Le emozioni, la passione, la qualità: PARIGI 1999 – VENT’ANNI DOPO è uno splendido prodotto firmato Alessandro Mamoli

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Lo avevo introdotto due giorni fa, certo che l’attesa non sarebbe stata delusa. Ho avuto il privilegio, grazie alla cortesia di Alessandro, di vederlo in anteprima e posso tranquillamente affermare che si tratta di un prodotto di notevolissima fattura, studiato e preparato nei minimi dettagli, nonché proposto in un formato decisamente moderno ed emozionante.

Come se fosse una partita, come se fosse un’analisi tecnica delle tante in cui provo a cimentarmi da ormai diversi anni, come se fosse un’intervista ad uno dei grandi protagonisti del basket europeo: ecco la recensione di Eurodevotion, nei cinque abituali punto di questo sito.

LA STRUTTURA

Moderna, si è detto, come i grandi prodotti ESPN in un susseguirsi di crescenti emozioni che danno una piena dimensione di continuità a tutto l’insieme. Ciò che piace di più è proprio la capacità di mantenere assai attuale tutto quanto raccontato: è come se fosse successo ieri e ti coinvolge al punto che talvolta ti chiedi quale sarà l’esito delle immagini successivamente proposte. Chi ama  questo gioco, in Italia e non, conosce i minimi dettagli di quell’impresa. A caso e senza far torto a nulla o nessuno, la schiacciata del “Menego”, le forzatura di Myers all’esordio coi croati, la tripla di Abbio piuttosto che la sua stoppata su Danilovic, la rubata di Bonora, il Gregor che sale in cattedra dominante… Istantanee nitidissime di un’era dorata del nostro gioco che abbiamo poi rivisto solo ad Atene. Impossibile dimenticare, ma ancor più impossibile non rivivere quel pathos grazie ad un montaggio eccellente che alterna il momento agonistico al racconto dei protagonisti, in un’altalena di intensità che ti tiene attaccato allo schermo. E tornando al discorso di ESPN, per chi si è nutrito a lungo dei celeberrimi “30for30” mi sento di affermare che il fattore straordinario di questo prodotto sta nel fatto che in un mondo di “storytelling” talvolta abusato (sia chiaro, ce n’è di eccezionali come Federico Buffa), vi è la capacità di raccontare una storia in modo assai coinvolgente rendendola oggetto di trattazione diretta da parte dei protagonisti. Fattore unico.

IL RITMO

E’ la chiave della grande qualità. Dalle quiete acque del mare di Francia inizia un viaggio che aumenta di intensità progressivamente e che ti fa sentire e vivere in modo assai coinvolgente ogni passaggio di quell’estate straordinaria. Le stesse parole dei giocatori, del coach, dei dirigenti e dei giornalisti sembrano crescere col progredire dei giorni. E’ fondamentale poiché offre un’alternanza di sensazioni che non ti danno tregua,  senza alcun bisogno di restare sempre ad intensità troppo alta, che poi è un po’ il vero problema di tanti racconti di sport odierni. I commenti, spesso semplici flash, dei protagonisti, con la sola eccezione di Tanjevic che si dilunga, giustamente, un po’ di più, sono fondamentali per mantenere alta l’asticella del ritmo.

I PROTAGONISTI

«Nessuno ha recitato», parola dell’autore, ed è verissimo. Ognuno dei soggetti che ci accompagnano nel racconto offre la miglior visione possibile di chi è e di chi era. Il tutto si fonde nell’ultima affermazione del “Baso”: «Ok, ma adesso godetevela la vita». Andrea è Andrea, quello che non te le manda mai a dire, straordinariamente sincero anche nel descrivere gli alti e bassi di un rapporto molto personale come quello con papà Dino. Davide Bonora è riflessivo e ragionatore come è sempre stato in campo, mente cestistsica sopraffina come già lo conobbi,  poco più che bambino, in un lontano torneo “allievi” nella provincia patavina. Boscia è Boscia, il maestro. Unico e  chiaro nel trasmettere concetti e messaggi, diretto nel raccontare cosa va e cosa non va, mai timoroso che la verità possa creargli un problema. “Picchio” Abbio si emoziona ancora oggi. Il “Baso” è più lui che mai e forse con questa testimonianza ci spiega, meglio di mille prodezze che abbiamo applaudito, il concetto di “tiri ignoranti”: non c’è nulla di ignorante, anzi, c’è solo da alzarsi in piedi. Carlton è forse quello che appare televisivamente meno accattivante, ma dice sempre la verità, aprendosi a tutti noi senza nascondersi, anche quando parla dello stimolo arrivato dalle critiche feroci, dal “timeout” sotto attacco di Tanjevic e dal momento nerissimo post eroismi perdenti con la Croazia. Zeljko Obradovic non smentisce la sua natura di vincente: a distanza di 20 anni non riesce a ricordare troppo gradevolmente una sconfitta, parola che non è esattamente una delle più frequentate dalle sue parti. I giornalisti stessi danno l’idea di essere parte di quella spedizione magica: con un po’ di nostalgia posso dire che era più semplice quell’unità di intenti grazie alla competenza assoluta di chi raccontava il basket allora, gente che scriveva del gioco perché conosceva il gioco.

LE EMOZIONI

Parigi 1999 è come Atene 2004, o come Nantes 1983 piuttosto che Mosca 1980: indimenticabile. Vi sono momenti che nessun innamorato del gioco può dimenticare ed ognuno si è creato un’immagine chiara che gli ricorda qualcosa di quell’estate unica. Personalmente la penetrazione chiusa con bimane da Andrea Meneghin rappresenta lo straripante talento di quello che ritengo l’azzurro migliore degli ultimi 30 anni, cui associo oggi Gigi Datome, che ha la sola sfortuna di essere nato in un’epoca di azzurro sbiadito. Questo documentario (ma sarà giusto chiamarlo così?) permette ad ognuno di noi di rivivere il momento della memoria personale e di arricchirlo con qualcosa che avevamo parzialmente dimenticato e che invece ritroviamo con piacere e grandissima emozione. Le parole di chiusura provocano un sussulto emotivo importante e l’occhio lucido non è nulla di cui vergognarsi, anzi. Viviamo per quello.

L’AUTORE

Ok, sono di parte? Non so cosa voglia esattamente dire, ma magari lo sono. Conosco Ale dagli anni ’80 e posso tranquillamente dire di essere estremamente fiero di averlo avviato verso una carriera nel basket, dal campo al giornalismo, assolutamente scintillante. In tanti hanno imparato ad apprezzarlo negli anni, per tanti motivi che vanno dalla competenza di altissimo livello (a 12 anni ti chiedeva il perché di un esercizio in allenamento ma lo faceva sempre con il massimo rispetto verso un allenatore che in fondo aveva pochi anni più di lui) ad una passione che è sconfinata. E’ giornalista che sa come proporsi al pubblico ma la cosa più straordinaria è che il suo modo di fare è esattamente lo stesso che ha se ci chiacchieri da amico di fronte ad una birra, piuttosto che al campetto. Ale è così e non lo cambierai mai, grazie a Dio. Lavoratore instancabile, umilissimo nel rivolgersi ad ogni interlocutore sapendo di poter cogliere qualcosa che arricchisca la sua conoscenza, disponibile e rispettoso con tutti, il suo sorriso è sempre naturale. Il prodotto che ha confezionato lo rispecchia totalmente soprattutto in una caratteristica che non va per nulla sottovalutata: c’è la sua firma di innamorato del gioco senza che compaia una sua sola immagine o si possa udire una sua sola parola. Sono certo sia semplicemente  l’inizio di un lungo cammino e so che il prossimo progetto che sta completando sarà ancora migliore, in qualunque forma verrà prodotto (no spoiler). La crescita giornalistica dai tempi della prima Final 4 NCAA è continua e vive di passione, etica lavorativa ed una competenza che si mette in discussione quotidianamente. Non so, e non mi interessa saperlo, se sia giudizio esagerato o meno: “Parigi 1999 : Vent’anni dopo” è un capolavoro di emozioni ed il merito è assolutamente di chi lo ha prodotto in questa forma.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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