L’Eurolega versione minors, personaggi su e giù, milanesi in giro per l’Europa…

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Eurolega, rieccomi. Occhei, lo so, non è che vi sia mancato quanto il lievito a marzo; ma gli è che il Direttore, per qualche misterioso motivo, preferisce che io scriva anzichenò. E sì che per lungo tempo l’assenza delle riunioni fisiche in redazione -oltre, devo ammetterlo, a un vigoroso rimpolpamento dei redattori- lo aveva distolto dalla mia latitanza; alla fine, però, ha scoperto che ero sempre io a usare nella nostra chat i vari nicknames tipo Alessandro Gentile, Mike James, Latrell Sprewell e Osama Bin Laden (al Direttore, si sa, piacciono i tipi vivaci), e la mia copertura è naufragata. 

Forza allora, coi cinque punti di Eurodevotion, sull’atmosfera e su alcuni personaggi di questa Eurolega2020 (perché nel 2021 sarà diversa, vero?).

Euroleague 2020 edition. Tribune deserte, lo stridio delle suole sul parquet, il tuono del coach al lungo che ha portato palla in contropiede scagliandola infine in platea, la chiarissima imprecazione (è un eufemismo) di Pippo Ricci dopo un recupero, le panchine che rumoreggiano sul tiro libero avversario. Dai, il basket europeo contemporaneo è la cosa più simile al Torneo Silver CSI che mi sia mai capitato di vedere in TV; e alzi la mano chi, durante una qualsiasi partita, non si è domandato se anche loro alla fine hanno le docce fredde e i lamenti del custode con chi fa tardi nello spogliatoio. Romantico.

Vasilije-Vassilis. Poche ore fa, Vasilije Micic ha segnato 17 punti. “E allora?”, domandano i distratti. Ecco, lui li ha segnati… in un quarto (il terzo). L’intero Panathinaikos, che gli giocava contro, in quel quarto ne ha messi 14. Troppo sbatti cercare chi ha fatto meglio nella storia dell’Eurolega, è comunque il certificato che tra lui e la definitiva ascesa tra le assolute stelle europee restano solo le possibili conseguenze del rientro di Larkin e soprattutto delle reprimende pubbliche di Ataman, che avrebbero trasformato in Gengis Khan anche Mattarella. 

Per nome e ruolo, sembra che a lasciargli spazio nell’empireo (con mio personale strazio) sarà l’ormai offuscata stella di Vassilis Spanoulis. Quando nei minuti decisivi dell’incontro con il Bayern ha scagliato una loffia tripla che non ha raggiunto il ferro e subìto un furto dal palleggio da Weiler-Babb, è sembrato meno lucido della volta in cui sulla TV greca, palesemente ubriaco, ballò il sirtaki con la grazia di un orso per festeggiare il titolo europeo. Mi è venuto da chiamare il cambio per lui e abbracciarlo al rientro in panchina. Sipario.

Soggettoni ben conosciuti. Nell’ultimo turno, Nemanija Nedovic infortunato; il suo compagno Aaron White riesce nel miracolo di far annullare per interferenza un possibile canestro dell’altro compagno Shelvin Mack. 

No, non sono tornato al Forum a febbraio 2020 (dovendomi rivivere tutto, no grazie): succede oggi al Pana, con l’unica sottilissima differenza che stavolta all’esordio il buon Mack ne ha messi 18 (senza i 2 tolti dal Vegano), con 3 su 4 nelle triple. Resta tuttora da capire quale sostanza nell’atmosfera milanese provochi spesso l’effetto “furto del talento”. Space Jam. 

E il Trinca. Uno sguardo alla classifica, e alla prima riga si legge Barcellona. Vorrei vedere: alla partita d’esordio, ad ogni cambio c’era un “ah, hanno preso anche lui?”. Si scende di una riga nella classifica e… ci si blocca e si legge bene per controllare, ché non può essere vero: con 6-2, c’è il Bayern.

Se pensiamo che fino a Wunderdirk Nowitzki (e anche un po’ dopo) il basket a quelle latitudini entusiasmava quanto da noi oggi le conferenze stampa di Conte, abbiamo una vaga idea dei margini per promuovere felicemente l’arancia a spicchi. In ogni caso, chapeau a Coach Trinchieri, altro ex milanese anche se mai sul pino principale, il quale oltre a costruire in poco tempo un’ottima macchina da gioco è riuscito contro il Real Madrid a farsi espellere in 3’ di partita. Pozzecco spostati.

I soliti simpaticoni. Questo scorcio di stagione mi ha già regalato enormi soddisfazioni.

Prima Ataman in versione mechata bionda, sempre simpatico quanto dei calzini bagnati in una passeggiata a gennaio, il quale -dimentico del suo budget da 24 milioni contro gli scarsi 12 dello Zalgiris (dato 2019/20) e dell’invereconda “nazionalizzazione turca” di Shane Larkin- versa lacrime sulla lesione all’equità competitiva dopo la sconfitta alla Zalgirio Arena, perché …la partita si è disputata alla presenza del pubblico (!).

Poi Rudy Fernandez, a sua volta piacevole come l’ormai celebre cocktail di sonnifero e lassativo, che su un contatto con Datome si tuffa, senza però impietosire l’arbitro: Gigione nazionale non batte ciglio, segna, si volta verso di lui e gli fa ripetutamente il gesto di rialzarsi (che, confesso, ho rivisto in loop per 8 ore filate).

Ci manca che Trinchieri scappi con la moglie di Rudy, e per me la stagione può anche finire il giorno dopo. Raggi di sole.

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