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Play, pivot e il movimento (fondamentale) senza palla in Eurolega.

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Cari lettori di Eurodevotion,

Era da un po’ che non ci sentivamo, che non condividevo opinioni e analisi con voi, ma ho seguito tutto da spettatore attento, partendo dalle vicende della bellissima stagione di Eurolega per arrivare ai vostri commenti puntuali e ricchi di spunti interessanti.
Oggi torno a scrivere dopo qualche mese e vorrei trattare un tema che prende una fetta importante di attenzione del pubblico amante della palla a spicchi, ovvero il ruolo dei piccoli e dei lunghi nella pallacanestro moderna, approfondendo l’impatto che questi hanno in EL.
La premessa è scontata e riguarda le due posizioni che sono agli antipodi: infatti, tra il playmaker (termine ormai quasi obsoleto) e il pivot ci sono tre giocatori di mezzo che sono fondamentali affinché ci sia la migliore comunicazione possibile tra 1 e 5. In Italia, quando c’era la possibilità di avere solo due giocatori extracomunitari, gli allenatori sceglievano proprio un piccolo e un lungo per strutturare nel miglior modo possibile le colonne portanti della tattica. L’evoluzione del gioco ha aiutato e sviluppato questa filosofia con il Pick&Roll, forse la giocata più conosciuta ed esaltata della pallacanestro, a punto tale da aver spostato il focus su un’idea stereotipata che togliesse attenzione e rilevanza a quei movimenti che sono da sempre il cuore della pallacanestro, quelli lontano dalla palla.
Nell’evoluzione di questo gioco, è davvero incredibile come si sia raggiunto un livellamento tra piccoli e lunghi in termini di impatto sul campo, dove il concetto del playmaker non passa per i centimetri di altezza ma per l’intelligenza cestistica sul campo da gioco. A questo proposito, viene spontaneo il collegamento con i Golden State Warriors, squadra con una filosofia cestistica che va oltre ruoli e posizioni, facendo del movimento senza palla la vera forza e permettendo a lunghi e piccoli di sfruttare le proprie caratteristiche senza i fardelli di posizioni ed etichette.
Fatta una breve esegesi della mia idea di pallacanestro, vengo ad analizzare l’impatto di lunghi e piccoli in Eurolega, portando esempi virtuosi ed esempi viziosi.
L’Olimpia Milano, ad esempio, è stato un caso di pallacanestro viziosa, dove non c’era una vera e propria comunicazione tra i lunghi e i piccoli e le tre posizioni che dovevano fungere da link tra play e centro sono risultati assenti e statici, generando un sistema di gioco che non permetteva ai due ruoli cardine di esprimersi col migliore potenziale possibile. L’impatto di James sul torneo è stato a dir poco devastante, ha messo in crisi il 90% delle difese avversarie, ma ha tolto anche ai propri compagni, lunghi in particolare, la possibilità di portare un contributo sostanzioso alla causa.
Un impatto virtuoso, nonostante la sconfitta, è stato quello del Fenerbahçe: un modello di pallacanestro basato sul movimento e la circolazione di palla che esalta il gioco dei 5 giocatori, lasciando i giusti spazi e tempi alle giocate che coinvolgono direttamente lunghi e piccoli, aumentandone le possibilità di riuscita.
Sembrerà paradossale, ma il successo del play e del centro è spesso determinato dal movimento della guardia e delle due ali, fondamentale per dare l’occasione a 1 e 5 di dialogare efficacemente.
Nell’Eurolega di oggi, a mio avviso fortunatamente, non puoi prescindere dalla vittoria se non hai un lungo forte e un sistema che preveda movimento continuo e intelligente. La figura del giocatore piccolo si sta trasformando, andando a coprire delle caratteristiche maggiormente da Point Guard che da playmaker (vecchio stampo), ma la lega di Bertomeu ci sta fornendo ancora modelli vincenti con piccoli “ragionatori”.
Un apprezzamento che faccio è al sistema di gioco che rende tutto più semplice e piacevole, mettendo da una parte il faro sul gioco e sulle giocate degli 1 e dei 5, ma lasciando la consapevolezza della bellezza e dell’armonia del gioco dei 5 sul campo, in particolare modo di chi è sempre pronto ad aiutare il lavoro dei compagni di squadra.
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