NBA: la violenza di pochi ed il futuro di molti

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Sono almeno 15-16 ore che rifletto se necessario o meno scrivere qualcosa riguardo l’accaduto di ieri in tarda serata e confesso che ancora in questo momento i dubbi sono tanti.

Per scelta chiara sin dall’inizio del nostro sito non abbiamo mai commentato nessun episodio di una certa rilevanza sociale, limitandoci a quello che succede sul campo, in fondo la nostra unica passione.

La notte NBA però ha un peso che va oltre tutto questo e che coinvolge direttamente tutto l’ambiente dello sport senza il quale non sappiamo stare.

Ad una certa età (ahimè) anni trovo ridicolo ogni schieramento basato su pregiudizi e preconcetti: il risultato che ne deriva è anche una certa confusione che tento di gestire provando a raccogliere più informazioni possibili, dalle fonti più disparate e distanti.

Non ho assolutamente la pretesa di dire ciò che è giusto o sbagliato e non mi permetto di giudicare nemmeno chi lo fa, tantissimi, che paiono avere le idee chiarissime anche a migliaia di Km di distanza ed attraverso un oceano che mai è stato così largo.

I giocatori NBA hanno fatto una scelta, decisa, diretta: rispetto e responsabilità, nulla d’altro.

E’ scelta che ha connotazioni anche politiche? Difficile dire di no, anche perchè stiamo parlando di icone mondiali che hanno un peso determinante sull’opinione pubblica. Impossibile pensare che non si arrivi al peso politico di tale decisione. Il tweet di Lebron, che riporto per chiarezza, ci porta proprio lì, al cambiamento richiesto, che non può mai avvenire senza la politica.

Lo sport deve stare fuori dalla politica? Sì, assolutamente e lo abbiamo ribadito anche di recente per altre situazioni, tuttavia qui la faccenda va decisamente oltre. La tempistica di questa azione e di queste proteste accorcia ancor di più la distanza tra lo stesso sport e la stessa politica? Può essere, ma è stata fatta una scelta ed è stata fatta ora, quindi ha semplicemente il mio rispetto.

Lo stesso suddetto tweet però esprime una certa violenza che francamente non posso condividere, non gradendola assolutamente. Che sia rivolto ad una persona o che sia affermazione in generale, il concetto non cambia. E mi porta ad un altro dubbio. Perchè quel tweet ieri sera e non subito dopo il tragico evento di Kenosha? Il “prescelto” magari lo chiarirà e lo ascolteremo con interesse.

Un’altra considerazione riguarda il tema razzismo e francamente la liquiderei con una semplicissima affermazione: un razzista è un deficiente, nel senso che proprio gli manca la capacità di confronto, di accettazione e di rispetto verso chi ritiene, a torto, diverso da se stesso. Non ha nemmeno l’idea del grande limite che lo avvolge nel non voler conoscere, esplorare, capire. Non credo di dovere (o potere) dedicare altre parole a chi agisce in quel modo.

Le armi, poi, la vera piaga americana. Informandomi qua e là (terribile leggere come perfino dei dati vengano presentati dalla stampa di parte in modo diametralmente opposto) scopro che in America vi sarebbero più armi che cittadini e che il 20% della popolazione detiene il 65% delle armi. Francamente è una storia da brividi, toglie il respiro solo a pensarci. La legge dei film “western” nel 2020? No, per favore, no!

La polizia americana è una banda di criminali? Non credo proprio, ma come ogni categoria ha mele marce che ne infangano il valore globale. Coprire l’operato di tali mele marce è un reato, senza dubbio. Criminalizzare però tutta l’organizzazione in un paese con quella piaga delle armi di cui si diceva poco fa vorrebbe dire ampliare il conflitto e ricreare quell’ambiente da Far West che nel mondo del 2020 avrebbe l’effetto di un’atomica. Ecco perchè servono leggi migliori, pene chiare per gli abusi e, soprattutto, una riforma legata all’istruzione che riavvicini alle forze pubbliche quelle comunità che hanno subìto per tanto, troppo tempo. Istruzione, parola chiave, ovunque.

Io non posso e non voglio avere la pretesa di sapere dove porterà la protesta andata in scena ieri sera, posso solo rispettarla e sperare che porti a qualcosa di migliore. Temo però, e questo mi sarà concesso, che possa ulteriormente allargare quella distanza sociale che purtroppo è una tragica realtà. Da anni, con qualunque inquilino alla Casa Bianca.

La stragrande maggioranza della gente che manifesta è gente con dei valori, gente per bene, che non dà fuoco a cassonetti, non sfonda vetrine e non vuol assaltare la polizia. Perchè deve pagare, sentendosi definita criminale, per una minoranza di delinquenti che ha ben altri progetti e che si nasconde dietro una sacrosanta protesta? Chi vuole uguaglianza e giustizia non le cerca con la violenza e la maggior parte dei manifestanti non lo fa.

La stragrande maggioranza delle forze dell’ordine non spara alle spalle o non soffoca chi ha fermato: perchè deve pagare per un manipolo di criminali che fa della violenza il suo agire quotidiano?

Se una riforma dell’istruzione sarà in grado di riavvicinare queste due componenti pacifiche allora sì che vi sarà un grande passo avanti. E se ciò avverrà anche grazie alla protesta dei giocatori ecco che allora questa avrà raggiunto un grande obiettivo, il più grande.

Violenza, armi, conflitto sociale: termini drammatici ma attuali. L’augurio è solo e soltanto che quanto messo in atto ieri abbia un seguito, reale. Perchè se da domani si tornasse in campo con soltanto qualche adesivo in più sul parquet e qualche altra maglietta in vendita su Amazon a $ 19,99, allora avrebbe pienamente ragione chi sostiene che si apre un occhio qui ma se ne chiudono due dove fa più comodo, ovvero arricchendosi indossando prodotti che arrivano da paesi dove il rispetto dei diritti civili è un’utopia e si lavora con turni massacranti per pochi dollari al giorno.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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