L’Olimpia ci prova, ma senza difesa è impossibile. Lo Zalgiris vola

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E finalmente venne il tempo del gioco.

Dopo una settimana convulsa, passata tra indicazioni ministeriali, attesa di pareri della OMS ed incertezze di ogni tipo legate all’emergenza “coronavirus”, è arrivato il momento del campo, peraltro “il campo” per eccellenza, perché non esiste un posto al mondo migliore della Zalgirio Arena per giocare a basket.

Qui la pallacanestro è sport nazionale, o meglio, religione. C’è cultura del gioco, vi è conoscenza e soprattutto vi è una mentalità straordinaria, come lo stesso board dello Zalgiris ha dimostrato durante il periodo nero da 9 sconfitte consecutive, quando il GM Paulius Motiejunas ebbe parole di grande profondità e conoscenza del lavoro di una squadra: «Nessuna rivoluzione e nessun cambio. Si lavora e si migliorerà».

Ed il lavoro serio è stato premiato sotto forma di 7 vittorie nelle seguenti gare, con cadute peraltro molto ben giocate sul campo di Real, Pana ed Efes (totale di soli 13 punti di scarto in totale). Ancora una volta Jasikevicius, in un ambiente dove lavorare è un sogno, ha fatto crescere la sua squadra in maniera esponenziale, ad un passo dal tornare in corsa per i Playoff al cospetto di roster ben più attrezzati di quello di cui dispone.

Tutto ciò prima della gara di ieri sera, fondamentale in ottica Playoff: Milano per riprendere un cammino interrotto sostanzialmente da 16 partite (4/12 il poco lusinghiero record prima di ieri), Kaunas per tentare ennesima rimonta miracolo verso il sogno Playoff.

E’ arrivato il successo lituano, meritato pur senza brillare, derivante soprattutto dalla completa impalpabilità dell’Olimpia in difesa. 

La nostra analisi, nei consueti 5 punti.

  • Percentuali per vincere, difesa per perdere

Quando tiri il 59,4% da due ed il 45,5% da tre, peraltro quest’ultimo dato su ben 33 tentativi, quindi ancora più rilevante, è veramente difficile riuscire a perdere. Milano ci riesce grazie ad una prova difensiva terribile, durante la quale oppone qualcosa di sostanzioso allo Zalgiris in non più di qualche limitatissima occasione.

I 53 punti subiti nel primo tempo parlavano già chiaro sullo stato della retroguardia milanese: praticamente sono arrivati tutti tra penetrazioni senza opposizione e post basso ripetuto all’infinito dai lituani poiché sempre vincente. Difficile, abbastanza imbarazzante, vedere una squadra che colpisce allo stesso modo per più e più possessi senza che l’avversaria trovi una minima contromisura.

Il massimo stagionale di un Nigel Hayes sin qui poco decisivo ed anche l’impatto dell’esperto Jankunas sono dimostrazioni assai negative di cosa si possa fare presso il canestro biancorosso.

Difetti strutturali se ne possono avere, e li hanno tutti, ma non riuscire a venire a capo della stessa azione offensiva dei rivali per una dozzina, forse più, di possessi non ti porta da nessuna parte in questa lega.

  • Jasikevicius e quel miracolo che è ormai normalità ed abitudine

Diciamocelo chiaramente. Due anni fa allenava una squadra discreta ma non certo da Final 4. L’anno scorso era decisamente meno forte ed assolutamente non da Playoff. Quest’anno il roster non vale assolutamente le prime 10-12 e raggiungere la postseason sarebbe chiaramente un altro capolavoro senza precedenti.

La parola capolavoro, appunto. Per Jasi è diventata normalità. Analizzando i valori di cui sopra, si può tranquillamente sostenere che anche non raggiungendo i PO, ma arrivando ad una quota intorno alle 15-16 W ad oggi del tutto possibile, si potrebbe parlare di un’impresa ancora superiore alle precedenti.

Questa squadra gioca, seppur non disponga di talento eccelso, ci prova sempre, cade, si rialza più forte ma, soprattutto, cresce durante la stagione in maniera esponenziale. Al terzo indizio non servono più le prove.

jasi

Ed allora ci torna in mente Belgrado 2018 e quel Saras decisamente insoddisfatto, nonostante l’impresa di essere ad un ballo al quale non era stato invitato da nessuno. Tutti a fare complimenti ed a dare pacche sulle spalle, lui con quella faccia da funerale: «Eravamo qui per vincere…».

“Impossible is nothing”: fossimo la Adidas, andremmo a Kaunas immediatamente. Il testimonial perfetto si chiama Sarunas Jasikevicius.

  • Kaleb Tarczewki: ancora lui!

Altra prova, l’ennesima nel nuovo anno, di grandissimo spessore del centro americano. +13 di plus/minus, 18 punti con 6/7 dal campo e 6/8 ai liberi, 6 falli subiti ed una presenza fondamentale. Quanto sono lontani i tempi (2019…) dei falli stupidi, degli errori di posizionamento e del girovagare inutile e dannoso per il campo. Il lavoro, evidentemente, è stato ottimo e paga. Ed ora non vale più nemmeno la bizzarra teoria per la quale avrebbe giocato meglio in presenza di Gudaitis. Piccolo neo? 3 rimbalzi. Pochissimi.

Con lui in campo c’è Milano, senza nemmeno l’ombra. Perché Scola in Eurolega può fare poco per limiti atletici e di età, mentre Biligha è volonteroso ma ha una stazza che soffre nove volte su dieci, oltre ad una dimensione offensiva pressoché assente.

Kaleb è l’unico atleta milanese vero, in compagnia di Moraschini. Anche Brooks lo sarebbe, ma attualmente, e da tempo,  è assente ingiustificato, nonché terribilmente dannoso anche per quell’espressione sempre negativa che né si comprende, né si può vedere.

La traiettoria in carriera di tanti centri del gioco moderno è fatta di grandissime difficoltà iniziali e poi un’esplosione apparentemente tardiva. Pochi pivot oggi hanno reali movimenti in post, anche perché le logiche del gioco li portano nell’80% dei casi  a pensare al blocco ed alla rollata ben prima di un sano post basso (del vecchio post alto alla Cosic non parliamone nemmeno…). Aggiungerne qualcuno di almeno sufficiente potrebbe essere parte di un salto di qualità che è stato mentale prima che tecnico. Pensare che non si debba dare merito anche allo staff milanese per tutto ciò sarebbe assolutamente ingiusto e non lo facciamo certo noi.

  • Zalgiris: qualità e certezze

Kaunas oggi ha qualità organizzative ben superiori a Milano, seppur disponga di un roster tecnicamente inferiore, nemmeno di poco. Sa cosa fare ed esplora qui territori senza cercare avventure senza una logica.

Il post basso continuamente ricercato e ben sfruttato, così come l’aver attaccato gli esterni milanesi (in primis Rodriguez) che faticano a tenere un primo passo sono parte di un piano partita chiaro ed assai efficace.

Questa squadra non ha individualità che possano creare dal nulla e risolvere i possessi stantii, quindi deve cercare sempre ritmi alti di attacco in penetrazione e circolazione di palla, alternati a quelle palle in post che costringono la difesa a scegliere e, di conseguenza, a concedere qualcosa a due metri o a sette dal ferro.

La capacità di tagliare dal lato debole o dal post alto quando quella palla è nelle mani dell’attaccante spalle a canestro è assolutamente unica. Solo le squadre di Obradovic lo hanno fatto meglio nella storia di questa competizione. Zele, appunto, il mentore del suo allievo prediletto: “The next big thing on the bench”.

  • La panchina Olimpia, le triple e l’incubo Rodriguez

Si può dire che era ora: chi si alza dal pino milanese porta qualcosa alla causa, dopo mesi di impatto pressoché nullo.

Sykes e Crawford combinano per 24 punti che sono il motivo per il quale l’Olimpia non crolla nel terzo quarto e se la gioca fino al supplementare. Con un po’ di aggressività mai vista prima, arrivano canestri che tolgono le castagne al fuoco in diverse occasioni. Bene, con delle pecche però: il play ha un plus/minus terribile di -16, il peggiore a  parte il -18 di Biligha, mentre Crawford viene battezzato e distrutto da Ulanovas in più possessi consecutivi.

Le triple sono state l’incubo meneghino più recente, mentre ieri sono arrivate con grandissime percentuali. Il problema però resta lo stesso: se non hai alternative a quel tipo di soluzioni, accade che perdi anche quando scuoti la retina a ripetizione dall’arco. Poi magari perdi anche in Italia, a livello ben più basso, se non entrano. L’assenza di piano B, problema già della scorsa stagione, in cui Milano dopo 26 partite era però 14/12, sta diventando una costante preoccupante. Certo, ad avere un Gudaitis appena sufficiente si sarebbe potuta esplorare la strada delle due torri, che tanto era piaciuta nella primissima parte di stagione, tuttavia non è alibi che possa reggere.

Il futuro Olimpia, che passa inevitabilmente attraverso il doppio turno con Real e Valencia, si gioca però soprattutto in infermeria. L’infortunio del Chacho è parso una cosa seria semplicemente per la reazione del giocatore stesso, uno che non lascia il campo se non talmente impossibilitato. Dovesse essere cosa mediamente lunga, la stagione europea sarebbe al capolinea.

(Photo: zalgiris.lt)

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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