L’Olimpia ci prova, il Barça la vince

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Palcoscenico importante per l’Olimpia Milano: il Palau Blaugrana è occasione di grande impresa, cosa riuscita qui solo a squadroni come l’Efes e ad un Cska nella miglior versione possibile.

C’è sempre un clima di grande effetto da queste parti, con l’orgoglio catalano che non dimentica i suoi prigionieri politici (mai!), da un lato che va oltre lo sport, così come ricorda bene che il Chacho è stato uno dei nemici principali, dal lato che  a noi interessa di più. Selva di fischi al nome dello spagnolo, mentre fioccano gli applausi quando viene annunciato Luis Scola, campione che ormai è oltre, per tutti.

Alla fine di una sfida funestata dall’ennesimo infortunio a Thomas Heurtel («Non c’è nulla di rotto per ora» dirà Pesic) vince il Barça perché è più forte, nemmeno di poco, e questo rende i meriti di Milano ancora più grandi.

La nostra analisi nei consueti 5 punti.

  • Mirotic, la poesia in movimento. Poi c’é Delaney…

Spagnolo, montenegrino, quello che volete. Seta nel rilascio e versi poetici quando va in post. Vedere il campionario di finte e l’utilizzo celestiale del piede perno è uno spettacolo unico. Già il primo quarto descrive facilmente la qualità altissima del giocatore: siamo su un altro pianeta.

E ciò che impressiona di più è che l’atteggiamento non è per nulla quello della superstar viziata, anzi: Mirotic difende discretamente e cerca di coinvolgere tutti in attacco senza il minimo egoismo. Spettacolo attitudinale nello spettacolo tecnico.

Malcolm Delaney a livelli di Kuban. Show dall’arco, ma c’è molta responsabilità biancorossa.

  • La difesa sul perimetro, quel Micov che perder le tracce di Delaney…

Troppa passività ed un organizzazione a volte rivedibile: Milano perde sostanzialmente la gara nel momento in cui incassa 8/14 da tre combinato tra Delaney e Kuric. C’è troppa indecisione  sul da farsi quando il palleggiatore avversario si guadagna il primo vantaggio.

  • L’impatto di Kaleb Tarczewski

Fondamentale. E non è più un caso. Da qualche tempo, finalmente, il centro americano è sulla buona strada e la cura Messina pare sortire i suoi effetti. 13+9 con due soli errori al tiro ed una presenza costante in area che fa girare alla larga diversi avversari.

Prova di alto livello, assolutamente necessaria perché ad oggi Arturas Gudaitis è impresentabile e, probabilmente, in grande crisi di fiducia.

Ora serve continuità a queste latitudini, perché Milano ha bisogno di un lungo credibile e le prossime dieci saranno tutte sfide senza domani

  • Le parole di Messina

Soddisfatto? Sì, non potrebbe essere diversamente. Nervoso? Forse non inizialmente, ma poi indisposto da una domanda di una giornalista (web) catalana: «Coach, è arrabbiato con la sua squadra?». «Ho parlato per diversi minuti di quanto io sia soddisfatto della mia squadra e tu mi chiedi se sono arrabbiato con loro?». Ne nasce un siparietto di cui non sentiremo la mancanza quando lo dimenticheremo: ci è parso un po’ esagerato Coach, con tutta la  stima ormai trentennale.

Abbiamo chiesto a Messina se questa, per distribuzione dello sforzo e contribuzione di squadra è stata la miglior Olimpia degli ultimi due mesi: «Sì, sono d’accordo».  

E cos’è mancato tecnicamente contro Delaney? «Avremmo potuto cambiare e mettere maggior pressione. Quando perdi avresti potuto fare sempre qualcosa di diverso, ma se quella tripla di Micov, libero, fosse entrata…» Tutto vero, è stata un’ottima Olimpia.

  • La lezione di Pesic

Coach, spesso in stagione avete fornito un grande rendimento difensivo, mentre in attacco avete fatto più fatica: è questione legata alla mancanza dei due playmaker?

Si apre un mondo, quello straordinario di Svetislav Pesic, un uomo che se trova la lunghezza d’onda giusta con l’interlocutore ti regala una lezione indimenticabile.

«Non so dove stia la verità. Spesso non sono contento del nostro livello difensivo. Ne parlo tanto perché è la cosa più importante. Se non controlli difesa e rimbalzi non vinci. Dopo le partite i giocatori dicono che avrebbero dovuto difendere di più ma poi nessuno lo fa…»

«Se vuoi parlare di difesa di alto livello, bisogna partire dai rimbalzi. Devi eliminare i punti subiti in transizione, devi fermare l’organizzazione avversaria, togliere dal campo uno come Rodriguez»

«La difesa è regole e aiuto reciproco. Si difende e si aiuta su Rodriguez, poi il tagliafuori ed i rimbalzi. Uno fa tagliafuori ma non deve prendere il rimbalzo, che andrà ad un altro. In difesa hai bisogno di tempo per capire che sei in 5 e devi trovare gli equilibri».

«L’attacco è più facile, hai dei set che devi rispettare».

Chapeau Coach e grazie!

 

 

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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