La favola di Brindisi, l’onore di Sassari

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Equilibrio, è la parola chiave. Rotto solo dal largo successo milanese su una Cremona un po’ scarica.

E tanto equilibrio c’è stato anche nel quarto di finale del venerdì pomeriggio, quando una splendida Brindisi ha avuto la meglio su una Sassari che, seppur nella sua versione non migliore, ha lottato orgogliosamente sino agli ultimi possessi, meritando tanta, tantissima stima.

La formula della coppa, come quella di ogni “bracket” che si rispetti, non fa sconti ed ha nella crudeltà dei 40 minuti il suo valore aggiunto. Non conta nulla di quanto fatto prima, si va in campo per non salire sul pullman un’oretta dopo la gara, le teste di serie ed i presunti vantaggi del tabellone sono situazione del tutto ininfluente.

In Italia va in semifinale solo una delle prime 4 qualificate, lo stesso avviene in Spagna, mentre in Turchia i dominatori di Eurolega dell’Efes perdono nei quarti contro il Darussafaka: è tutto molto chiaro, sulle coppe nazionali i pronostici vanno a farsi benedire non appena formulati.

Bella partita tra Brindisi e Sassari, le due squadre più atletiche e fisiche di LBA.

Vincono i pugliesi 91-86 con merito, trascinati da un Adrian Banks fenomenale da 37 in 37 minuti.

La nostra analisi, nei consueti 5 punti.

  • Qualità e coinvolgimento

Tre quarti su quattro ad alto punteggio, ritmi sempre elevatissimi, giocate di notevole spettacolarità atletica, percentuali importanti dall’arco: tutto ciò che serve per mettere insieme uno spot sul gioco, in grado di coinvolgere anche chi si avvicina saltuariamente alla pallacanestro.

Se tecnicamente alcune cose non sono state eccelse, è altrettanto vero che questo è un tipo di gioco molto moderno, se vogliamo anche pratico ed efficiente, perfettamente in linea coi tempi. E questo vale, in forma differente, per entrambe le squadre.

  • Scelte e dettagli vincenti 

Brindisi vince perché riesce a togliere a Sassari qualcosa di decisivo, Sassari perde perché non va a lavorare dove l’avversaria stava soffrendo.

Miro Bilan è chiave assoluta del gioco di Pozzecco. Vitucci crea una sorta di accerchiamento sul centro croato che gli toglie quella fluidità di movimenti che lo contraddistingue. E’ un rischio, perché si aprono praterie sull’arco, da dove i sardi fanno male con 13 su 28, ma alla fine è una scelta che paga. Mettere le mani addosso, non tanto nei pressi del ferro, quanto già dai movimenti di avvicinamento, risulta dettaglio vincente.

Sassari perde un poco dell’abituale, notevole identità, quando fatica in quanto sopra descritto e quando dimentica, se non un paio di volte con Evans, di aver davanti una squadra che è si atletica come poche, ma anche decisamente corta nelle rotazioni. Non aver attaccato i problemi di falli brindisini diventa peccato mortale nella gara.

  • Adrian Banks e quel giro al piano di sopra…

La domanda, certamente tardiva, sorge spontanea durate la gara di ieri: ma questo Banks non vale una chance in Eurolega? Non da protagonista, perché i suoi rivali sarebbero i vari Campazzo, Larkin, James e Wilbekin, ma come backup in grado di cambiare il volto ed il ritmo di una gara.

I pro? 1vs1, creazione continua del vantaggio, capacità di segnare contro chiunque ed in tutti i modi.

I contro? 34 anni compiuti domenica scorsa ed una carriera spesa, sempre da protagonista, ai margini del grande basket. Scelta od opportunità non arrivata?

La provocazione? Se Bobby Dixon è stato decisivo in tantissime gare di Eurolega sino allo scorso anno ed oggi va per i 37 (aprile), perché Banks non potrebbe esserlo ancora per un paio di stagioni?

La certezza? Ci sono parecchi cambi degli 1-2 in Turkish Airlines Euroleague ben più scarsi di questo giocatore.

  • Vitucci, le idee chiarissime ed una domanda

Di dove crediamo abbia vinto la gara vi abbiamo già detto. Quello che piace ancora di più nella prestazione del coach dei pugliesi è la perfetta identità e coerenza nel mantenere vivo e redditizio un piano partita imposto agli avversari sui 40 minuti. 

Aggiustamenti relativi, ha voluto continuare a colpire secondo le armi che aveva a disposizione. Talvolta viene definito un limite, in questo caso è consapevolezza di dover fare una e solo quella cosa per vincerla, sulla base del desiderio di non snaturare le caratteristiche, uniche, dei propio uomini.

La domanda? Un atletismo così esuberante può durare per tre gare nell’arco di 48 ore quando sei effettivamente in 8 a ruotare? Non dimenticando che, in caso di vittoria in semifinale, troverebbe nell’atto conclusivo una rivale che ha avuto il significativo vantaggio di riposare un giorno tra quarti e semifinale. Che alla fine è l’unico vero vantaggio derivante dal tabellone.

  • Elogio del Poz, personaggio indispensabile

«Sono orgoglioso dei miei giocatori. Abbiamo perso una grande partita, contro una grande avversaria. Il livello italiano cresce e noi dobbiamo essere felici di questo».

C’è tutto Pozzecco in queste parole, esattamente come quando lo si vede andare da ognuno dei rivali a complimentarsi o comunque trovare tempo e sorriso per is suoi vecchi tifosi della “F” in una serata che ha portato tanta delusione come risultato.

In un mondo in cui siamo soliti sentire allenatori annoiati, omologati verso il basso e seccati di fronte alle domande della stampa, avere un personaggio come il Poz è manna dal cielo. D’altra parte è normale, lui arriva dal basket vero, non è stato confezionato nella catena di montaggio del “pick and roll e buonanotte” e non aveva nessuna regola “panda” a proteggerlo.

(Photo: legabasket.it)

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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