5 Sfumature di Eurolega | L’Olimpia e l’inverno maledetto

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La nuova era di Eurolega è iniziata nell’autunno 2016, quindi si appresta a vivere la sua quinta stagione, sebbene la quarta sia da considerarsi quasi come non giocata a causa della sospensione di marzo, divenuta definitiva nei mesi seguenti.

Sulla panchina dell’Olimpia Milano si sono seduti, durante questo lasso di tempo, 3 allenatori: Jasmin Repesa (2016/17), Simone Pianigiani (2017/19) ed Ettore Messina (2019/…).

Budget e roster assai differenti per i tre allenatori: quello di Repesa era decisamente il più basso, incrementato poi notevolmente nell’era Pianigiani ed ulteriormente salito fino ai livelli attuali con Ettore Messina. Ne va da sé che la qualità degli uomini sia cresciuta di pari passo, per arrivare ai fuoriclasse di oggi come Datome, Rodriguez ed Hines, mai visti in precedenza a Milano, se non nel secolo scorso. Le squadre non possono essere nemmeno paragonate, così come i risultati attesi, tuttavia un punto comune emerge chiaramente.

E’ singolare ed assai curioso come, nonostante tutte queste palesi differenze qualitative, tutte le edizioni milanesi, anche sotto diversi allenatori, abbiano avuto in comune un ottimo inizio ed un crollo, decisamente significativo, dalla fine di novembre a quella di gennaio.

Abbiamo preso in esame le classifiche dopo 8 turni (più o meno metà novembre inoltrata) e dopo 22 o 24 turni (fine gennaio/inizio febbraio) ovvero prima dello stop per le coppe nazionali.

Ed ecco allora le nostre 5 Sfumature, che potrebbero essere la trama di film, appunto “L’Olimpia e l’inverno maledetto” (ok, novembre sarebbe ancora autunno, almeno formalmente).

  • 2016/17 Repesa: dopo 8 turni 4-4, dopo 22 turni 7-15. Record del periodo 3-11. 2017/18 Pianigiani: dopo 8 turni 3-5, dopo 22 turni 7-15. Record del periodo 4-10. 2018/\19 Pianigiani: dopo 8 turni 6-2, dopo 22 turni 11-11. Record del periodo 5/9. 2019/20 Messina: dopo 8 turni 6-2, dopo 24 turni 11-13. Record del periodo 5-11.
  • Il record globale di quattro stagioni, in 58 gare disgustate da poco dopo la metà di novembre (Round 9) fino alla prima decade di febbraio (Round 22 o 24) è 17-41. Il meglio è stato il 5-9 di Simone Pianigiani nel 2018/19, che è anche il solo coach ad aver avuto un record pari al 50% al mese di febbraio (11-11 dopo 22 turni sempre nel 2018/19).
  • La posizione in classifica? Con Repesa da 10ma a 16ma, col Pianigiani “1” da 13ma a 14ma, col Pianigiani “2” da 5a a 9a ed infine con Messina da 6a ad 8a.
  • Limitatamente ai mesi di dicembre e gennaio il record globale è 15-19. 3-8 per Repesa, 4-7 in entrambe le stagioni di Pianigiani così come in quella di Messina.
  • Senza entrare nel dettaglio delle singole stagioni, ovviamente ognuna diversa dall’altra, in questo periodo l’Olimpia ha subito sconfitte assai dolorose e contro avversari decisamente alla portata. Tra le più dure un’asfaltata terribile a Kazan, rovesci interni con Gran Canaria e Bayern, sconfitta all’Astroballe con l’Asvel piuttosto che interna con la Stella Rossa. Il tutto dopo essersi dimostrata estremamente competitiva con alcune delle grandi, nei turni precedenti.

Ovviamente ogni stagione è una storia differente, così come ogni processo tecnico ha tappe tutte sue, ma è chiaro che, statistiche ed eventuali scaramanzie a parte, tra gli obiettivi milanesi principali di questa stagione vi debba essere il mantenimento di qualità e la costanza di rendimento quando il livello della competizione sale.

Sono ormai anni che questa lega dimostra chiaramente come i primi turni possano essere decisivi solo in negativo. All’inizio puoi crearti una montagna da scalare, se inizi molto male, ma di certo non ti garantisci nulla se poi crolli nei mesi caldi. Ed il primo momento della verità arriva proprio dopo la metà di novembre. I giocatori migliorano la forma, gli staff tecnici entrano in totale possesso del proprio contesto e si creano, coi risultati, le condizioni per affrontare gli ultimi 10-12 turni, quelli che decideranno le posizioni Playoff.

Sarà diverso quest’anno in epoca COVID? Molte cose possono cambiare a livello di condizioni che sono sconosciute a tutti, ma l’essenza della costanza di rendimento resta un punto focale per la crescita e possibile consacrazione ad alto livello dell’Olimpia di Ettore Messina.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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One thought on “5 Sfumature di Eurolega | L’Olimpia e l’inverno maledetto

  1. Ci ricordiamo tutti quegli inverni terribili, e aspettiamo con una certa ansia quello che sta per arrivare – nella speranza di poterci affannare o esaltare per i risultati sportivi delle partite che speriamo vengano disputate.

    Cosa succede all’Olimpia?
    Nessuno lo sa. Nonostante il calo invernale sia diventato ormai un classico, come lasci mostrare ai numeri, la società non ne ha mai parlato, non ha provato a fornire spiegazioni, non ha dato notizia di provvedimenti specifici.
    Ecco che la nostra speculazione diventa lecita, secondo me.

    Un primo dubbio riguarda ovviamente il lavoro dei preparatori.
    Di fronte a questa ipotesi si scandalizzano in molti, e soprattutto la società sembra scartarla del tutto, confermando sempre Giustino Dainesi.
    Per me il dubbio resta, e la frase continua che abbiamo sentito in questo preinizio di stagione, “Milano è la più avanti di preparazione”, mi inquieta un po’ anche per quest’anno.

    L’altro grande tema è l’utilizzo eccessivo dei giocatori chiave.
    Imputato soprattutto a Pianigiani e a Messina.
    Personalmente trovo che da noi ci sia una sensibilità eccessiva verso l’età dei giocatori.
    Ce ne sono che giocano in NBA alla loro età e oltre, viaggiando ben di più, con ritmi più alti e non di poco, e con stagioni e stagioni sulle spalle, eppure sono sempre lì, e non accusano cali se non di tanto in tanto per una singola partita.
    Sono troppi per fare il caso delle eccezioni, anche se forse non tutti da noi hanno il fisico dei giocatori NBA.
    Inoltre ci sono in Europa giocatori significativi dI diverse squadre che stanno in campo praticamente sempre, e non sembrano risentire, il Khimki per dirne una sola.
    L’ipotesi quindi regge solo a Milano – dove fino a novembre sembrano in effetti atleti straordinari, poi diventano vecchietti: tutti! Non è strano?

    Le annate poi sono diverse, come hai detto, ma non si può non ricordare la sfiga tremenda di Pianigiani 2 che si vide togliere dagli infortuni due dei suoi giocatori decisivi, Gudaitis e Nedovic.
    Sono molto convinto che il risultato finale sarebbe stato molto diverso, anche in Italia.

    Se la società nega di fatto l’ipotesi preparazione errata, e il tema dell’età pare in effetti un po’ superficiale per spiegare certi crolli, e ammesso che la sfiga abbia avuto una parte importante in almeno una stagione, allora, dove cercare?

    La motivazione, ovvio.
    Se ricordo la squadra che ha fatto le F8 e ha perso per un soffio le F4 contro quelli che furono poi i campioni, mi ricordo soprattutto due giocatori: Langford e Gentile.
    Gentile tutte le critiche che vogliamo, e io di certo non gliene risparmio, ma nessuno può negare che avesse una fortissima motivazione e la sapeva trasmettere a tutti, pubblico compreso.
    C’era poi Langford che era una bomba di energia, motivato intimamente, e che si vide anche sacrificarsi parecchio, difendendo in modo memorabile, come non aveva mai fatto, e come non credevamo potesse fare.
    La motivazione in quella squadra c’è stata e c’era, ed è probabile abbia fatto la differenza con le altre Olimpia.
    Gli unici che andarono avanti veramente.
    Allora il fattore motivazione viene a pesare, guardando i fatti, più di età e preparazione – lo abbiamo visto sul campo.

    Quest’anno ho visto finora un Punter nettamente in crescita rispetto a quello che ricordavo di Bologna.
    Non tanto i punti, che quelli vanno e vengono, ma la capacità costante di creare insidie e quindi vantaggi per i compagni.
    Un giocatore così in crescita lo vedo come figlio di un ambiente compatto e motivato.
    Così come vedo sotto lo stesso segno la voglia di difendere di Delaney, certo non famoso per questo fondamentale.
    Vedo Shields pronto a esplodere, per ovvio talento, anche difensivo, e che tuttavia Messina “invita” a un gioco più corale, che ancora un po’ gli manca – (pensiamo a come gioca Micov in quel ruolo) – lo invita tenendolo in tribuna al primo trofeo di stagione…
    Eccetera.
    La motivazione la vedo. Anche per esempio nel grande, fragoroso abbraccio tra il Chacho e Messina a fine partita con Bologna.

    Infine, e mi scuso per la lunghezza.
    Molti diranno che Messina è già ricaduto nel suo difetto, “spremendo” i suoi campioni già per la Supercoppa.
    Intanto siamo seri: mentre tutti erano lì per provare e divertirsi, noi siamo stati obbligati a vincere.
    Sarebbe stata una catastrofe, il caso contrario.
    Messina lo sapeva meglio di noi, e ha fatto quel che doveva fare.
    Non c’è motivo di pensare che non saprà fare quel che deve fare anche quando le circostanze, le necessità e le opportunità saranno diverse.
    Si potrebbe dire che qualcuno l’anno scorso ha mollato di motivazione perché era sfavato dai risultati, Rodriguez direi, ma soprattutto dall’impegno che vedeva non sufficiente.
    Quest’anno le scarpette rosse sembrano compatte e motivate,e poco disposte a cedere.
    L’hanno provato sul campo: Cinciarini, Hines, Datome, Rodriguez, Punter e Moraschini, Moretti, Brooks.
    Gli altri è più probabile che arrivino di quanto non sia il contrario.
    Resto fiducioso che lo spogliatoio non si raffreddi di colpo ai primi geli invernali…

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