Mercato e regolamenti. L’Olimpia Milano e le turche (pt 2)

Il condizionamento dei regolamenti nella costruzione dei roster in Italia e Turchia

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La seconda parte del nostro approfondimento regolamentare in merito all’utilizzo di giocatori indigeni all’interno di una lega, si sofferma sul campionato turco e su quello italiano. Le squadre coinvolte sono tre: Fenerbahce, Anadolu Efes ed Olimpia Milano. La Basketbol Süper Ligi e la LBA sono accumunate da un forte “assistenzialismo” verso i prodotti autoctoni. La Turchia infatti obbliga i club ad inserire sette giocatori locali a roster, invece l’Italia il 50% degli atleti a referto (sei per squadre di dodici, cinque per team di dieci). La costruzione dei vari team che prendono parte alla massima kermesse europea non può prescindere dalla presenza massiccia di giocatori indigeni. Il risultato è spesso la nascita di roster allargati con gli stranieri spesso protagonisti in Turkish Airlines Euroleague, vista la tendenza dei giocatori italiani e turchi di valore di giocare all’estero. Curioso, in tal senso, come Melli e Datome, due dei big nostrani, giocassero nella stagione 2018-19 proprio alla corte di Obradovic al Fenerbahce. Utilizzando i classici cinque punti di analisi di Eurodevotion proviamo ad approfondire la situazione.
FORMAZIONE ITALIANA: LBA obbliga tutte le squadre ad avere almeno la metà dei tesserati a referto di formazione italiana. Ma come si acquisisce? La formazione italiana è un requisito di natura tecnica. Tutti gli atleti di qualsiasi cittadinanza la possono conseguire. Nel settore maschile esistono due modi per ottenerla: il primo è la partecipazione per quattro anni, anche non consecutivi, a campionati giovanili organizzati dalla FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) giocando almeno quattordici gare. La seconda è l’iscrizione a referto in una sola gara con la Nazionale Senior in una partita di qualificazione o fase finale di un campionato Europeo, Mondiale od Olimpiade. Un iter decisamente più complesso rispetto al campionato spagnolo.
DECRETO CRESCITA: la presenza di giocatori indigeni di livello è condizione fondamentale per la costruzione di una squadra che possa essere la più possibile omogenea senza differenziazioni di sorta tra competizioni interne ed europee. Analizzando con attenzione il panorama italiano la domanda è sempre la stessa: quanti sono i giocatori azzurri che realmente potrebbero fare la differenza in Euroleague? O comunque avere un ruolo importante? Pochissimi. Irraggiungibili i due giocatori NBA Gallinari e Belinelli, l’Olimpia Milano ha provato a corteggiare Datome e Melli, gli altri due, insieme ad Hackett, protagonisti da anni sui massimi palcoscenici. Corteggiamento che non ha portato a risultati nonostante il “Decreto Crescita”, decreto legge n.34 del 2019 convertito in legge n.58 del 2019. Normativa che prevede l’esenzione ai fini Irpef del 70% dei redditi di lavoro percepiti dai lavoratori italiani e stranieri che sono stati residenti due anni all’estero e che si trasferiscono impegnandovi a rimanerci almeno un biennio. Una possibilità sicuramente vantaggiosa che non ha aiutato l’Olimpia a riportare in Italia i due gioielli.
BROOKS/DIXON: i due giocatori, di maggiore impatto in Eurolega, tra Fenerbahce, Anadolu ed AX Milano sono due americani. Jeff Brooks ha acquisito nel 2017 la cittadinanza italiana a seguito di un matrimonio mentre Bobby Dixon, ora Ali Muhammed, ha preso il passaporto turco nel 2015. Entrambi gli atleti hanno giocato nelle rispettive nazionali.

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TURCHI: eccezion fatta per Balbay dell’Efes e Duverioglu e Mahmutoglu per il Fenerbahce che hanno avuto un impatto importante per il proprio club, gli altri tesserati turchi hanno collezionato la miseria di 278 minuti in tutta la campagna europea. Dati che dimostrano che non sempre l’erba del vicino sia più verde e che il mancato utilizzo, a volte, anche di italiani sia legato al livello probabilmente troppo alto in Eurolega.

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IL CASO “EGEHAN ARNA”: Arna, per chi non lo sapesse, è salito alla ribalta della cronaca per aver segnato, in una partita del campionato turco, con la maglia del Fenerbahce, 51 punti contro i modesti avversari del Sakarya che, causa problematiche finanziarie, ha schierato giocatori dilettanti. L’elemento però interessante riguarda la carriera di questo giocatore. Classe 1997 è da ormai quattro stagioni alla corte di Obradovic, dove ha collezionato in tutto solo un’ottantina di presenze di pochissimi minuti (solo 11 in Eurolega). Partendo dal presupposto che è un giocatore cresciuto nella “cantera” di Istanbul, quali sono le motivazioni che possono spingere un procuratore a non portare un atleta di quella età da un’altra parte? Una remunerazione importante? L’opportunità di potersi allenare quotidianamente alla corte di Obradovic, con tanti campioni? Ma soprattutto il tessuto dei procuratori italiani si comporterebbe allo stesso modo nel percorso di valorizzazione di un suo assistito? Domande interessanti anche per capire il comportamento dei procuratori, veri attori protagonisti, come giustamente osservato da Bianchini, soprattutto nella Lega Italiana.

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Italiane e turche, squadre che anche per la prossima stagione dovranno inevitabilmente appoggiarsi ai talenti stranieri per rimanere ad alti livelli.

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