Olimpia Milano, un progetto che va

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Sono giorni in cui si parla più di calendari, di politica e di un futuro terribilmente incerto, ma noi proviamo a non dimenticare il campo, l’unica parte del gioco che ci attrae terribilmente. Ed allora abbiamo provato a fare il punto della situazione sulla stagione Olimpia e su quello che ci ruota attorno.

Due mesi alle spalle, anche se il primo è stato in realtà una preseason nobilitata dall’ufficialità di una competizione come la Supercoppa italiana, una sola sconfitta ed un cammino decisamente convincente.

Come può essere analizzata la situazione della squadra di Messina sino a questo momento? Assolutamente in maniera positiva, non vi sono dubbi.

Noi proviamo a separare 5 situazioni, in quelli che sono i nostri abituali 5 punti, svariando dal campo alla panchina e coinvolgendo, come detto, anche quello che è l’ambiente che circonda il mondo biancorosso.

LBA VUOL DIRE DOMINIO

535 punti segnati (89,2 di media, seconda), 417 subiti (69,5 a gara prima), 6 vittorie con quasi 20 punti di scarto ad allacciata di scarpe, una sola W senza la doppia cifra di differenza. Con il titolo di Supercoppa già in bacheca, si può tranquillamente parlare di dominio assoluto sinora.

Ok, nessun incrocio finora con le prime cinque, che arriveranno tutte tra la nona e la tredicesima giornata, ovvero dopo Brescia e Cantù, tuttavia il peso tecnico del roster milanese pare realmente in grado di fare il vuoto. Nessuno ha in arsenale queste armi, se poi sono in mano ad un allenatore di questo livello…

GAMBA E QUELL’AFFERMAZIONE…

«Bisogna pensare a vincere l’Eurolega, non solo a fare bene, dimenticando che questi e quelli sono forti». Così la sintesi di Sandro Gamba qualche giorno fa. Esagerazione? Sì e no. Se da un lato il primo e dichiarato obiettivo milanese è quello di partecipare alla postseason, cosa avvenuta una sola volta dal lontano 1996, è altresì vero che quando scendi in campo con gente del calibro di Hines, Datome e Rodriguez e quando hai in panchina Ettore Messina, diventa difficile pensare di accontentarsi. Poi chiunque delle favorite potesse scegliere chi ritrovarsi contro ad aprile nei Playoff, siamo certi che non compilerebbe la casella che dice Olimpia Milano, proprio per la presenza dei nomi suddetti.

KYLE, GIGI E SERGIO: INEDITO A MILANO, COME ETTORE

Ed eccoli, proprio loro. Campioni che a Milano non si sono mai visti, nemmeno lontanamente, in questo millennio. Per ritrovare profili simili è necessario tornare al decennio d’oro degli anni ’80. Non è una bestemmia, non lo è per niente, pensare che questo trio, insieme al Coach, valga quegli straordinari protagonisti della storia milanese.

Qui stiamo parlando di gente che aumenta il valore della propria prestazione quando la posta in palio è più alta, stiamo parlando di leader veri, dentro e fuori il campo, situazione che è sempre mancata nella Milano recente proprio a livello di personalità abbinata a valori tecnici. Quello che fanno questi atleti ha un peso specifico straordinario sul parquet, così come è trasmissione etica in ogni istante che circondi i 40 minuti di gioco.

UNA PALLACANESTRO CHE CONVINCE, ANCHE IN EUROLEGA

Milano gioca bene? A tratti, tanti, sì. Milano fa giocare male gli avversari? Spessissimo. Ed è un pregio mica da poco. Il roster ha dei limiti, non c’è dubbio, ma ha una forza tecnica, che deriva da una gestione di alto profilo che si chiama solo e soltanto Messina, in grado di limare la differenza con le grandi della competizione.

Anche in Europa, come in Italia, il calendario è stato abbastanza amico sinora, tuttavia l’espressione della cifra milanese è visibile da inizio stagione. C’è un progetto tecnico che è in grado di imporre, esattamente il contrario di un recente passato in cui si inseguiva risibilmente l’avversario, provando ad adeguarsi a tutto ed a tutti.

MESSINA ED I SOCIAL NETWORK

Ok Coach, può succedere anche che il “messiniano” più convinto non sia d’accordo su qualcosa. Eccola…

«In America non ti rompono le balle sui social network come fanno qui». Affermazione di Messina che non ci piace per nulla e che ci pare decisamente fuori dalla realtà attuale.

In primis perché c’è una possibilità semplicissima di risolvere il problema, ovvero non frequentare quei social, se non addirittura cancellarsi. In fondo c’è perfino “The Social Dilemma” che dà buoni motivi per farlo… Ma se si vuole scendere nell’arena, serve adeguarsi al combattimento. Che riconosciamo essere spesso fastidioso, ma nessuno obbliga a farlo.

La seconda motivazione è che gli stessi tanto demonizzati social network, sono quelli che oggi garantiscono una visibilità, anche ai singoli protagonisti, che altrimenti si sognerebbero. Quindi serve coerenza nel trattarli.

Infine gioverebbe pure considerare che siamo nel 2020, il mondo è questo. Ci piace al 100%? No, ma non ci pare proprio che in America la faccenda sia ben diversa, visto che questi nuovi mezzi di comunicazione sono al centro di dispute internazionali di peso ben superiore alle scelte di un allenatore.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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