Diario di viaggio Fiba World Cup Day 4 : la vigilia della Serbia, tra incontri speciali e… petardi

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Martedì, riposo

Nel senso delle partite, ché i tifosi presenti -perfino i serbi, che meritano un punto a parte dei cinque tipici di Eurodevotion- ormai confidenti sul territorio si avventurano nelle varie visite: inevitabilmente ri-incontrandosi, come se Foshan fosse un villaggio turistico e non la residenza di sei milioni di cinesi.

Per dire, dopo aver visitato uno dei tre “da vedere” della Lonely Planet, ti rifugi -siccome il meteo in quel momento è in modalità “caldissimo e umidissimo”- in un mega centro commerciale, e lì ti capita di incontrare Gigi Datome; il quale ci saluta cortesemente ma, giustamente, con una leggibilissima espressione “no, K…!, anche qui!”.

 

Colore cinese

Con la consapevole presunzione di chi dopo quattro giorni pensa di aver capito tutto di una regione (il Guangdong, che ospita i 70 milioni di cui s’è già detto. Gente, rileggete le puntate precedenti, se non seguite!), e ligi al compito di trasmettervi i profumi che circondano il mondiale giocato, abbiamo ormai maturato le nostre certezze.

Del totale disinteresse dei locals per il basket che non sia NBA, già ampiamente certificato, abbiamo avuto ulteriore riprova dall’incontro con Gigione: ovviamente, siamo stati gli unici in tutto il centro commerciale a riconoscerlo. E sì che una controfigura di Gesù con gli occhi azzurri, alto quasi due metri e con la maglietta dello staff della nazionale, si sarebbe difficilmente mimetizzato anche al Fiordaliso di Rozzano, figuriamoci in un sei piani affollato esclusivamente da cinesi (oltre a noi, certo. Che però non siamo la controfigura di Gesù ecc ecc).

Per il resto, non sappiamo in altre parti della Cina, ma di sicuro qui nessuno parla una parola di inglese. Negli hotel, ristoranti, negozi, taxi, siti da visitare: nes-su-no. In compenso, tutti hanno il cellulare ormai assorbito nella mano (sì, anche nei bagni, almeno quelli pubblici). E nelle difficoltà si affidano ad un programma di traduzione che, presumiamo, farà loro conquistare il mondo non appena perfezionato (almeno, che dall’inglese non capisca “you idiot” invece di “hotel Hilton”, perché il tassista non l’ha presa benissimo). Nel frattempo, cioè fino a che non lo perfezionano, mangiare resta un’avventura, indicando a caso alcune foto dai menu solo in ideogrammi. Oppure si può sempre chiedere asilo al ristorante “Little Italy”, che -credeteci- esiste, ha buone recensioni e ovviamente ha solo personale cinese.

Un’altra certezza assoluta è rappresentata dal meteo, nel suo simpatico alternarsi tra “caldissimo e umidissimo” e “caldissimo e umidissimo con pioggia torrenziale”. Gli abitanti di qui sembrano assolutamente assuefatti, tanto che moltissimi scooter hanno un ombrello montato di serie sul manubrio.

Infine, abbiamo appreso per caso (fonte, 7 del Corriere) che Guangzhou, ovvero Canton, ovvero il capoluogo di cui Foshan è sostanzialmente un enorme sobborgo, ha quasi 53 telecamere ogni 1.000 abitanti, ottava al mondo, Per darvi un’idea, Roma (la prima in Italia) ne ha meno di 2, sempre ogni 1.000 abitanti. Ora che lo abbiamo scritto, questo potrebbe davvero essere l’ultimo nostro resoconto dalla Cina; Direttore, salutaci i nostri cari.

 

Passando al basket, la vigilia.

A parte il colore locale e le varie gite, oggi sarebbe un giorno inutile, cestisticamente parlando, se non fosse quello della vigilia, con briefing e seduta di tiro per le squadre.

Intanto, la buona notizia: Gentile ha ancora il naso, dopo la testata di Paulo. E Paulo non ha subìto rappresaglie da parte di AleGent, considerato che circola ancora per l’hotel.

Si percepisce estrema concentrazione sia tra i giocatori che nello staff; forse meno tra i dirigenti, impegnati piuttosto a decifrare l’algoritmo delle qualificazioni per il preolimpico. Acquisito che noi ci siamo, per capire chi va, e come si svolgerà, verrà indetto un concorso tra matematici.

Evidentemente, non è vigilia solo per noi. Mentre i filippini hanno il consueto atteggiamento da campetto, gli angolani sembrano ad un passo importante: una vittoria potrebbe risultare di grande valore, anche in prospettiva qualificazione alle Olimpiadi. Una contemporanea (probabile) sconfitta della Tunisia, li terrebbe in corsa per risultare la prima africana del torneo, che andrà alle Olimpiadi senza passare dal Preolimpico. Anche se questo non ci indurrà, domani, a immolare il pomeriggio per assistere live ad Angola-Filippine.

A proposito, visti i risultati probabilmente nessuna africana si qualificherà al secondo round.

 

I serbi, intesi come giocatori

Chi invece non mostra la benché minima emozione sono quei buontemponi dei serbi, che mantengono la consueta espressività della maniglia del frigorifero e passano ore in una delle camere (dell’odore di fumo che ne esce si è già spoilerato).

Altrettanto imperturbabile il presidentissimo (della federazione serba) Sasha Danilovic, perfino durante la visione collettiva di USA-Turchia; insomma, non è cambiato da quando giocava.

Novità del giorno, Bobanone Marjanovic, anziché terrorizzarci con le sue apparizioni improvvise, si fa cogliere con i suoi 230 centimetri (ok, qualcuno in meno…) rannicchiati (si fa per dire, via!) per terra sotto l’unica finestra del corridoio, in una posa a metà tra un enorme bambino in castigo e un elfo buono oversize in cerca di Wi-Fi per il cellulare. Memorabile.

In compenso, rientrando in stanza per la notte ci imbattiamo in Raduljica, che nel corridoio buio spaventa ancor più di quanto ormai ci facesse Marjanovic. Mi sento sempre di più ospite nella casa della famiglia Adams.

miro

 

I serbi, intesi come tifosi

La giornata di pausa ci consente anche di aprire una (peraltro doverosa) parentesi sui tifosi serbi, il cui numero aumenta con il passare dei giorni.

Scalmanati al palazzo durante gli incontri, negli altri contesti sembrano quasi amichevoli, almeno fino al settimo bicchiere dato che bevono più di una Panda degli anni ‘80. In compenso, ieri uno di loro ha pensato bene di uscire dall’hotel con una borsa piena di petardi, senza considerare che qui i controlli ci sono non solo in entrata ma anche in uscita: tempo pochi secondi, e si sono materializzati alcuni poliziotti, che lo hanno intrattenuto in commissariato fino a tarda sera (e partita finita). Evidentemente, però, non tutti i petardi sono stati intercettati: un altro serbo ha avuto la brillantissima idea di farne scoppiare uno appena fuori dal palazzo, e per lui i poliziotti sono stati ben più di “alcuni”.

Forse, avremmo dovuto raccontare anche a loro delle telecamere…

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