Don’t touch my Fener !

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Perché la squadra di Koc, Ozsoy, Gherardini ed Obradovic è un’organizzazione al vertice europeo e lo sarà ancora a lungo.

 

La logica del risultato, correttamente spietata, ha dato il suo verdetto: non sono “zero tituli”, per dirla alla Mourinho, ma la sola Coppa nazionale di Turchia non può essere sufficiente per un club sempre più ambizioso ed ormai da almeno un lustro iscritto a pieno titolo all’élite del basket europeo.

Ma quella logica del risultato non potrà mai contrapporsi validamente a quella della cultura lavoro e della reale valorizzazione di un percorso tecnico con obiettivi di competitività che si legano molto spesso a fattori esterni incontrollabili.

Coach, a 40 ore dalla sconfitta avrai sicuramente analizzato a fondo la gara e ti sarai fatto una chiara idea dei fattori che l’hanno provocata, a partire dai vostri errori. Cosa mi dici a riguardo? «Sicuramente abbiamo giocato una grande gara, che per certi versi avrebbe meritato la vittoria, ma siamo mancati da una parte in alcuni dettagli che avremmo dovuto gestire meglio e dall’altra in alcune cose che appartengono a quella sfera di situazioni che non sono da noi controllabili. Contro quelle non possiamo farci nulla, se non continuare a lavorare seriamente secondo i nostri principi e fare una valutazione finale sul lungo termine».                                                                                                                  E’ domanda rivolta ad un  allenatore come Pablo Laso, sconfitto in una gara di semifinale di Eurolega giocata molto bene in cui ha prevalso il CSKA per qualche dettaglio. Vittoria russa meritata, sconfitta spagnola immeritata… ma lo sport è così, spesso.

Vale per tutti i migliori coach ed allora, tornando all’argomento Fenerbahçe, che cosa si può dire di una stagione come quella appena conclusa con la sconfitta in grado 7 di finale contro l’Efes, già vincitore della semifinale di Turkish Airlines Euroleague?

Si può dire una cosa sola, ovvero grande stagione chiusasi nel peggiore dei modi dal punto di vista dei risultati per una serie di motivi legati agli infortuni che vanno valutati nella loro totalità, senza tralasciare il fattore sfortuna ma entrando nel dettaglio di ognuno di essi per capire se siano stati commessi errori che possono averli causati o prolungati. Perché deve essere molto chiaro un concetto base: sino alla fine di marzo il Fenerbahçe è stato di gran lunga la miglior squadra d’Europa come gioco, risultati ed organizzazione.

Partiamo da qualche numero che caratterizza la gestione Obradovic (dal 2013/14) e che ci rende l’idea del livello organizzativo e della crescita del club.

In 6 stagioni di Eurolega è mancata la qualificazione alla postseason solo nella prima, dopodiché vi sono state 5 serie Playoff tutte vinte (record 15-2) e relative partecipazioni all’atto finale con 1 vittoria (2017), due sconfitte in finale (2016-18) e due sconfitte in semifinale (15-19). In totale 4 gare vinte e 6 perse durante l’atto conclusivo della manifestazione. In regular season il record complessivo è 88-32, suddiviso in 64-26 nella nuova era e 24-6 nelle tre stagioni precedenti. La TOP 16, giocatasi sino al 2015/16, ha registrato un record di 28-14. In totale, in sei anni di campagna nel massimo torneo continentale il Fenerbahçe ha vinto 135 partite, perdendone solo 54, il che equivale al 60%. Il tutto senza contare 4 campionati turchi, 2 Coppe Nazionali e 3 Coppe del Presidente.

fenre f4

Basterebbero questi numeri  parlare di grandezza assoluta, ma, come nella vita, ciò che accade oggi è spesso in grado di mettere in discussione tutto quanto fatto fino a ieri. Logica crudele, ma soprattutto globalmente assai miope, se è vero che una palla che danza sul ferro può portare a giudicare positivamente o negativamente il lavoro di mesi. Ed è logica a cui non ci piegheremo mai, da innamorati del gioco e dei suoi valori.

Il primo che però tiene in altissima considerazione questa logica è però Coach Obradovic, un uomo che lavora per essere il primo in ogni cosa che fa, ed ogni compito che svolge lo fa con l’entusiasmo e l’amore per la pallacanestro che contraddistingue i bambini al primo confronto col pallone. Non c’è nulla di più bello e più genuino.

Ed allora, perché la stagione del Fener si è conclusa così?

E’ tutto molto chiaro. Da marzo in poi almeno sette-otto giocatori hanno affrontato guai fisici di importanza più o meno decisiva. Tra chi non si è più visto (Lauvergne) a chi ha dovuto alzare bandiera bianca più avanti (Datome) seppur eroicamente presente in seguito durante la finale nazionale, a chi quella bandiera bianca l’ha alzata solo all’ultimo atto turco (Vesely e Green) per arrivare a chi aveva guai all’apparenza minori ed ha quindi partecipato alle gare decisive della stagione, nonostante una condizione assai approssimativa (Melli, Guduric, Kalinic, Sloukas).

lauvergne

Mai nessun lacrima, solo qualche rimpianto per non essere arrivati all’appuntamento finale al meglio, tuttavia un orgoglio ed un’organizzazione che non si sono mai arresi, se non di fronte alle superpotenze europee  in occasione delle finali.  Che poi, quella superpotenza è stata solo l’Efes, i grandi rivali travestititisi da giustizieri e titolari, comunque, di un significativo 9-6 nei confronti stagionali. Questa si chiama cultura sportiva costruita col lavoro e la dedizione. 

I meccanismi perfetti in attacco e difesa ammirati per mesi hanno portato ad un record al momento storico in Eurolega, perché 25-5 è roba da rileggere con rispetto tra tanti anni. La scarsa forma dovuta agli infortuni di quasi tutti i protagonisti principali non ha inceppato il meccanismo, anzi, tuttavia la sovraesposizione di atleti non al 100% ha reso vano lo sforzo contro i rivali più accreditati. Basti pensare che appena chiusa la stagione, gli interventi di “pulizie chirurgiche” si sono sprecati (Melli e Datome, solo per fare i due esempi più noti al pubblico italiano).

In pratica si tratta esattamente di quanto accaduto al CSKA lo scorso anno, quando dopo un dominio assoluto si ritrovò a Belgrado non più in grado di volare a causa delle ali spezzate di Hines e De Colo. E’ parte del gioco, ci diranno tutti, i protagonisti, lo sappiamo, risponderemo noi, ma resta la crudeltà di un muscolo, un’articolazione od un osso che in pochi attimi possono smantellare, almeno all’apparenza, il lavoro di mesi, anche anni. E’ così anche in altre situazioni della vita? Certamente, ma non abbiamo la presunzione di trattare altro che non sia la palla che rimbalza sul legno duro. Sicuramente però, ciò che abbiamo imparato è che dare giudizi che si basino sulla mera attualità del risultato non è cosa corretta, nemmeno per chi scrive. E conoscendo sempre più protagonisti di alto livello questa convinzione cresce  e si consolida. Nella fattispecie vedere un allenamento di Obradovic e del suo Fenerbahçe è una benedizione. Ammirare la precisione e la cura di ogni dettaglio è una gioia per gli occhi ed il cuore. Ascoltare la competenza, la tranquillità e la sicurezza, mai senza umiltà, con cui Maurizio Gherardini ti parla di basket, del “suo basket”, e di come lo vuole organizzato e gestito, è una lezione importantissima. Discutere di situazioni tecniche con Gigi o Nick è un privilegio che ti apre la mente. Ed allora non sarà certo un risultato negativo a toglierci la luna, quel ditino lo sopravanziamo con grande e fortunata facilità.

Quindi il Fenerbahçe, un grande club gestito da professionisti di spessore mondiale, la prima cosa che ha fatto è stata cercare di capire il perché di tali eventi e come poterli evitare nella prossima stagione. Vi sono state manchevolezze dal punto di vista medico? Probabile. Un club serio non lo dirà mai, giustamente, ma ci lavora. Si è sottovalutata l’importanza dell’infortunio di Tyler Ennis a novembre, sostituendolo con un giocatore di consolidata esperienza europea ma non in grado di supportare Sloukas nel ruolo di pointguard? Nel nostro piccolo è dubbio che ci assalì subito sul finire del 2018 e forse il finale di stagione “a pezzi” del grande Kostas ci fa pensare che tanto lontani dalla realtà non eravamo.

Che si fa allora? Si conferma gran parte di  un roster validissimo attraverso rinnovi e conferma importanti e si lavora sui fattori da migliorare.

sloukas ...

Che vuol dire gestione in crescita dal punto di vista medico e ricerca sul mercato di un profilo di 1-2 in grado creare dal palleggio, che sappia attaccare con punti nelle mani. Il tanto ventilato arrivo di De Colo è già garanzia di permanenza ai vertici. Altri nomi molto importanti sono sul taccuini della dirigenza della sponda asiatica di Istanbul: mercato mirato, competente ed incisivo. E se accade che Nick vada a far coppia con Zion c’è un’ulteriore esigenza e questa sarà coperta anche attraverso le considerazioni che riguardano Joffrey Lauvergne, la cui caviglia pare non voler smettere mai di gonfiarsi.

nick

Si aggiunge Guduric a Memphis? E’ un problema, certo, ma pure questo si gestisce perfino con un certo spirito di soddisfazione, perché se così tanti giocatori di Zele e del suo Fenerbahçe attraggono le franchigie NBA, una ragione ci sarà. E questa ragione ha le sue radici tra Caçak e Forlì, per fondersi oltre il Bosforo.

bogdanovic

Se #fromfenertonba è ormai prassi consolidata, #cometofener è trend topic più che giustificato: chi non vorrebbe giocare per Zele, sotto l’esperta guida societaria di Maurizio e con la spinta di un popolo di 9 milioni di tifosi che, nelle parole dello stesso Gherardini «ci ha fatto sentire a casa anche al Barclay Center di Brooklyn»?

 

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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