Fiba World Cup: Gobert e Mills proiettano Francia e Australia nell’Olimpo

Utah e San Antonio esultano. Rudy Gobert, Donovan Mitchell e Patty Mills sono i protagonisti assoluti di un mercoledì mondiale ricco di emozioni. Tomas Satoransky compreso.

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Crudele, selvaggio, sorprendente e allo stesso tempo mai così incerto. La Fiba World Cup 2019 si sta rivelendo proprio questo tipo di competizione, alla luce dei verdetti visti ed emanati senz’appello dai parquet cinesi (seppur con qualche match viziato da molti e tanti dubbi).

Un mondiale cha ha proiettato dal paradiso all’inferno la Serbia di Sasha Djordjevic ed ora anche quel che era denominato il Dream Team americano, che quella vecchia volpe di coach Popovich vede trasformare in una squadra da incubo e sbattuta fuori dalla rassegna iridata. In tutto ciò anche piccole e grandi realtà che organizzate al massimo raggiungono il miglior profitto: l’Olimpo delle migliori quattro nazionali che puntano all’oro mondiale.

5 ragioni, 5 motivi che hanno deciso il lato destro dei quarti di finale della Fiba World Cup di ieri, ve li porta come sempre Eurodevotion nella sua consueta analisi di campo e non solo, cercando di far emergere ancora di più i successi di Francia e Australia.

Patty Mills decisivo nel successo dell’Australia contro la Repubblica Ceca

USA-FRANCIA

Fisicità e tecnica collettiva: il capolavoro francese

Negli ultimi anni le competizioni FIBA ci hanno insegnato e fatto comprendere al meglio quanto chi è più preparato fisicamente sia pronto a vincere competizioni davvero logoranti dal punto di vista fisico. Se a questo fattore si dovesse aggiungere un perfetto utilizzo dei fondamentali e un tasso tecnico-qualitativo collettivo ben amalgamato, si possono davvero compiere “imprese” come quella dell’Argentina di martedì e quella della Francia di ieri.

Les Bleus costringono gli States a giocare con un quintetto più piccolo, sovrastandoli a rimbalzo e dettando a proprio piacimento il ritmo della gara. Rudy Gobert, Mathias Lessort, Amath M’Baye e Louis Labeyrie hanno costruito dal rimbalzo offensivo e difensivo il primo vero problema della partita degli Stati Uniti, capaci solo nel terzo quarto di rendere la partita palpitante quando sembrava su tutt’altro binario.

Mentalità e difesa: a livello Fiba la differenza è lì

Per la prima volta da diversi anni gli Usa hanno messo in mostra una pallacanestro senza idee. Una previsione impensabile, indicibile visto che in panchina porti con te il già citato Popovich e Steve Kerr che in quel di Golden State ha scritto la storia recente della Nba.

La mancanza di aiuti sul PnR francese si sono rivelati una vera gatta da pelare per tutta la partita, con la squadra transalpina capace di poter viaggiare e scegliere su quale punto del campo bisognava sfruttare la non voglia apparente di giocare messa in mostra dagli States.

Il vero fortino però la Francia lo costruisce in difesa, dalla tripla del 76-76 messa a segno da quel Frank Ntilikina che gli States li conosce benissimo, ma che mai come in questa occasione ha guidato i suoi compagni con una prova da vero leader. Dalla sua voglia e dalla tecnica difensiva collettiva la Francia ha fortificato ancor di più le sue certezze, costruendo così una vittoria meritatissima.

Donovan Mitchell: il futuro Nba può essere sorretto da lui

Esplosivo. Dinamico. Inarrestabile. Il terzo quarto di USA-Francia ha soltanto un padrone: Donovan Mitchell. Il talento di Louisville University e giovanissima stella degli Utah Jazz, ha tenuto in piedi la baracca in una giornata in cui sembrava davvero andare tutto per il peggio.

Dei 79 punti a stelle e strisce ben 29 portano la sua firma, conditi da 4 assist e 6 rimbalzi che hanno permesso un 27-18 determinante nel terzo quarto di gioco in favore del team statunitense. In entrambe le zone del campo ha dimostrato di essere un killer e un leader anche se silenzioso.

A soli 23 anni questo ragazzo ha dimostrato di potersi mettere sulle spalle una nazione intera. Forse con più aiuto delle altre stelle (vedasi anche il caso infortuni legato a Tatum) avrebbe fatto ancora di più. Ora come ora, però, la lega più affascinante del mondo è pronta alla consacrazione di un’altra giovane stella.

Rudy Gobert: la montagna francese insormontabile

Il personaggio copertina della sfida USA-Francia non poteva che essere lui, il gigante numero 27 compagno di squadra di Mitchell a Utah: Rudy Gobert. Dal suo talento, dalla sua tecnica e dalla sua fisicità nasce il successo della rappresentativa transalpina.

21 punti e 16 rimbalzi complessivi, ma anche fattore su tutti i PnR giocati con i compagni di squadra che hanno costruito, mattoncino dopo mattoncino, un successo che ora vale un posto in finale contro Australia o Spagna. Ora oltre lui, anche gli altri Nba presenti nella rappresentativa francese sono chiamati all’ultimo sforzo. L’olimpo è ad un passo e si può stare davvero molto comodi.

L’artiglieria pesante: gli States a Tokyo per il riscatto

La faccia di Myles Turner in preghiera nei minuti finali, lo stupore di Brook Lopez in panchina, lo sguardo assente del resto del Team Usa descrive alla perfezione il passaggio decisivo del fallimento.

Per la prima volta nella storia recente quel che era denominato “Dream Team” si è spento. Apparso privo di idee, non ha mai brillato quanto ci si dovesse attendere alla vigilia e soprattutto incapace di reagire al massimo delle proprie forze.

La fatica espressa nel volto di Kemba Walker è l’immagine del cammino Usa in questo mondiale: una squadra costretta a risorgere da un nuovo crollo (in questo caso fortunosamente sportivo) con tutti i mezzi a propria disposizione. Il pass per Tokyo c’è già. Non mi meraviglierei se questa volta l’artiglieria pesante degli States non rifiutasse di scendere in campo

La delusione di Kemba Walker al termine di USA-Francia

AUSTRALIA-REPUBBLICA CECA

Se a Dongguan la sorpresa della vigilia si è avverata, a Shanghai, l’Australia rispetta il copione e raggiunge la sua prima semifinale iridata. Il percorso netto dei Boomers fa terminare così il cammino sorprendente della Repubblica Ceca in questo mondiale dalla “zona podio”, soddisfatti comunque di essere arrivati così lontano e così bene in un mondiale.

Ecco i 5 motivi, le 5 ragioni che hanno deciso questa sfida, terminata con il punteggio di 82-70.

Solidità mentale e intelligenza cestistica fuori dal comune: ecco l’evoluzione dei “Canguri”

Entrare in campo con la stessa voglia e la stessa organizzazione di idee dell’inizio del tuo cammino è sintomo di grande squadra. Con i mezzi a propria disposizione l’Australia è riuscita a costruirsi ancora una volta il proprio successo dalle idee del caoching staff dei Boomers.

Anche una squadra compatta e cinica come la sorprendente (manco a dirlo) Repubblica Ceca, ha dovuto soccombere alle scelte, al timing ed al piano partita dettato dagli australiani, ancora imbattuti in questa rassegna iridata.

30-18: la svolta Australiana è nel terzo Quarto

L’insieme di intelligenza cestistica, esperienza, tasso tecnico superiore rispetto alla Repubblica Ceca emerge tutto nel 3° quarto di gioco.

Un 30-18 fatto dalle triple di Goulding, dalla voglia di lottare di Matthew Dellavedova, dall’esperienza del totem Bogut hanno incanalato la partita sui propri binari, dopo un primo tempo tutt’altro che agevole.

Ora servirà davvero lo sforzo delle migliori squadre al mondo. La Spagna vista dalla seconda fase in avanti è una squadra granitica e poco priva di difetti ed è decisamente vietato commettere rotazioni difensive sballate come nel primo tempo contro Auda&Co.

Fisicità prorompente e dinamica: il successo si costruisce anche a rimbalzo

A tutto ciò che è stato descritto nel secondo punto dell’analisi aggiungeteci un altro significativo dato della partita: la lotta a rimbalzo.

I Boomers hanno costruito il proprio successo anche da lì, dettando il ritmo della partita a proprio piacimento nei secondi 20′ di gioco della partita. Il 37-27 emerso dai dati statistici a rimbalzo, rispecchia chiaramente la grande forza fisica presente nel roster australiano, capace di portare tutti i suoi giocatori nella voce rimbalzi del match.

Il dinamismo e l’energia emersi nel corso dei 40′ fanno ben sperare per il confronto con gli iberici di coach Scariolo, pronti a conquistare una nuova finale mondiale.

Patty Mills: un solo uomo al comando in questa Fiba World Cup

Bogdan Bogdanovic, Facundo Campazzo, Donovan Mitchell, Rudy Gobert, Juancho Hernangomez. Nomi di spicco, sicuramente candidati Mvp.

A mio modo di vedere, però, tutto cambia quando entra in campo Patty Mills. La guardia australiana è in uno stato di forma clamorosamente incredibile e indicibilmente pazzesco ed è ancora lui a mettere la firma più importante del quarto di finale.

24 punti, 6 assist e 4 rimbalzi bastano per far capire chi ora come ora meriterebbe l’Mvp del Torneo? Io fossi in voi 2 euro li scommetterei pure…

Tomas Satoransky: non basta il suo talento per proseguire nella Fiba World Cup

Era la spedizione più difficile per la Repubblica Ceca degli ultimi anni. Senza Jan Veselj e con un gruppo abbastanza logorato fisicamente sembrava davvero impossibile il passaggio della seconda fase.

L’aumentare dei giri nel motore da parte di Patrik Auda e di un maturo e consapevole Tomas Satoransky, la Repubblica Ceca può ritenersi ampiamente la sorpresona della massima competizione di basket mondiale.

L’ennesima conferma arriva dalla tripla doppia sfiorata anche contro l’Australia: 13 punti, 13 assist e 9 rimbalzi fanno non solo sorridere il pubblico neutrale e non, bensì i Chicago Bulls volenterosi di accogliere così il talento della Repubblica Ceca capace ancora una volta di fare la differenza in un competizione FIBA ormai pronta ai verdetti finali.

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