meno politiche. Società di consulenza come quella scelta realizzano report per tutti gli sport, leghe e Federazioni, per cui non ne vedo un male, semmai un vantaggio.

Nutro piuttosto forti dubbi sugli effetti pubblici di un report come questo. FIP e LBA  mi sembrano coinvolte in una guerra non molto diversa da quella a livello internazionale tra FIBA  ed ECA, con la Federazione che, come succede spesso, ha il coltello dalla parte del manico. Per questo e altri motivi sono dubbioso su quanto il report finale venga condiviso dalle due organizzazioni.

Sempre nel dibattito acceso a distanza FIP-LBA, iniziato con l’incontro del Comitato 4.0 (FIP assente) con l’allora Ministro Spadafora e che non trova ancora fine, con il basket a pagarne le conseguenze; non mi stupisco per niente dell’intransigenza di Petrucci. Da esterno vedo questi battibecchi come le pretese dei ragazzini al parco; chi ha portato il pallone decide chi gioca.

Le questioni del calendario mi sembra siano solo il prolungamento della mala gestione della stagione regolare, dei recuperi e di questi playoff che stanno per cominciare: più che stupito per il ritmo imposto a giocatori e spettatori, sono amareggiato.

Corsolini L: due reazioni. Applaudo il tuo distacco manageriale. Poi, come sai, e come sveliamo ad altri, caso mai interessi, quando sono amareggiato come te mi rifugio in libreria. E’ un posto che consiglio a tanti in questi giorni. A patto di sapersi muovere tra gli scaffali perché Welcome to the jungle si trova in marketing, anche se il titolo sembra adatto ai playoff, e anche se l’autore è Lucio Zanca che qualcuno ha perso di vista ed è oggi un motivatore che invita a scoprire, leggo dalla copertina, più avanti diremo del resto, “come affrontare con sicurezza il mondo  del lavoro e progettare la TUA strada”.

E’ invece negli scaffali sport Implacabile, il libro di Tim Grover, in copertina definito allenatore di Jordan e Bryant, e invece, aggiungiamo noi, lui pure motivatore “per vincere quando gli altri si arrendono”. Infine, è in vetrina, come suo solito, John Grisham, di solito lettura piacevolissima con i legal thriller. Stavolta in terza di copertina invece della classica foto da scrivania ne ha scelta uno di quando giocava a basket al liceo.

Ne IL sogno di Sooley racconta una storia attuale, che ha avuto anche declinazioni pasticciate in Italia. Sooley è un ragazzo che cresce nel Sudan delle guerra e viene notato da un talent scout. Va negli Stati Uniti e…Basta, mica possiamo spoilerare un libro di Grisham.

Corsolini contro Corsolini torna settimana prossima con la puntata #12

About Post Author

Riccardo Corsolini

Appassionato di Sport in generale, nato e cresciuto con la pallacanestro in testa e nelle mani. Scrivo della mia squadra e di Eurolega su Eurodevotion, tentando di prendere il ferro.
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