Martin Hermannsson: dalla piccola Islanda ai più grandi palcoscenici europei

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Martin Hermannsson: dalla piccola Islanda ai più grandi palcoscenici europei

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Ritorna il nostro appuntamento settimanale con i talenti “pronti a esplodere” nella prossima Turkish Airlines Euroleague.

Oggi è il turno di Martin Hermannsson, playmaker islandese che spegnerà 26 candeline domani. Un’ascesa costante negli anni lo ha portato a essere sotto i riflettori del principale torneo continentale nella stagione conclusa pochi mesi fa, per la prima volta.

Merito di un’intuizione dell’ALBA Berlino e di Coach Aito Garcia Reneses, che ormai due anni or sono decisero di puntare su un biondino che aveva mostrato cose interessanti in Francia. Quest’estate, dopo una stagione rivelatrice e vincente, è arrivata la firma biennale per contribuire allo sviluppo dell’ambizioso progetto targato Valencia Basket.

Ma chi è Martin Hermannsson? Nativo di Reykjavik, è figlio d’arte. Suo padre Hermann Hauksson, infatti, ha giocato 64 partite nella Nazionale di pallacanestro tra il 1994 e il 2000. E’ anche padre del piccolo e dolcissimo Manuel Martinsson, 2 anni, il che ci consente idealmente di ricordare una particolarità della cultura islandese.

In Islanda si usa il patronimico come corrispettivo del nostro cognome. Si forma partendo dal nome di battesimo del padre, aggiungendo il suffisso -son (“figlio di” e non nel senso più dispregiativo dell’espressione, naturalmente). Ecco perchè Hermannsson e, conseguentemente, Martinsson.

Il primo approccio con lo sport, però, avviene mediante il pallone da calcio, la prima disciplina del paese. Feeling che ha discretamente conservato, come si vede da questi palleggi realizzati durante il recentissimo Media Day dell’Eurolega a Valencia.

Un amore finito molto presto, in tenera età. Vuoi per l’influenza naturale delle origini familiari. Oppure perchè, come dice scherzando in un’intervista per i canali ufficiali dell’Eurolega, “faceva più caldo all’interno della palestra che su un campo di calcio“.

Pallacanestro quindi. Sport che deve contendersi la palma di secondo sport islandese con la pallamano. Scelta definitiva. Hermannsson non perde tempo. Già nel 2009, all’età di 15 anni, inizia a far parte del KR Basket, polisportiva della capitale dal nome pressochè inpronunciabile nella sua forma estesa (vi invito a cercarlo)

Per un anno con i KR Juniors. Dal 2010 si inizia a fare sul serio in prima squadra e per 4 stagioni, fino al 2014, questa sarà la sua casa. Cresce costantemente (sarà la sua prerogativa). Parte dalle retrovie come logico per un sedicenne, con una stagione da 11 presenze e 1.5 di media. Conclude da mattatore assoluto e da giocatore ormai maturo e affermato.

Nella stagione 2013-14 disputa 31 incontri realizzando 18.4 punti di media con il 51,2% da 2 su 270 tentativi e il 42% da 3 su 143 conclusioni. Vince il campionato, il secondo dopo il titolo nel 2011. Viene inserito nel quintetto ideale ed eletto MVP dei playoff. Vince assieme il premio di giovane dell’anno e miglior giocatore del campionato.

Scorrendo l’albo d’oro, quest’ultimo riconoscimento è stato guadagnato nel 2009, giocando nello stesso club, dal cugino Jon Arnor Stefansson. Guardia tiratrice letale, molti lo ricorderanno in Italia con le maglie di Napoli, Roma e Treviso nello scorso decennio. Ha anche un passato spagnolo con due esperienze a Valencia, proprio il club scelto da Martin per proseguire la sua carriera.

Martin Hermannsson, a sinistra, in maglia KR con l’amico Elvar Fridriksson

Il ragazzo con la maglia numero 10 nella foto si chiama Elvar Fridriksson ed è il tramite ideale per presentarvi il passo successivo nel cammino cesististico del giovane Hermannsson. Vediamo subito il perchè.

Elvar è il migliore amico di Martin. Sono cresciuti insieme fin dai primi anni di vita. Entrambi figli di giocatori di pallacanestro della Nazionale, sono nati a distanza di due mesi e hanno vissuto a lungo a una quarantina di chilometri l’uno dall’altro. Martin nella capitale Reykjavik, Elvar in una cittadina di circa 10000 anime.

Le vacanze trascorse insieme e le ospitate a case alterne nel fine settimana sono state le occasioni per mantenere saldo il rapporto tra le due famiglie. E’ il 2013 quando un ex assistente dei Blackbirds di Long Island University of Brooklyn li nota incontrandoli sui campi della lega islandese nella quale stava allenando. I loro nomi arrivano all’orecchio di Jack Perri, coach della squadra maschile di basket dell’Ateneo, situato a Downtown Brooklyn, New York.

Nel novembre 2013, Fridriksson è il primo a trovare la sua America grazie all’ultima borsa di studio disponibile. E’ solo una questione di tempo per la reunion. Passano sei mesi e Perri ricorda ancora le parole del suo vecchio assistente. Chiede a Elvar di quel ragazzino che giocava con quella canotta bianconera a strisce e il numero 15. Lui spende delle belle parole per l’amico e aiuta il suo coach nella fase di reclutamento.

Una nuova scolarship si rende sorprendentemente disponibile e il gioco è fatto. I due amici per la vita, in pochi mesi, si ritrovano dallo sfidarsi in piccole palestre con poche decine, al massimo centinaia di spettatori, a giocare nella Division I NCAA. Il tutto davanti ai 2500 tifosi che possono essere ospitati dallo Steinberg Wellness Center, arena casalinga della squadra iscritta alla Northeast Conference.

La storia di questi due ragazzi sconosciuti, in arrivo da un posto remoto e tremendamente piccolo per gli standard newyorkesi come l’Islanda, incuriosisce i giornali locali, che le riservano subito spazio.

Insieme daranno un contributo alla prima, storica qualificazione dell’Islanda a un edizione di Eurobasket nel 2015. Affronteranno anche l’Italia di Simone Pianigiani nella fase a gironi in Germania, dove Martin giocherà per la prima volta alla Mercedes-Benz Arena, sua futura casa per due anni.

Due stagioni sopra la doppia cifra di media, con la seconda a 16.2 punti, 4.3 rimbalzi, 4.7 assist e 1.7 recuperi e nomina nel All-NEC First Team, non bastano a evitare che la parola undrafted accompagni il suo nome nel 2016.

Non c’è spazio per lui in NBA evidentemente. E’ ora di tornare in Europa. Probabilmente viene sottovalutato in un primo momento perchè farà tappa nel nord della Francia per la stagione 2016-17. Etoile Charleville-Mézières la squadra, LNB Pro B il campionato. Seconda serie transalpina, in soldoni.

L’islandese si rimbocca le maniche e prende per mano il suo nuovo team. L’impatto con la realtà francese è immediato ed è impressionante. Riesce a confermare le ottime cifre della stagione precedente negli States. Le ritocca verso l’alto in punti (17.1), percentuale da 2 (52,1%), rimbalzi (5.7) e assist (5.7). Anche qui viene eletto nel primo quintetto della manifestazione e arriva secondo nella corsa al MVP. La stoffa si vede insomma.

Arriva subito la chiamata dalla categoria superiore. E’ lo Champagne Chalon-Reims a volerlo fortemente e a firmarlo.

Martin Hermannsson alla firma del contratto con il club di Pro A

Sarà una stagione povera di successi, suggellata da una salvezza tranquilla con record 15-19, tre gare sopra la zona retrocessione, tre sotto la quota playoff. Sarà soprattutto una stagione di consolidamento da 13.9 punti di media con il 42,3% da 3. Testimonianza della sua attitudine al rapido inserimento in realtà nuove, assorbendo al meglio ogni salto di livello verso l’alto.

L’estate 2018 è all’insegna della consueta (dis)continuità. Anno nuovo, nuova città, nuova squadra e nuovo campionato. Un altro step-up con la firma per l’ALBA Berlino che arriva a fine giugno.

Lo vuole Aito Garcia Reneses, ulteriore timbro a garanzia di una certa qualità. E’ lui l’uomo chiave per la consacrazione quasi definitiva di Hermannsson.

Lavora costantemente per migliorare, le sue idee sono incredibili. Mi ricordo che lo scorso anno, dopo la prima stagione a Berlino, sono tornato a casa in estate. Ho parlato con vari coach in Islanda e ho detto loro di aver imparato di più in un anno con lui che durante tutta la carriera

La prima opportunità di imporsi nelle coppe europee non se la lascia sfuggire, anche se non è stato tutto rose e fiori. Il 7 Novembre si infortuna alla caviglia durante un match di Eurocup contro il Tofas Bursa. 6 settimane di stop.

Quando ritorna sul parquet, ogni tessera del puzzle va immediatamente al suo posto. E’ il 27 Dicembre e sono subito 19 punti in 20 minuti contro i Giessen 46ers in Bundesliga. Continua a ingranare e il 22 gennaio 2019 arriva la sua notte speciale. Forse la miglior prestazione della carriera.

L’ALBA è senza Peyton Siva e sotto di 21 in casa contro il Rytas Vilnius nel terzo quarto. Qualcuno deve prendersi la responsabilità di condurre l’inseguimento e dare coraggio alla squadra. Martin segna 17 punti consecutivi e riporta i suoi al -4. Completerà l’opera con i tre tiri liberi decisivi per l’87-85 finale a 0.9″ dalla fine. Una ripresa da 20 punti sui 25 punti complessivi (6/8 da 3) che gli valgono il career-high.

Uno snodo cruciale nella corsa dei tedeschi in 7Days Eurocup. Sfortunatamente interrotta sul più bello in finale, al cospetto di un Valencia che dimostra di essere più forte dominando la bella in gara 3 89-63. Poco male, perchè questo risultato vale l’Eurolega nella stagione successiva.

Meno bene perchè questo arrivare a 30 senza fare 31 sarà costante nell’annata dei berlinesi e lascerà un senso di incompiutezza che non renderà giustizia alla qualità del lavoro di Aito e soci.

La beffa più grande in Coppa di Germania, con il canestro di Nikos Zisis a 2.4″ che dice 83-82 e consegna il trofeo al Brose Bamberg.

Senza diritto di repliche il 3-0 inflitto dal Bayern Monaco nella serie di Finale del Campionato.

Martin Hermannsson con il trofeo della Bundesliga.

Di ben altra cifra la stagione 2019-20. L’ALBA continua a divertire con il suo basket di grande corsa e ad alto volume di possessi offensivi, a colpi di 100 punti realizzati anche in casa di squadroni come l’Efes. Questa volta, però, aggiungeranno anche dell’argenteria e lo faranno in grande stile. Da dominatori.

In Coppa di Germania travolgono Oldenburg 89-67 in finale mentre Ludwigsburg verrà tenuta sotto controllo il 28 giugno nel secondo atto finale del torneo organizzato ad-hoc per la ripartenza dopo i mesi più difficili della pandemia. La sfida di andata aveva già chiuso i conti.

Un’annata d’oro per Hermannsson anche sul piano personale. Prima stagione di Eurolega tra le principali rivelazioni del torneo. MVP del turno 25 dopo i 24 punti con 4 rimbalzi, 7 assist e 27 di PIR nel successo esterno 83-81 sullo Zenit San Pietroburgo.

E non è finita qui perchè dall’Islanda arriva a Dicembre il riconoscimento di miglior giocatore islandese dell’anno per il quarto anno di fila. Inoltre, finisce secondo nella votazione come sportivo locale del 2019, dietro solamente a Julian Johannsson, bronzo ai mondiali di sollevamento pesi categoria 120+ e detentore del record mondiale.

La notorietà di Martin nel suo paese è ormai fatto acquisito da tempo, tanto da essere stato realizzato un docu-film sulla sua vita e sulla sua carriera nel 2017.

Il Martin Hermannsson che arriva abbastanza pronto alla prova del nove con i taronja è un playmaker dotato di buona visione di gioco e predisposizione al coinvolgimento dei compagni rispetto alla ricerca della soluzione personale a tutti i costi.

Ciò nonostante, il frizzante sistema offensivo di Aito spingeva anche l’islandese a essere aggressivo nel cercare il canestro (271 tiri tentati in 27 partite). Si segnala come un abile penetratore partendo dal palleggio con la mano destra. Più per capacità di carpire il momento giusto per arrivare fino in fondo che in virtù di un primo passo esplosivo in grado di creare vantaggi in ogni momento.

In quest’ottica, sarà da capire quanto perderà la squadra allenata da Jaume Ponsarnau dalla partenza di Jordan Loyd, destinazione Stella Rossa. Tuttavia, l’islandese può essere il costruttore giusto in funzione alle bocche da fuoco aggiunte in estate. Ovvero i vari Klemen Prepelic, Nikola Kalinic e Derrick Williams. Così come era elemento piuttosto funzionale per mettere in ritmo dei tiratori impressionanti come Markus Eriksson, Niels Giffey e Rokas Giedraitis all’ALBA.

Permane il vizio pericoloso, in talune occasioni, di chiudere il palleggio prima di avere chiaro in mente il destinatario del passaggio o anche la natura stessa della giocata successiva. Le 2.7 perse, seppur a fronte di 4.8 assist (8°), indicano chiaramente un margine di miglioramento abbastanza evidente.

Tiratore altalenante nei suoi diversi passaggi in carriera, ma sempre su buoni livelli. Dà l’impressione di essere ancora più pericoloso quando riceve su uno scarico. Magari eludendo il close-out del difensore, aggiungendoci un ulteriore palleggio per mettersi in ritmo.

Non disprezzabile nemmeno il suo floater a centro area. Arma alternativa per anticipare e beffare l’uscita del lungo grazie a un tocco decisamente morbido.

Le due stagioni agli ordini di Aito lo hanno reso giocatore capace di spingere immediatamente la transizione o il contropiede. Questo potrebbe essere un aspetto che ha particolarmente intrigato la dirigenza di Valencia e che potrebbe renderlo particolarmente adatto alla pallacanestro della Liga ACB, mix perfetto di intensità e qualità tecnica.

E’ elemento ancora da proteggere difensivamente. Con i suoi 77 chili, distribuiti su 190 centimetri, non ha una struttura fisica tale da renderlo difensore affidabile di 1vs1 nonostante un discreto lavoro con i piedi. Specialmente perchè attaccabile spalle a canestro, in seguito a un cambio difensivo piuttosto che per iniziativa di play piuttosto fisici, alla Daniel Hackett o Vasilije Micic per intenderci.

Immagine in evidenza: Marca

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