Notte da Cska normale, Valencia ci prova ma non può più di tanto

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Reduce da una campagna di Russia gloriosa a la settimana scorsa, con W in casa di Khimki e Zenit, il valecnia Basket è arrivato alla MegaSport Arena sulle ali di una fiducia riconquistata, quella che lo stesso coach Ponsarnau ha confermato  nell’intervista che vi abbiamo riportato stamattina.

Valencia oggi lotta per i Playoff, cosa che pochi credevano possibile, ma di fronte ha trovato il Cska, che non sarà la corazzata dello scorso anno, ma lavora incessantemente per  avvicinarsi a quel livello, mettendo qualcosa di più ogni gara.

Finisce 81-70 perché c’è una squadra superiore all’altra ed è score corretto, anche in virtù delle due gare giocate in stagione che non lasciano spazio ai dubbi.

 

  • Metà gara da… Cska. Oggi basta, ma serve crescere

Non è la prima volta che accade, anzi. I padroni di casa iniziano a ritmo alternato. Alcuni possessi che travolgono l’avversario per la velocità con cui si muove il pallone e le spaziature perfette, altri che si specchiano un po’ troppo nelle proprie qualità (soprattutto James, come tratteremo in seguito) e concedono alla difesa troppe iniziative atte a ridurre gli effetti di una organizzazione che resta tra le migliori del continente, grazie ad un coaching di altissimo livello come quello di Itoudis.

E’ un po’ come se vi fosse una sorta di consapevolezza che tanto prima o poi la gara arriverà. Se si vuole competere al top, non può bastare. Lo sa Itoudis, che infatti usa diverse armi psicologiche nei timeout, e lo sanno, inconsciamente o meno, anche i giocatori.

La gara, non a caso, è chiusa da un 2 su 2 dall’arco di Daniel Hackett, uno che quell’intensità richiesta ce l’ha sempre. Per lui  per tutti gli altri. Nel suo ruolo, oggi, numero uno assoluto in Turkish Airlines Euroleague.

  • Il vantaggio creato da Mike James, arma letale seconda solo a quello creato da Larkin

Devastante. Anche in una serata normalissima, in cui si è visto poco delle giocate fenomenali che sono diventate un’abitudine, è l’unica parola che si può usare per definire quella parte di possessi offensivi del Cska che partono con un attacco rapido ed esplosivo del fenomeno di Portland. Quando gioca così fa qualcosa che solo il suo rivale sul Bosforo sa fare meglio. Ed è proprio questa la differenza tra l’efficacia offensiva russa rispetto a quando la palla ristagna con troppa passività intorno al perimetro. Va detto che con Hines è una cosa, perché c’è movimento, mentre quello che dovrebbe essere l’alternativa con una presenza forte in post, in realtà è una parvenza di tutto ciò perché Kosta Koufos è incredibilmente troppo molle nel provare a farsi sentire.

Quella rapidità e quell’esplosività sono incontenibili e da subito creano un vantaggio netto che si va a concretizzare o direttamente oppure attraverso quelle spaziature perfette di cui parlavamo prima.  Oggi è una cosa fondamentale nel gioco, nessuno può farne  a meno. Il numero di falli che raccoglie (6,2 a gara, nettamente primo nella lega) è la normale conseguenza di tutto ciò.

E per quel duello con Larkin, ad oggi lo vince il giocatore dell’Efes perché più continuo nel proporre la sua minaccia.

  • Dubljevic doveva fare male al ferro, ma non è il suo lavoro

Con il solo Hines realmente produttivo davanti e dietro, con un Voigtmann che gioca meglio a nove metri dal ferro e con il fantasma di Koufos in post, è chiaro che Valencia dovesse provare a fare male proprio lì, vicino a canestro.

Il problema è che se Voigtmann gioca bene lontano dal ferro, Dubljevic lo fa ancor di più. Specialista unico del “pick and pop”, perde ogni efficacia in avvicinamento, perché è grosso, molto, ma manca totalmente di atletismo e soffre ogni corpo che lo contrasti.

Così facendo si è giocato veramente in “casa Cska” e vincere è diventato impossibile.

  • I fattori Sant-Roos e Voigtmann

Sarà una sensazione personale, che magari verrà smentita dalle prossime settimane, ma il giocatore cubano pare proprio qualcosa di importante. Attaccante normale, senza quel tiro da tre che ne farebbe un fenomeno, è però in grado di dare energia supplementare ad ogni possesso in cui è coinvolto. Poter coprire tre o quattro ruoli non è cosa da poco.

Dietro, poi, si raggiunge l’eccellenza. E’ straordinario sul perimetro, tanto da fidarsi un po’ troppo dei suoi distinti difensivi. Infatti commette un paio di errori sui “close-out” perché resta troppo alto con le gambe cercando di “leggere” l’attaccante invece di diventare lui quello che offende. Sulle linee di passaggio è una piovra. 

Voigtmann è una sentenza dall’arco, come sempre stato, e potrebbe diventare arma terrificante se la sua squadra trovasse l’alternanza con un post credibile. Gli avversari avrebbero di fronte una sorta di camaleonte totalmente indistinguibile. E’ cresciuto molto in stagione, ora perfettamente integrato in un sistema che è complicato, ma che quando lo capisci ti dà tantissimo.

  • Sam Van Rossom sa giocare molto bene:  il suo Valencia un po’ meno 

Non impressiona certo per il massimo in carriera in Eurolega, ma per il modo in cui arriva. Non è un campione Sam Van Rossom, ma un giocatore di rotazione che fa quasi sempre la cosa giusta.

Semplice, lineare, pulito e completo. Se la conoscenza del gioco è un fattore, lui è uno di quelli più determinante.

Il gioco valenciano latita a lungo, troppo scontato, spesso ripetitivo e con spaziature non certo eccelse. Alcune soluzioni arrivano per invenzioni di questo o quello, ma se la qualità della copertura del campo offensivamente non cresce, la vallata si oscura irrimediabilmente. La ratio assist/perse a 14/13 ne è palese dimostrazione.

 

 

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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