Il pessimo risveglio di #italbasket a pochi giorni dalla Fiba World Cup 2019

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Bruttissima e per certi versi inquietante  prova degli azzurri nell’ultimo impegno prima dell’inizio del mondiale.  Dopo le buone ed incoraggianti gare con Serbia e Francia arriva questo inatteso stop contro la modestissima Nuova Zelanda che aumenta a dismisura tutti i dubbi che già potevano accompagnare la nazionale di Meo Sacchetti.

Francamente difficile separare  i  nostri abituali 5 punti di analisi in una gara così negativa, tuttavia proviamo almeno ad evidenziare ciò che ci è parso più lampante nel lunedì cinese.

  • Se è complicato trovare qualche atleta che abbia fatto veramente qualcosa di buono, è purtroppo assai più semplice sottolineare le negatività. Tra queste, sicuramente Jeff Brooks, il cui ottovolante non pare avere fine. Obiettivamente complicato pensare ad un insieme di errori  come quelli visti da parte dell’ala forte americana naturalizzata, e non solo in questa partita, quando poi vi sono frangenti delle gare in cui fa emergere tutto il suo peso.  Specchio della sua prova uno degli ultimi possessi offensivi in cui, apertissimo per la tripla, esita, palleggia e rilascia un “jumper” da due che arriva al ferro per grazia divina. L’Italia ha bisogno di ben altro, ovvero almeno 25-30 minuti ad altissima intensità, sia difensiva che offensiva.
  • Il playmaking azzurro, in assenza di Hackett, non incide minimamente sulla gara, se non in negativo. Che questa fosse la squadra di Daniel lo abbiamo scritto in lungo ed in largo, ma francamente ci attendevamo qualcosa di più da Vitali e Filloy, ognuno per le sue caratteristiche. Incapaci di creare vantaggio, passano purtroppo  più tempo a difendersi dall’aggressività avversaria che  a provare ad organizzare un attacco. Giocare senza centro può portare a quintetti atipici con pro e contro, giocare senza playmaker non porta a nulla. 
  • Pensare che le castagne dal fuoco le tolgano soltanto Gallinari e Datome, con la loro presenza, è pura follia, viste le condizioni dei due appena rientrati. Se con la Serbia senza di loro è impossibile, contro gli “all blacks” della palla a spicchi (“tall blacks” è carino…) basterebbe ed avanzerebbe il supporting cast. E qui la domanda che sorge spontanea riguarda  l’apporto di chi dovrebbe lasciare il sangue sul parquet per guadagnarsi qualche minuto in più. Della Valle non è un nome a caso.
  • Ciò che è totalmente mancato è qualche minuto di pallacanestro di squadra. Anche il terzo quarto, quello dell’effimera rimonta, è stato frutto della “garra” di Ale Gentile e di momenti del Gallo. La gara non è mai stata nelle mani dell’organizzazione azzurra. Ora è assolutamente necessario cancellare l’episodio ma senza mancare di sottolinearne e ricordarne i perché. Magari dandosele di santa ragione nel prossimo allenamento, che di solito è il miglior modo per riallacciare le scarpe veramente. Capire che la linea che separa una grande impresa da un grande crollo per questo gruppo è molto sottile è la prima cosa da fare e lo è da tempo. Il grido d’allarme di Meo dopo Verona oggi pare inascoltato dopo una prova così in cui non si riesce a venire a capo di una squadra con poca tecnica ed un impatto fisico assai limitato. Non può bastare la differenza abissale al tiro da tre perché è troppo il gap a favore degli azzurri. Per larghi momenti della partita l’atteggiamento globale non è per nulla piaciuto.
  • Le parole dei protagonisti, Sacchetti e Gallinari su tutti, sono univocamente indirizzate alla negatività dell’episodio ed alla necessità di farne tesoro. Tutto abbastanza ovvio, certo è che chiudere con la sesta sconfitta, la peggiore di tutte, non può far bene. La decisione di portare a Foshan 14 atleti, senza procedere ai previsti tagli, è abbastanza normale, tenendo conto i tutti i problemi fisici avuti. Se il regolamento concede tempo sino al 29 agosto, è corretto sfruttarlo. Ci sono 4 giorni di lavoro in cui ricompattarsi e cercare di sottolineare definitivamente le criticità di un sistema che, se ben gestito da staff e giocatori, può togliersi buone soddisfazioni. Con quel realismo e quell’applicazione che non possono mancare, perché il margine di errore è minimo.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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