Pronti a esplodere: Shaquielle McKissic, da senza tetto a senza limiti

Eurodevotion

L’incredibile storia di un atleta che ha vissuto in prigione e senza una casa, ma che oggi gioca con i più grandi giocatori europei

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Tra Shaquielle McKissic e la Turkish Airlines Euroleague è stato un colpo di fulmine. Alla guardia classe 1990 di Seattle sono state sufficienti tre partite per lasciare il segno e proporsi come una delle possibili sensazioni del prossimo torneo.

L’arrivo improvviso e imprevisto alla corte dell’Olympiacos sembra frutto di un fortunato allineamento dei pianeti. Da una parte, la rottura di un tendine della caviglia destra a Kaunas costringe Vassilis Spanoulis a chiudere la stagione anzitempo il 4 febbraio. Dall’altra le difficoltà finanziarie a colpire il Besiktas, club in cui McKissic ha iniziato una stagione di svolta.

Elemento di spicco del club di Istanbul, lo ha trascinato ai playoff di FIBA Basketball Champions League con 16.6 punti di media. Il campionato nazionale è sinonimo di continuità, alzando l’asticella realizzativa a quota 17.6. Tuttavia, il pagamento degli stipendi viene continuamente rimandato, fino a costituire una situazione di disagio insostenibile.

Per lui come per i compagni. Un altro elemento di spicco della squadra, il playmaker ex Olimpia Milano Jordan Theodore, sbotta sui social sul finire del 2019. Si trasferirà all’UNICS Kazan dopo poche ore, facendo il salto in 7Days Eurocup.

Il 1 febbraio, anche Shaquielle lascia la Turchia e qui sta l’anello di congiunzione. Necessità personali del giocatore incontrano l’emergenza immediata dell’Olympiacos, che si trasforma in opportunità di mercato. Il matrimonio viene celebrato velocemente. Contratto fino al 2021 con possibile uscita al termine della stagione. Le porte dell’Eurolega si spalancano alla soglia dei 30 anni. Esercizio quasi superfluo sottolineare che i reds non hanno esercitato quella clausola in estate.

Il battesimo di fuoco si chiama Maccabi, a Tel Aviv, e assume le forme di un girone infernale dantesco quando il calendario fissa il derby di Atene al Pireo il turno successivo.

Il numero 77 risponde subito presente con 14 punti in 21′ (6/7 da 2) che sembrano decisivi per il blitz biancorosso. Solo che gli ospiti non avevano fatto i conti con Scottie Wilbekin, che arriva a ribaltare tutto con una tripla pazzesca a 10 secondi dal termine. E McKissic chiude con il peso della palla persa nel possesso che valeva il diritto di replica e che, invece, fissa il 71-70 finale.

Un retrogusto amaro che è deciso a scacciare contro il Panathinaikos. Lo testimonia il suo approccio alla partita. Nemmeno due minuti sul cronometro, partenza in palleggio in campo aperto devastante e schiacciata poderosa. Sarà il leitmotiv di una prestazione da MVP: 22 punti (8/11 da 2), 3 rimbalzi e 15 di PIR. Questa volta il finale non riserverà beffa alcuna, è 81-78 con la difesa sull’ultima preghiera di Deshaun Thomas a suggellare il successo.

Perchè le giocate ammirate la sera del 3 marzo sono una buona rappresentazione del giocatore. Shaquielle McKissic è paragonabile all’attività lavica dei vulcani. Silenziosa, ma pronta a eruttare in tutta la sua potenza, spettacolarità, ma anche letale pericolosità dopo il suo passaggio.

Il prototipo della guardia esplosiva che tutte le squadre di Eurolega ormai cercano per creare vantaggio dal pick and roll e trasformarlo in punti. Dalla sua ha anche una struttura fisica importante nella parte superiore del corpo. Utile anche nella metà campo difensiva per passare sopra il primo blocco, sebbene non sia certamente un difensore d’élite, sia sulla palla che lontano dalla stessa.

Tende ad attaccare partendo sulla mano destra per chiudere il pick and roll con il lungo o per prendersi il piazzato. In tal senso, interessante il feeling instaurato con un centro dinamico e verticale come Octavius Ellis. Viceversa, è particolare il suo utilizzo della mano debole. Attaccando a sinistra, la sfrutta per cambiare passo e arrivare al ferro cambiando mano per la conclusione. Magari usando il corpo del difensore per trovare la migliore coordinazione possibile.

Come avete avuto modo di osservare dai suoi highlights nel derby ateniese, è devastante in transizione. Se la difesa non si posiziona in tempi rapidi, non c’è più modo di fermarlo e il risultato sarà probabilmente lo stesso. Ovvero un attentato alla struttura dei canestri.

Questa lunga off-season potrebbe rappresentare una ghiotta occasione per lavorare duramente sul suo tiro da fuori. Ancora decisamente ondivago, ne gioverebbe in imprevedibilità, costringendo le difese a fare un passo verso il perimetro e creare meno ingombro nel pitturato.

Anche perché, nel traffico mostra limiti di ball-handling e di lettura che portano a un numero di palle perse ancora eccessivo (2.3). Non è ancora in grado di selezionare al meglio i momenti in cui attaccare il ferro. A volte, il suo istinto è traditore. Una tecnica migliore nel passaggio, con mani più forti, gli consentirebbe di migliorare in quel dato precedentemente citato.

Bartzokas lo ha spesso schierato in appoggio a un’altra point guard. Wade Baldwin specialmente, ma anche abbinato a Dwight Buycks o Taylor Rochestie in uscita dalla panchina. Partendo dall’angolo destro per salire in punta con un taglio flash a ricevere il pallone e poi attaccare con la palla tra le mani.

Il mercato estivo dei reds ha consegnato il ritorno del figliol prodigo Kostas Sloukas. Vassilis Spanoulis proseguirà e tornerà da una lunga riabilitazione. Tutto questo fa pensare che il flusso in attacco nascerà dalle mani sapienti dei due fenomeni greci. Shaquielle McKissic dovrà essere bravo a vivere una sorta di metamorfosi. Diventando molto più pericoloso lontano dalla palla e sugli scarichi, conseguenza logica dei prevedibili raddoppi sui due compagni più titolati.

Allo stesso tempo, però, Bartzokas potrebbe decidere di sfruttare la loro intercambiabilità. In virtù della pericolosità al tiro di diversi giocatori a sua disposizione. Non dimentichiamo, tra questi, Aaron Harrison e Kostas Papanikolaou, a loro volta handler secondari del pick and roll piuttosto competenti.

Sarà decisamente curioso analizzare le scelte che verranno compiute nel corso della stagione.

Shaquielle McKissic viene riconosciuto come un professionista dalla buona etica lavorativa, ma anche un giocatore dalla forte personalità. In rare occasioni sopra le righe. La fine della sua esperienza al Club Baloncesto Gran Canaria, inizio dicembre 2017, è una di queste.

Come descritto da Manuel Ojeda per La Provincia, l’atleta ebbe uno scontro vivace con Coach Luis Casimiro durante un time-out di una sfida di Eurocup contro lo Zenit. Il peccato originale? lo statunitense si sarebbe alzato per rientrare in campo prima che il coach terminasse di fornire le sue indicazioni. Casimiro lo avrebbe quindi fermato con decisione e invitato a sedersi nuovamente.

Nei giorni successivi il tentativo del tecnico di derubricare la vicenda come un momento di normale tensione in un momento negativo della partita. Non fu sufficiente a ricomporre una frattura insanabile per il giocatore, che lascerà la Spagna il 6 dicembre. Rescissione e rapida partenza verso la Russia per concludere la stagione all’Avtodor Saratov.

Al netto di questi piccoli inconvenienti, un giocatore pronto a volare. Praticamente da sempre. Nonostante una infanzia e una giovinezza che non gli hanno regalato nulla, se non una via sbagliata dalla quale ha avuto la forza di uscire.

Un padre di fatto estraneo, conosciuto solamente venti anni dopo la separazione con la madre Vivian, anch’essa giocatrice di basket al college. Da lei ha ereditato geneticamente le impressionanti qualità atletiche. Anni vissuti in condizioni di povertà. Poi il secondo matrimonio della madre e il trasferimento dall’Indiana a Seattle.

Qui la storia prende una seconda deriva, drammatica e apparentemente definitiva. Perchè Vivian si separa di nuovo e torna nell’Indiana, ma lo fa da sola. Abbandonando il figlio adolescente a Seattle. E si sa che, quando ci si trova costretti a crescere in fretta e senza protezione, è alto il rischio di percorrere strade apparentemente più facili, ma anche le più pericolose.

Il 6 luglio 2009, Shaquielle provò a irrompere in un appartamento a Renton, 20 chilometri fuori da Seattle, insieme a due amici. Furto con scasso e due anni di libertà vigilata. Con i primi tre mesi trascorsi in prigione.

E’ il periodo più difficile della sua vita. Prova a rialzarsi trovando lavoro prima come cameriere, poi come commesso in un negozio di arredamento. Il problema è che nessuno vuole affittargli casa per via della sua fedina penale. Allora si trova a vivere da senza tetto, ricevendo saltuariamente ospitalità da alcuni amici, dormendo su un divano. Per settimane, il suo riposo fu consumato su uno dei sedili posteriori di una Cadillac Catera.

Per due anni, la pallacanestro fu un ricordo lontano per lui. Fino a quando riuscì a mettere da parte qualche centinaio di dollari per iscriversi di nuovo all’Edmonds Community College e tornare a giocare.

Nell’Ateneo di Lynnwood, Washington, dove il programma sportivo principale è legato al baseball. Da qui sono usciti circa 70 giocatori successivamente draftati dalla MLB.

Una piccola luce venne però accesa sulla squadra di pallacanestro grazie a questo ragazzino con i razzi sotto i piedi. Il giovane Shaquielle viaggia a un’altra velocità rispetto ai ragazzi che sfida sul parquet del piccolo Seaview Gymnasium (capienza massima di 900 spettatori). Mostrando il suo marchio di fabbrica, tanto da guadagnarsi l’accostamento del cognome del centro dei Los Angeles Lakers al suo nome di battesimo (peraltro in comune con il numero 34)

Letteralmente vola. Sopra il ferro, ma anche verso una grande opportunità per il suo futuro. Nella stagione 2012-13 chiude con medie impressionanti indossando la maglia dei Tritons. 22.5 punti, 9.9 rimbalzi, 3.8 assist e 3.2 recuperi valgono il quintetto della Northwest Athletic Conference, il premio di MVP e il titolo della North Region.

La sete di rivincita è alta, la sua determinazione anche. Perchè non c’è disavventura al mondo che possa portargli via il suo sogno. Questo video fu realizzato su sua iniziativa e inviato a un centinaio di atenei nel 2013. Il frutto della sua tenacia non tardò a maturare sotto forma di un’offerta da parte di Arizona State University. Division I NCAA. PAC-12.

Un sogno a occhi aperti, ma portandosi una ferita indelebile nel cuore. Gioca con il numero 40 sulla maglia per onorare la memoria di Devin Lee Topps, il suo miglior amico, conosciuto nella Kentridge High School. Devin era una promessa del football quando fu ucciso nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre 2010. Avrebbe dovuto trasferirsi alla Eastern Washington University per inseguire il suo sogno sportivo. Aveva 18 anni.

Non ci riuscirà e non solo a causa dei voti scolastici non abbastanza alti. La sua breve traiettoria di vita diventa una delle tante storie di violenza, specchio dello scivoloso rapporto con le armi da fuoco negli States anche tra i giovani.

Foto: Kent Reporter

Un party di Halloween finito in tragedia. A riportare i fatti un articolo del Kent Reporter. Devin uscì verso le 2 dalla casa situata in 92th Avenue South Avenue, strada nella zona nord-est nella città di Kent. Stava accompagnando un’amica alla macchina in compagnia di altri compagni quando incrocia un gruppo di ragazzi. Un primo commento poco carino che provoca un alterco. Una seconda uscita infelice sfocia in rissa con due uomini.

A questo punto, compare sulla scena una terza persona. Jorge Lizarraga estrae la pistola e spara tre colpi in aria che creano il panico tra i tanti ragazzi presenti alla festa in quella abitazione. E’ questione di attimi. Devin è a terra nel pieno della collutazione quando Lizarraga preme ancora una volta il grilletto. Un colpo alla schiena.

Il 23enne verrà arrestato dalla polizia in un negozio di Washington sulla 194sima strada a dicembre. Verrà condannato a 38 anni di carcere per l’omicidio, per il furto dell’arma in una rapina e per il possesso della stessa.

I suoi due anni con i Sun Devils sono in chiaroscuro. Nella stagione da junior, la 2013-14, dà il meglio di sè. La squadra chiude con un record di 21 vittorie e 12 sconfitte, fermata da Texas (87-85) nei quarti del torneo di Conference.

Il suo impatto è comunque notevole. Va 16 volte in doppia cifra, con Arizona State che vince 11 volte in quelle occasioni. Nelle ultime 24 partite sale di livello. Gioca 32 minuti di media (3° di squadra), segna 10.5 punti (4°) tirando con il 51% dal campo (1°), prende 5.8 rimbalzi (2°) e formisce 65 assist totali (2°). Trova un feeling particolare con le sfide casalinghe. Lo galvanizzano al punto da vincere 16 volte su 17 tirando con il 53,4% dal campo.

Nella stagione 2014-15 chiuderà con 18 vittorie in 34 partite giocando insieme a tre recenti conoscenze del campionato italiano. Il play Tra Holder, con un breve passato all’Auxilium Torino nel 2018. Le guardie Garry Blakes e Kodi Justice, rispettivamente a Cantù nella 2018-19 e Trieste nella 2019-20.

Prestazioni che non furono sufficienti per rientare nelle scelte del Draft NBA del 2015. Un altro legame con la nostra pallacanestro in quella estate, con la prima esperienza da pro con la Vuelle Pesaro. 9 partite a 15.9 punti e 5.2 rimbalzi di media prima di volare in Corea del Sud per firmare con i Changwon LG Sakers.

Da lì il debutto positivo nelle coppe europee con i turch dell’Usak Sportif , le due esperienze già citate in Spagna e Russia e il ritorno in Turchia (Gaziantep-Besiktas).

Prima di approdare in Grecia e condividere lo spogliatoio con campioni con i quali giocava alla playstation da ragazzo, come disse in una conferenza stampa.

Ci è arrivato di prepotenza, ma in maniera inaspettata da giocatore. E con un passaporto azero in tasca che non fa mai male nella carriera di un atleta, ottenuto nel giugno 2017.

Perfino da attore, impersonificando la star della pallacanestro di high school Doug “easy” Rider nel film Rock Paper Scissors del 2011, comparendo brevemente anche a metà del trailer.

Da uomo di famiglia felice, come si può facilmente intuire scorrendo il suo profilo instagram. Sposato da poco più di un anno con la bella Beril. Padre della piccola Koah, 5 anni.

Sempre con una spinta in più, speciale, dall’alto. Quella del suo amico Devin. Perchè, come ebbe modo di dire al suo arrivo in Italia, riferendosi proprio a lui, “voleva diventare giocatore professionista di football. Adesso provo a vivere i sogni di entrambi”

Con la fiducia nei propri mezzi di chi ha toccato il fondo ed è stato capace di costruirsi una seconda vita, più prospera, solamente con le proprie forze. From zero to hero, come direbbero dalle sue parti.

Se lo vedrete in un momento di raccoglimento o esultare in una maniera particolare dopo un canestro. Oppure se lo sentirete esprimere un omaggio o una dedica specifica dopo una vittoria importante, sapete già i possibili destinatari. La sua famiglia e Devin Lee Topps.

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