Olimpia Milano: non c’è proprio nulla da buttare, ma…

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Un’inizio scoppiettante in Eurolega, il primato dopo 7 e 9 turni, successi di notevole importanza con Fenerbahçe, Barcellona e Maccabi che rappresentavano, e rappresentano, una decisa inversione di rotta rispetto ad un passato in cui con le grandi non si vinceva mai e con le avversarie da Playoff lo si faceva ben poche volte.

Milano è la squadra con il peggior record della nuova era tra quelle con licenza decennale ed il primo obiettivo della nuova gestione Messina sta proprio lì. Dare credibilità ad una società che nelle stagioni europee ha detto poco o nulla, con l’eccezione del “Banchi 1” e proprio l’aggravante dell’assoluta non competitività da quando il format del torneo è quello attuale.

Quell’ottima partenza ha messo da parte qualche inciampo di troppo in LBA, peraltro casistica applicabile a quasi tutte le protagoniste di Turkish Airlines Euroleague, e di conseguenza il popolo biancorosso ha iniziato a sognare in grande. Messina ed il Chacho, con Scola, sono immediatamente diventati gli uomini dell’Olimpia che conta in Europa, di quella che gioca, e lo fa bene, con la possibilità di battere chiunque.

Poi… poi sono arrivati i tempi duri, quelli che il Coach aveva ampiamente previsto, ammonendo tutti nei giorni dell’eccitazione da primato.

Allora, dopo 12 turni, qual è la vera essenza milanese nella massima lega continentale ed a pioggia nel torneo domestico?

Come sosteniamo da inizio stagione, sin dai giorni della fine del mercato, equilibrio è la parola chiave. Con tanti aspetti ad valutare.

 

Il sistema Messina: complicato, va appreso

Come per i migliori e più sicuri investimenti sul lungo termine, ci vuole pazienza e convinzione. Siamo di fronte a dettami tecnici che per parecchi atleti di oggi, molto limitati dal punto di vista della comprensione del gioco, richiedono tempo ed applicazione totale. «Mi preoccupi e stiamo facendo di tutto per renderlo più semplice» ci ribadì Ettore durante un incontro in pre-stagione, alla nostra osservazione a riguardo. Nessun dubbio che il lavoro sia quello e grande tranquillità nel valutare l’esaltazione di grandi prove come la delusione di gare decisamente di basso livello. Con una certezza: non tutti ci riusciranno e saranno parte del roster 2020/21. Che vedrà al via la prima vera Milano di Messina.

 

Anno zero: dalle macerie

Con la correttezza che lo contraddistingue da sempre, il Coach non ha mai voluto accennare minimamente al passato, parlando di una scelta professionale, la sua, atta a portare Milano a competere come era giusto che fosse per una società di questo tipo. Questo è il punto. Da dove viene Milano? Da anni di gestione disastrosa da ogni punto di vista in cui, tra il campo e fuori, ogni aspetto ha vissuto momenti di imbarazzo totale, comunicando in modo errato ed esprimendo purtroppo sul campo una cifra che era perfetta risultanza di quanto avveniva fuori. Questo non si cambia in due o tre mesi, perché c’è una cultura da costruire ed ancora molto da cambiare.

 

Il Chacho e Mike James: rispetto

Importante chiarire una cosa base: Shelvin Mack non è il sostituto di Mike James. La squadra di James è diventata quella di Rodriguez. E deve essere chiaro che sino ad oggi le carriere dei due atleti parlano chiaro, a favore dello spagnolo senza alcun dubbio.  La scelta che ha allontanato il fenomenale giocatore di Portland è stata precisa e voluta. Come abbiamo avuto modo di scrivere già diverse volte, non è questione di condividerla o meno, ma di rispettarla. Tutto si può correttamente pensare sull’asse Milano-Mosca, o se preferite su quella Messina-Itoudis, ma certamente ognuno dei protagonisti ha pesato accuratamente pro e contro ed ha agito di conseguenza. Il campo, giudice supremo, parlerà e noi ne trarremo le conseguenze. Se è permesso, ed è quasi doveroso  in un sito che fa dell’analisi la sua ragione di esistenza principale , ci sarebbe piaciuto moltissimo vedere all’opera Rodriguez e James allenati da un tale guru del pino, ma questo non vuole dire critica preconcetta o qualsiasi tipo di pregiudizio. E, soprattutto, non richiede per nulla il continuo ed ormai decisamente noioso paragone tra le prove dei due. Perché li avremmo voluti insieme? Semplice opinione, ci piacciono le sfide più difficili e ci piace l’unione di giocatori forti, anche quando complicati da accoppiare, un po’ come si diceva di De Colo e Rodriguez  al Cska.

 

Gli USA non si regalano

E’ il tema del giorno, delle settimane e purtroppo anche di tutti questi primi mesi: Shelvin Mack, fortemente voluto da Messina, ed Aaron White, scelta altrettanto sua (non c’entra nulla Proli che lo voleva a Milano per Kuzmisnkas lo scorso dicembre, quando architettò lo scambio all’insaputa di tutti) sono finora due grossissimi punti di domanda che non hanno dato nulla alla squadra. Il che non vuol dire che siano particolarmente scarsi o meno, ma semplicemente che la loro resa è sinora inesistente da ogni punto di vista.

Per Mack crediamo che vi possa essere una strutturalità nella difficoltà di adattamento al gioco europeo ed aggiungiamo che minuti e numeri NBA al giorno d’oggi contano poco o nulla. Per come si gioca, quattro statistiche in croce le mette insieme chiunque, con gare che finiscono a 140… E’ il valore reale del giocatore che va scoperto ma chiaro che il tempo scarseggia, soprattutto se il tuo leader è abbondantemente sopra i 30 e l’altra guardia di riferimento è quel Nedovic ad oggi tanto efficace quanto fragile.

Per White potrebbe invece trattarsi di atleta che rende in certi sistemi e non in altri, cosa che abbiamo verificato su tantissimi giocatori in questi anni. Pensate allo stesso Pangos, straordinario a Kaunas e poi sinora mai più visto a quei livelli. Od Ulanovas, esempio contrario ed altrettanto valido: notevole interprete del gioco in post basso, ci sembrerebbe perfetto nel sistema messiniano (cercato, non si è concluso).

Certo, ci vuole pazienza, ma il tempo scorre impietoso: dicembre e gennaio sono i mesi che ti dicono chi sarai e per cosa correrai  in Eurolega.

 

I centri e Scola

Gudaitis manca in un modo clamoroso, inutile giraci attorno. Con il lituano probabilmente l’Olimpia avrebbe fatto i Playoff lo scorso anno, con lo stesso giocatore nelle poche gare di questa stagione si è avuta un’impressione chiara di potersela giocare con chiunque.

La sua assenza causa due squilibri fondamentali: dover vedere Tarczewski come centro titolare e la conseguente sovraesposizione di Luis Scola, il cui ingaggio era inteso in ben altro modo. L’americano purtroppo ad oggi non è in grado di reggere il confronto, se non molto saltuariamente, coi pari ruolo della competizione, per via di una scarsa comprensione del gioco e di una certa pochezza di movimenti che danno grande tranquillità alle difese avversarie. Aggiungendoci una gestione del proprio corpo (vedi falli) molto confusionaria la frittata è fatta. Ecco che quindi serve Scola in dosi massicce. Ma se si deve far ricorso ad un campione all’ultimo giro di orologio sempre e comunque, la situazione si complica e quello che poteva essere un “plus” di rendimento e classe diventa una necessità la cui gestione è quasi impossibile sui tre impegni settimanali. Ci sarebbe Biligha, sempre positivo come atteggiamento, ma rendere 15-20cm ad ogni avversario è limite quasi sempre invalicabile.

 

Gli italiani, eterna questione

Spiace dirlo, ma la verità è sotto gli occhi di tutti. Qualche italiano forte c’è, ma gioca in NBA, ad Istanbul od a Mosca. Che Datome e Melli fossero gli obiettivi primari del Messina-mercato è ammissione chiarissima dello stesso Coach. Incassate le rispettabilissime decisioni differenti dei due, si è dovuti andare sulle seconde scelte e la separazione è abissale.

Oggi la sfida dei vari Moraschini, Della Valle, Burns, Cinciarini e Biligha è la stessa del loro allenatore: fare un passo avanti, quanto grande possibile non si sa, per provare ad essere fattori ad un livello superiore. Cosa che oggi non sono per nulla.

Ricapitolando è corretto ricordare alcune cose. A Cinciarini Messina preferì Poeta al preolimpico. Della Valle fu escluso dall’europeo iniziato in Israele in una nazionale non debordante di talento. Moraschini è stato protagonista del primo anno a buon livello in LBA (non Eurolega, LBA…) la scorsa stagione. Burns, che da un anno e mezzo scalda la panchina, ha al suo attivo discrete stagioni a Cantù e Brescia, con tutto il rispetto non Real o Cska. Biligha ha guardato i PO di LBA totalmente escluso da Watt e Vidmar, non da Tavares e Ayon.

Quindi? Tutti scarsi? No, o almeno non così tanto. Il punto è la sfida del lavoro. Saranno in grado questi ragazzi di diventare funzionali al sistema del loro allenatore e quindi di proporsi come fattori, più in LBA che in Eurolega certamente, di qui in poi? E’ perciò la sfida anche del Coach, che ha questi ingredienti  e con questi deve cucinare il piatto milanese. La nostra idea è che col tempo qualcosa si possa tirare fuori ma che non è operazione immediata. Anche qui, purtroppo, quel tempo è tiranno.

 

Le critiche: sì, anche Messina si può criticare

Nell’ambiente milanese, alle prime sconfitte importanti, si è fatta largo un certo sentimento basato sul “se questo l’avesse fatto Pianigiani”, “se avessimo giocato così”, “se questi giocatori li avesse scelti un altro” etc.

Sia chiaro, i tifosi sono sacri ed hanno tutti i diritti di esprimere le loro opinioni: senza tifosi il gioco non esisterebbe, quindi lunga vita a tifo e passione. Però, c’è un però… E’ necessario distinguere tra tifo e commentatori, chi di professione, chi per passione ed amore per il gioco. Questi ultimi hanno alcune responsabilità maggiori che stanno nel concetto di equilibrio ed equidistanza nel giudizio.

Se dopo le W iniziali era tutta una celebrazione, oggi pare spesso tutto un funerale. Avviene ovunque, ci mancherebbe, però ci vuole proprio quell’equilibrio. Ed all’interno di quella misura è ricompreso il concetto del poter esprimere una critica anche a Messina. Che è uno straordinario ed inarrivabile allenatore di pallacanestro, come dimostra la sua carriera, ma che proprio per gusto conosce benissimo la realtà e sa perfettamente accettare opinioni e giudizi che nel massimo rispetto ne possano sottolineare le criticità. Ed allora è lecito chiedersi se qualche italiano non meritasse un trattamento più coinvolgente, se i due discussissimi USA non andassero maggiormente utilizzati in certe gare di LBA o se alcuni cambi repentini non richiedessero una tolleranza tecnica maggiore. Così come se sempre i due USA in questione non dovessero farcela è lecito darne responsabilità a chi li ha scelti. Messina lo sa meglio di chiunque.

Tutte semplicissime ed assai legittime domande cui un grande allenatore sa bene come rispondere rendendo il quadro assai più comprensibile a chi, sebbene impegnato nel provare a capire, vive sempre una situazione “da fuori” ed ha quindi bisogno che quella luce venga accesa “da dentro” la casa per comprendere meglio le condizioni degli abitanti del quartiere biancorosso.

Ne abbiamo bisogno tutti, è giovamento di tutti, è equilibrio per tutti.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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