Khimki: tra quel reparto lunghi, Rimas Kurtinaitis e…Alexey Shved

Andrea Ranieri
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Jonas Jerebko, Greg Monroe, Devin Booker, Jordan Mickey…chi può vantare un reparto lunghi del genere in Eurolega? Forse, a parte il Khimki, nessuno. Ecco, il Khimki. La squadra russa è ormai solita allestire roster stellari, senza però riuscire mai a fare un vero salto di qualità al massimo livello continentale. Basti pensare allo scorso anno: un mercato spettacolare, prodottosi, sul campo, in un record di 13 vittorie e 15 sconfitte, con la netta impressione che, nonostante quella mole di talento, tutto fosse sempre e solo nelle mani di Alexey Shved. Risultato? Stagione orrenda di gente come Stafan Jovic, Dairis Bertans, Sergey Karasev, tanto per citarne alcuni.

Quest’anno coach Rimas Kurtinaitis ha un obbligo, quello di impedire che accada nuovamente una cosa del genere. Perché, se firmi un lungo come Greg Monroe, vuoi dare la palla dentro, vuoi avere una cabina di regia che porti a giocare possessi di quel tipo. D’altronde un grandissimo di questo gioco (tale Phil Jacskon) scrive, nel suo libro Eleven Rings, che “nel basket, in attacco, è fondamentale che quella palla vada in area”. Chi scrive non potrebbe essere più d’accordo. Ora, è possibile che questo progetto vada in porto, stante l’ingombrante presenza di Alexey Shved? Sia chiaro, nessuno qui discuterà l’immenso talento dello Zar, l’intenzione è solo quella di analizzare le sue possibilità di ottenere dei successi di squadra, una questione oggettivamente indagabile.

Partiamo da semplicissimi numeri. Nella scorsa Eurolega Shved giocava 31 minuti a partita, tentando ben 14 tiri a partita, di cui 8 da tre punti. Benissimo, nelle stats ci sono anche 6.2 assist. Il problema è come e quando questi assist siano stati effettuati. Chi ha visto giocare il Khimki lo sa: la stella russa passa la palla (molto bene peraltro) quando c’è la certezza assoluta che debba tirare qualcun altro. Tante sono infatti le forzature in fase di conclusione, soprattutto dall’arco, dove la percentuale è appena del 32.9%. Per Monroe parliamo di circa 10 tiri, tutti da due, tentati a partita, non sono pochi per un lungo nel basket del 2020.

Il gioco del Khimki, rispetto alla scorsa stagione, ha un evidente bisogno di appoggiare maggiormente la palla dentro, e per questo è arrivato Monroe. Ora, per permettersi in campo un giocatore di questo tipo, serve dargli diversi possessi in post-up, dove può produrre anche giocate per i compagni (2.5 assist). Come risolvere dunque l’enigma? Facendo giocare Alexey Shved maggiormente lontano dalla palla in attacco. Nel roster russo ci sarebbe infatti un regista del calibro di Stefan Jovic, lo scorso anno relegato a cercare di mettere punti a referto, non certo la specialità della casa. Dare di più la palla in mano al serbo produrrebbe, a nostro giudizio, diversi vantaggi: più situazioni di pick and roll con lunghi dinamici come Jordan Mickey e Devin Booker, più palloni dentro per Greg Monroe, più spazi sul perimetro per tiratori letali come Janis Timma, Dairis Bertans, Jonas Jerebko, Sergey Karasev e per la superstar Alexey Shved.

Qui sta il punto focale del nuovo Khimki: convincere lo Zar che, delegando buona parte dei compiti di regia, ci saranno tiri migliori (e non necessariamente meno) per lui, sarà meglio sfruttato il talento (tanto) dei compagni e si darà un senso all’arrivo di Greg Monroe. Questo vorrebbe dire costruire una squadra che sia tale sul campo, generando una fiducia che, magari, alzerebbe anche il livello difensivo. Una sola, fatidica, domanda su questa possibilità: Rimas Kurtinaitis è l’allenatore giusto per convincere Alexey Shved che questa è la ricetta potenzialmente vincente? Lecito avere dei dubbi. E, se questi dubbi diverranno fatti, si dovrà cercare una nuova guida tecnica.

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