Il cuore degli Splash Bros spegne Toronto: le Nba Finals tornano nella Baia

Con o senza Kevin Durant, le Nba Finals restano vive. Curry e Thompson cancellano Leonard e rimandano il verdetto alla Oracle Arena.

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Emozionante. Senza fiato. Testimonianza di quanto il basket sia lo sport più bello, crudele e selvaggio del mondo. Il quinto atto delle Nba Finals 2019 potrebbe essere sintetizzato al massimo con queste parole. Eppure oltre questi tanti, troppi aggettivi, è una serie che si rivela essere dannatamente viva.

Da cogliere sotto ogni sfaccettatura, analizzando all’estremo tutti i dettagli, calcolando al massimo pathos ed ogni situazione che potrebbe ammazzare definitivamente o meno la partita. 48 minuti di una bellezza stordente, ammorbante, che consegnano agli Warriors di giocarsi un ultimo ballo nella loro casa, la Oracle Arena, in una gara-6 che si annuncia storica e dannatamente elettrica.

Intanto, però, ci sono da raccontare questi 48 minuti vissuti alla ScotiaBank Arena, che leggitimano il cuore e l’orgoglio dei campioni da una parte e la voglia di essere presenti contro ogni difficoltà da parte dei vinti. Un 106-105 finale, che influisce notevolmente per la serie dal punto di vista emotivo,  analizzato come di consueto con  nei 5 punti targati Eurodevotion.

Il boomerang del tiro da tre: incidenza ed impatto devastanti

Golden State imprime la sua sfida con il suo marchio di fabbrica. Toronto reagisce tardi dalla distanza con il solito killer instinct di Kawhi Leonard e gli attributi dello stoico Fred Van Vleet.

La squadra di coach Kerr fa malissimo dal perimetro ed è incontenibile per tutta la partita con tutti i suoi interpreti. Da Steph Curry a Klay Thompson, passando per DeMarcus Cousins, l’iniziale contributo del rientrante Kevin Durant e i vari membri del supporting cast forniscono una prestazione da 20/42 da dietro l’arco contro il misero 8/32 del team canadese.

Doveva essere la partita della vita per i 2 volte campioni Nba e così si è rivelata essere anche quando tutto sembrava incredibilmente perduto. La forza delle idee e dei campioni si vede sopratutto quando si è incredibilmente intrappolati nelle sabbie mobili e con un guizzo si schizza fuori dalle difficoltà.

Kevin Durant: protagonista deficitario delle Nba Finals

Era la sua gara. Era chiamato a confermare il destino del mondo cestistico d’oltreoceano dopo i due incredibili titoli di Mvp delle Finali inanellati con i Warriors. Kevin Durant è stato per certi versi il protagonista principale della sfida.

Il rientro lampo dall’infortunio al polpaccio sembrava essere la pietra tombale di una serie che stava ufficialmente per (ri)cominciare. 12 minuti di onnipotenza cestistica in movimento con 11 punti messi a segno e un solo errore dal campo, stavano confermando ancora una volta il verdetto della vigilia. Poi, di nuovo una fitta lancinante al polpaccio, l’uscita dal campo tra gli applausi del pubblico canadese in compagnia di Iguodala e Curry a sorreggerlo.

Domani sapremo le sue condizioni fisiche dopo l’esito della risonanza magnetica, ma una cosa è certa. Sarebbe stata “serie nella serie” ancora una volta più bella di quanto già ammirato nei primi quattro capitoli.

DeMarcus Cousins: croce e delizia di un meccanismo in ripresa

Riscatto. Ultimo jolly da potersi giocare al jackpot delle Nba Finals. La missione e l’obiettivo principale della stagione di DeMarcus Cousins sono riassunti in queste due semplici frasi.

Il big man ex Pelicans, però, per larghi tratti del match sembra essersi svegliato dal periodo di appannamento visto tra gara-3 e gara-4 ad Oakland, dando la sensazione di voler davvero contribuire con tutta la volontà del mondo alla leggenda del threepeat dei Warriors.

Mettendo da parte il dubbio canestro annulato sul 100-103 per i Raptors, e il blocco in movimento avvenuto nel penultimo possesso dell’incontro, il gigante californiano fa registrare una prestazione da 14 punti e 6 rimbalzi in 20′ di utilizzo, mettendo fuori dalle rotazioni Bogut e lanciando un forte segnale al coaching staff degli Warriors: anche io sono dei vostri in questa serie.

Curry e Thompson: mai sottovalutare il cuore dei campioni

La copertina di gara-5 è tutta per il loro. Il core dei Warriors: Steph Curry e Klay Thompson.

Dal loro talento viene propiziato il 9-0 che riapre la serie e chiude il quinto capitolo delle Nba Finals, uscendo fuori alla lunga con più cuore e orgoglio degli altri 8 (forse 7) protagonisti presenti sul parquet.

57 punti in due, conditi da 14 rimbalzi e 11 assist in quasi 42 minuti di gioco per entrambi i protagonisti, rimandano tutti i discorsi nella propria casa della Baia, legittimando che il pedigree dei campioni si acquista con sudore, fame, fatica e mentalità.

Abbiamo accennato che la partita pivotal della serie è stata gara-4, ma questa gara-5 con il loro carattere silenzioso ma allo stesso tempo moralmente spaccaginocchia ha deciso di far sorgere nuovi interrogativi su cosa ci aspetta in gara-6.

Toronto, le Nba Finals non sono un gioco: Nick Nurse ha tanto da recriminare

Primo match-ball sulla racchetta sciupato dai dettagli che fanno la differenza. Un tiro libero in più di uno straordinario Kawhi Leonard (26 punti e 12 rimbalzi in 42′) o di un ottimo Marc Gasol (17 punti e 8 rimbalzi) potevano impattare l’incontro, ma non è stato sicuramente questo il punto su cui i Toronto Raptors dovrebbero concentrarsi maggiormente in gara-6.

A questi livelli conta chiudere le partite. In attacco e in difesa contro una squadra vincente come i Golden State Warriors coach Nick Nurse non deve fare calcoli. Non deve mollare neanche per un secondo le stelle avversarie sia in attacco, sia in difesa, non concedendo spazio alle emozioni o agli errori che possono costare caro.

Migliore gestione della palla nei momenti concitati da parte di Kyle Lowry, ritrovare il Pascal Siakam di gara-1 e l’incisività di Danny Green dal perimetro potrebbero essere cruciali per il team canadese per poter chiudere la serie a Oakland nella notte tra giovedì e venerdì.

La storia recente ci insegna che il 3-1 in favore dei Warriors fu ribaltato dai Cavaliers di LeBron James nel 2016. Draymond Green ci ha messo il tarlo nella testa prima di gara-5 e dopo questi 48 minuti lo spettro del pareggio si avvicina. Tre giorni e sapremo il destino delle Nba Finals. Intanto, tutta questa magia sembra non voler finire mai…

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