Fiba World Cup: diario di viaggio, day 1

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E’ il gran giorno, cominciano i mondiali e il nostro viaggio in Cina. Per non perdere il passo, i consueti cinque punti di Eurodevotion, tentando anche di trasmettervi l’atmosfera, in cui possiate immergervi con un po’ di fantasia. Beh, tanta fantasia.

A Foshan.

Atterraggio a Hong Kong all’alba, clima che Blade Runner (quello vero, ambientato nel 2019…) a confronto sembra una cartolina di una vacanza estiva, ponte verso Macao (55 km da un capo all’altro della baia, costruito in 8 anni. Ponte sullo Stretto, what?), e poi dritti verso Foshan.

L’autostrada è costeggiata da risaie contornate da capanne, con alle spalle -letteralmente- agglomerati di palazzoni urbani; saranno le letture preparatorie (ché non ci cibiamo solo della biografia di Gigi Datome, neh!), saranno i preconcetti, la sensazione è la conferma di ogni cliché.

Foshan, dunque.

Cielo cupo, clima tropicale -che tradotto significa “Piove a bestia, e quando non piove é così caldo e umido che suda anche la maglietta. Prima di averla indossata”-, palazzoni. Tanti, tanti palazzoni raggruppati, contraddistinti da nomi che sfiorano il sadismo come “sweet garden” (massì).

Arrivati in hotel, scostando la domanda “a chi è venuto in mente di aprire un Hilton qui???”, si scopre che fa da base a tutte le nazionali. Per dire: trovarsi improvvisamente davanti Boban Marjanovic nel lungo corridoio della propria stanza catapulta direttamente nel sequel di shining poi però Bobanone entra nella sua camera, dalla cui porta costantemente aperta esce un intenso odore di fumo, e lo sconcerto passa.

L’attesa

Un amico propone di anticipare il trasferimento al palasport, per vedere anche Serbia-Angola. Perché no?

Col senno di poi, i “perché no” sarebbero anche stati vari. Alla spicciolata… Mezz’ora prima della palla a due, grumo urlante di centinaia di persone al Ticket Office, senza apparente distinzione degli sportelli tra vendita dei biglietti e ritiro della prevendita, con esasperati che tempestano di manate il vetro degli sportelli. Due (due!) controlli di sicurezza per entrare, con fila a serpentone per raggiungerli: il tutto, sotto una pioggia torrenziale.

Insomma, non entreremo se non alla fine del primo quarto, e completamente fradici fin dentro le scarpe; almeno, è una occasione per un’occhiata al pubblico. Serbi pochissimi, angolani ancora meno, in compenso grande affollamento di cinesi addobbati con tutte le possibili maglie NBA, compresi vari (e varie) Antetokounmpo, davvero improbabili visto il fisico degli indossatori.

Che la NBA, e non il basket, sia la passione locale appare evidente anche all’interno: il pubblico sembra sostanzialmente indifferente al gioco, tranne che per Jokic e Bogdanovic accolti da “oooh” di ammirazione pure quando danno il 5 in panchina. In compenso, tutti si scatenano per una sorta di kiss-cam e per una mascotte che è un sinistro incrocio tra Grunt de “i Guardiani della Galassia” e la renna Rudolph (vedi foto).

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Serbia – Angola

Incredibilmente, a metà del secondo quarto la Serbia non ha ancora preso il largo, nonostante Sasha abbia il lusso di voltarsi al pino e indicare a caso, tanto “alla peggio” si alza uno come Guduric. Decisamente, ci sono lavori peggiori che fare il coach della Serbia.

Passano 3’ ed ecco la spallata. All’intervallo le nostre scarpe sono finalmente asciutte e in campo la partita è virtualmente finita: gli italiani in tribuna scommettono se i punti di distacco alla fine saranno più o meno di 40, i serbi in tribuna scommettono sul numero di birre che si berranno entro la fine della serata e i cinesi scommettono su chi vincerà la gara delle schiacciate. Con sconcerto scopriranno più tardi che la gara delle schiacciate non é in programma.

Al 1’ del terzo quarto i punti di vantaggio sono 37, e l’esito delle scommesse pare segnato. I tifosi serbi, dal canto loro, hanno già cominciato la gara di birre (ed è un mistero, perché nel palazzo non le vendono). I cinesi, rassegnati per l’assenza della gara delle schiacciate, hanno adottato Marjanovic, con boato appena riceve palla, e sfollano a 3’ dalla fine (e noi, interdetti, non capiamo).

Dal canto suo, Sasha assiste a gran parte del secondo tempo seduto (!!!), e la nostra sensazione è che ormai i cambi li chiamassero direttamente i giocatori, come nel torneo CSI silver.

Italia – Filippine

Sopravvivendo ad un piatto di noodles accompagnati da… un hot dog nei corridoi del palazzo (col cavolo che usciamo, per poi far la fila sotto la pioggia!!), facciamo …gli italiani e ci raggruppiamo insieme ad altri connazionali dietro la panchina dell’Italia, pur avendo i biglietti più disparati.

Petrucci nervosissimo si aggira sul lato opposto e ci saluta da lontano; il sentimento è evidentemente quello di una partita insidiosissima.

L’inno cantato in coro è la consueta emozione, poi palla a due e…macché insidiosa: pim pum pam e 22-4 per noi, con il coach filippino (controfigura del presidente Sardara di Sassari) così impietrito da non riuscire neanche a chiamare time out prima di questo diluvio. Non che il tardivo minuto di sospensione produca effetti: i Belinelli in campo sembrano tre, e sono tutti sulle linee di passaggio degli avversari. La palla gira che è una meraviglia, e i difensori accumulano ritardi che neanche i locali dei pendolari lombardi, con conseguente raffica di triple. Quando Beli in 30” prima arma Gallo con un no look poi segna in reverse, il tabellone dice 35-8 e il primo quarto non è ancora finito.

Alla prima sirena ci sporgiamo dal parapetto per sentire le parole di Meo, pensando che sia istruttivo ascoltare un discorso per tenere la tensione in questa situazione. Bene, per dare un’idea della tensione, conclude riferendosi al centro avversario Blatche, di notevole stazza, con un “ragazzi, bisogna farlo correre…” (i termini sono in realtà più… agonistici).

Si riprende e la musica fortunatamente non cambia. Sul 46-12 Biligha difende su Fajardo come se fosse la palla decisiva del match, ruba e lancia Gentile che subisce un fallo terminale senza conseguenze. All’intervallo è 62-24, risultato più da incontro incrociato CSI gold-silver che da campionato mondiale; del resto, quella “di là” sembra davvero una squadra da sfida italo-filippina su un campetto nostrano, con tutti ma proprio tutti che raccolgono le gambe nel salto sul tiro, diretti dal play Ravena con cerchietto, fisico e soprattutto gioco da autentico campetto.

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Comprensibile che in avvio di secondo tempo i nostri si appisolino vagamente, costringendo Meo a chiamare un vero minuto che produce immediati effetti: il distacco torna subito oltre i 40 punti.

La partita scorre via facile, con un minimo di pathos quando Gallo viene letteralmente abbattuto da Blatche, il quale riesce anche ad indirizzare all’arbitro una faccia da “chi, io?!?”  degna di Will Smith,

Per tentare di mettere un argine, le Filippine provano persino una difesa zona, dinamica come quelle che ogni tanto si vedono a luglio al playground di parco Sempione, e punita tra l’altro da una schiacciatona di Brooks su assist del Gallo che perfino i cinesi presenti avevano letto con minuti di anticipo.

brooks vs phi

Ultime annotazioni: sul 90-43 i filippini in tribuna intonano un coro “defense-defense” che sarebbe sembrato sarcastico a chiunque, ma che per loro era sinceramente sentito. Poco dopo  Blatche parte in palleggio da fuori alla velocità consentita dalla sua mole, finendo spiaggiato su un eroico Tessitori, che nell’impatto immola milza e speriamo nient’altro. Infine Filloy, dopo aver ritrovato il tiro, apparecchia un alley-hoop per Abass fino a quel momento unico ancora a zero punti: basta così, si può anche chiudere e andare a casa.

Dietro l’angolo

Esaurite le interviste post partita, Gigi Datome passa a salutarci con un “grazie a voi, stoici!” che vale da solo la trasferta.

Domani riposo, per noi (che contiamo comunque di stalkerare gli azzurri in hotel) e per loro, che avranno solo seduta di tiro.

Dopodomani l’Angola, che dopo la brillante prova di oggi fa molto meno paura, anche se in serata un Petrucci molto più disteso già ha cominciato ad attivare la preoccupazione.

Nel rientrare in camera, terrore vero: nel corridoio buio salta fuori… ancora Marjanovic, a piedi scalzi. Recuperati i battiti, esce un “good game, compliments” a cui lui risponde con un “you too” che lascia, sinceramente, interdetti.

Ah, sì, e poi ci sono le previsioni meteo: domani, pioggia a dirotto.

 

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