Il risveglio di Italbasket non ha nulla di brusco ma solo tanto realismo

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Non vi era nulla di trionfale dopo aver distrutto un Senegal che era parso così arrendevole anche per via di un viaggio molto complicato proprio nel giorno della gara, non vi è nulla di tragico dopo la sconfitta con la Russia, che non è certo tra le favorite ma schiera alcuni atleti di profilo notevole, a partire da Nikita Kurbanov.

Salito il livello dell’avversario era abbastanza normale che le lacune ampiamente previste potessero emergere in modo più chiaro: l’Italia è una squadra con pregi e difetti che non si risolvono certo in poche settimane di preparazione, peraltro decisamente a mezzo servizio viste le assenze, gli infortuni e gli acciacchi occorsi cammin facendo.

Non è stato certamente bello il modo in cui è maturata la sconfitta, tuttavia è sempre bene cercare di isolare le situazione principali all’interno di una gara, quelle che portano alle valutazioni essenziali per un percorso che facile non poteva essere e che facile non sarà.

  • Problema centro. E’ il tema principale, lo sapevamo tutti e si conferma tale. Biligha e Tessitori si applicano con costanza ma non vi è reale possibilità di avere un post di spessore. Per il neo milanese appare evidente come sui primi due passi della “rollata” la sottodimesione si paghi poco, mentre avvicinandosi al ferro il tutto diventa un rebus poiché spessissimo non è solo il centro avversario ad esser più grosso, ma anche i 4 ed i 3. “Short roll” e qualche piazzato dai 3-4 metri? Potrebbe essere. Dietro si deve proseguire sullo schema della gara con il Senegal: la palla deve arrivare poco e quando accade deve essere sporcata prima che kg, cm e talento facciano la naturale differenza.
  • Ritmo e transizione. Questa Italia deve giocare sopra ritmo e deve essere squadra di transizione, che ciò porti al contropiede, anche primario, od al semplice avvio di un possesso che possa far male prima che la difesa avversaria si schieri. Il tiro da tre, arma di assoluta importanza, può poi dare anche rimbalzi meno canonici, dove il dinamismo colma le lacune di struttura. E’ chiave decisiva del gioco moderno: l’entrata nei giochi con ritmo e velocità dà un grande vantaggio a tutti i livelli e può limare i gap per chi è sottodimensionato. Quando si ferma la palla, l’azzurro diventa pallido pallido ed accade che si posa perdere una gara forse già vinta. Le forzature di Gentile sono l’effetto della mancanza della globalità: nulla di individuale, contro il pallone statico tutte le difese paiono più forti e gli attaccanti più deboli.
  • La preparazione. Le gambe pesanti dell’ultimo quarto sono la ragione principale della sconfitta. E’ normalissimo che succeda ed è bene che succeda oggi. Col progredire del lavoro questi momenti si limiteranno sempre più, anche con avversari più forti. Molto corretto che ai primi di agosto Meo esplori tutte le soluzioni: già ad Atene alcune scelte saranno più dirette, sebbene l’assenza di Gigi e Gallo continuerà ad influenzare moltissimo le possibilità azzurre.
  • Le gerarchie nei ruoli di 2 e 3. C’è un sovraffollamento notevole in queste due posizioni ed è forse la prima cosa da risolvere attraverso gerarchie chiare. Che Datome sia la chiave di tutto è chiaro, ma Gigi potrà operare anche da 4 come spesso fa al Fenerbahçe. Siccome si tratta di due posizioni con protagonisti abituati al pallone in mano assai spesso, è chiaro che tali gerarchie debbano passare anche attraverso il sacrifico e la rinuncia individuale nel nome del gruppo.
  • La transizione difensiva avversaria. Passano i giorni, si moltiplicano gli osservatori ed è chiaro a tutti come per fermare la nazionale di Meo sia necessario e fondamentale rientrare e farlo ad altissimo ritmo. Lo sanno gli italiani e lo sanno tutti gli avversari. Vincerà il più forte, chi saprà imporre, come sempre in questo gioco, laddove adattarsi è la prerogativa dei deboli. Questo gruppo azzurro dovrà necessariamente attaccare, sia in fase offensiva che difensiva, prima che gli schieramenti diano un vantaggio strutturale e di talento, soprattutto in post.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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