Speciale What The Fact – Olimpia Milano fuori dai Playoff: viaggio nei perchè.

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Passo avanti o fallimento? Realtà o delusione? Infortuni o alibi? Super attacco o pessima difesa? Staff tecnico giustamente sotto accusa oppure la solita Milano “mangiallenatori”?

Il dibattito impazza tra commentatori e tifosi. La stagione di Turkish Airlines Euroleague si è chiusa con un’amarissima eliminazione per la squadra di Pianigiani.

Abbiamo provato a separare qualche situazione che ci pare più significativa di altre e che può essere letta in modi differenti. Non è questione di bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma semplicemente di analisi tra numeri, tecnica e psicologia applicabili alla squadra biancorossa vista in Eurolega. Il dibattito continua.

 

Passo avanti?

UP – Quattro vittorie in più rispetto alla scorsa stagione e lotta Playoff sino all’ultima giornata. Lottare era l’obiettivo e lo si è fatto fino in fondo. Si die che non si può costruire la mentalità vincente in poco tempo.

DOWN – Vincere quattro gare in più con i giocatori a roster quest’anno (ed il relativo salto in alto del budget) era il minimo che ci si potesse aspettare. A meno che qualcuno non ci racconti che Mike James e Nemanja Nedovic valgono Jordan Theodore e “Drew” Goudelock. Efes e Barcellona dimostrano che in presenza di un progetto tecnico valido, il salto in alto (7 e 13 W in più rispetto allo scorso anno) si può fare sin da subito.

Jeff Brooks: valore aggiunto o dimenticanza?

UP – Jeff Brooks ha dato moltissimo in un ruolo in cui l’Olimpia faceva fatica ormai da tempo, quel “4” vero o presunto, interno o perimetrale che si voglia ritenere.

DOWN – “Ministro della difesa” senza portafoglio, ovvero senza aiuto dei compagni, l’ex sassarese ha spesso iniziato molto bene anche in attacco, per poi essere regolarmente accantonato da un sistema offensivo che quel ruolo lo considera solo come sponda per gli scarichi sin dai tempi di Banchi.

Attacco esplosivo?

UP – 87,27 punti segnati a partita, primato assoluto in Eurolega. 103,7 di Offensive Rating (punti per 100 possessi) che pone la squadra dietro solo alle prime quattro della classifica. Mettere punti referto non è mai stato un problema, né con le piccole né con le grandi squadre.

DOWN – L’intensità e la voglia di attaccare selvaggiamente in stile “early offense” nei primi secondi del possesso è andata in grande difficoltà contro chi ha capito, e lo hanno fatto quasi tutti da novembre in poi, che un raddoppio su James ed una chiusura della prima, più ovvia linea di passaggio avrebbe tolto quel ritmo offensivo tanto importante per i milanesi.

Arturas Gudaitis: perdita vera, ma i numeri…

UP  – Arturas Gudaitis è stato perdita fondamentale per la squadra. Con lui sarebbe stata tutta un’altra storia. Fino a quando è stato in campo, era certamente tra i primi 4-5 del ruolo. Omic non è stato sufficiente, peraltro firmato per ben altri motivi.

DOWN – Nelle prime 20 gare, con Gudaitis sempre presente, l’Olimpia era 9-11, ottava in parità con Baskonia e Maccabi, due sole vittorie soltanto sopra il 13mo posto del Khimki (7-13). Da lì in poi, con il lituano fuori, 5-5 il record, affrontando 5 delle prime 6 della classifica in queste 10 gare: 12mo posto per classifica avulsa e margine di 5 gare su quel 13mo posto degli orfani di Shved. Il +/- del centro e l’impatto quando in campo insieme a Mike James e Vado Micov sono stati molto negativi, come vi abbiamo già illustrato.

James Nunnally: colpo di mercato o delegittimazione del “professore”?

UP – James Nunnally è stata un’aggiunta straordinaria, il classico colpo Playoff nonché ottimo investimento anche per la stagione prossima.

DOWN – Arrivato lui, è pressochè sparito Micov, termometro totale della temperatura biancorossa. Lontano dai gossip che vedrebbero l’americano non esattamente in sintonia col duo serbo Nedovic-Micov, la realtà dice che l’inserimento dell’ex Fenerbahce è stato in linea con la stagione: quando ha fatto bene lo ha fatto da solo.

Tra resilienza individuale ed immobilità del staff

UP – A livello di punteggio la squadra non ha mai mollato, nemmeno in occasioni in cui si sarebbe potuto “darla su” come a Barcellona o Mosca (Cska). Resilienza e mentalità che vanno riconosciute ai singoli, mai disposti ad accettare l’arrivo delle betoniere avversarie.

DOWN – Tecnicamente la squadra è stata portata a scuola da quasi tutti i coach avversari. Le imposizioni altrui sono state regolarissime e molto raramente si è visto qualcosa a livello di reazione dalla panchina.

La difesa: uno scempio mai trattato

UP – Kaleb Tarczewski ha costantemente dato un’impronta migliore al settore peggiore del gioco milanese. Difficile trovare qualcos’altro di significativamente positivo.

DOWN – Ogni singolo possesso da inizio stagione. Una squadra senza idee e senza organizzazione che non ha mai saputo cosa fare sulle situazioni base del gioco di oggi, a partire dal p&r. Sono mancate la voglia individuale ed ogni tipo di contributo tecnico dell’allenatore a superare il deficit tecnico notevolissimo di quasi tutto il roster. Almeno curioso che non si sia pressoché mai udita una sola parola su questi problemi da parte del coach.

Mike James: solo o solista?

UP – Mike James è stato MVP di questa competizione sino a poche giornate fa. Il Forum in piedi che inneggia al campione è memoria recente. Il primo quarto di Madrid resterà nella storia come il migliore di un giocatore milanese nel nuovo secolo.

DOWN – Quando la squadra non ha avuto il contributo eccezionale del suo #2, è rimasto veramente poco da opporre agli avversari. Sistema offensivo troppo scolastico e scontato, tutto basato sulle individualità. E non solo di James.

Infortuni pesanti. Che hanno avuto anche gli altri…

UP – Giocare più di 20 gare in totale senza Nedovic e Gudaitis e restare in lotta per la postseason è assolutamente meritevole. Quello che sarebbe potuto essere non si potrà mai sapere, tuttavia è chiaro che si tratta di due individualità determinanti venute meno a lungo.

DOWN – Cosa dovrebbero dire il Khimki, il Baskonia o lo Zalgiris, solo per citare tre avversarie assolutamente massacrate dagli infortuni? In presenza di un sistema e di una solidità mentale di livello, le avversità si superano. Piangerci sopra regolarmente non fa che creare alibi, in primis nella testa dei giocatori. E mezzo alibi è già una sconfitta intera.

Simone Pianigiani e l’invidia dei suoi predecessori

UP – Simone Pianigiani ha portato l’Olimpia a competere per un traguardo che, Banchi a parte, non si è mai nemmeno sfiorato nell’ultimo decennio. Proseguire il cammino dovrebbe essere naturale continuità di crescita.

DOWN – Il coach senese ha avuto a disposizione quello che i colleghi precedenti neanche si sono sognati, in termini di talento e quindi economici. Altrimenti chiedete a Scariolo, allo stesso Banchi o a Repesa se le loro richieste di mercato hanno mai avuto lo stesso riscontro qualitativo e quantitativo di quelle del coach attuale.

La crescita tecnica, presunta tale?

UP – 8 partite iniziali in cui pareva che i difetti dei singoli potessero essere superati dal ritmo offensivo della squadra, che dava un poco di fiducia anche dietro.

DOWN – Da novembre in poi le squadre sono cresciute, Milano no. Oggi l’Olimpia gioca largamente peggio di quanto fatto ad inizio stagione, a tutti i livelli.

Le rotazioni, tra certezze ed esclusioni totali

UP – Fissare le rotazioni e mandare un messaggio chiaro alla squadra su ciò che si chiede è solitamente basilare. Pianigiani non ha guardato in faccia nessuno ed ha puntato su quelli che gli davano le garanzie che chiedeva.

DOWN – Escludere totalmente dalle rotazioni almeno 4 uomini è stata un scelta che ne ha causato lo scarsissimo rendimento anche in campionato. Si è rinunciato alle alternative togliendo ogni tipo di stimolo a chi ha fatto dell’asciugamano il compagno di squadra più vicino in Europa. Ora il rischio si chiama LBA, nonché voglia di andarsene in caso di conferma dello staff.

Dairis Bertans e quell’addio mai valutato abbastanza

UP – Dairis Bertans ha lasciato la squadra da secondo miglior tiratore dall’arco di tutto il continente che conta, sebbene in un contesto di utilizzo limitato.

DOWN – Sarebbe bastato leggere le statistiche avanzate per capire che uno come il lettone non si deve mai e poi mai mollare così facilmente. Dai plus/minus all’impatto nelle composizioni di quintetto e di coppie di reparto, il giocatore è sempre stato al top. Oltretutto in un ruolo che ogni squadra vuole assolutamente, fondamentale nella pallacanestro moderna.

Il mercato e le scelte

UP – La società ha dato carta bianca all’allenatore, seguendone le richieste basate sul suo credo tecnico. L’addizione di Nunnally ha dimostrato che l’appoggio c’è sempre stato, come peraltro in passato, sebbene qualitativamente in modo inferiore.

DOWN – Qualcuno Omic l’ha scelto, l’ha voluto e l’ha profumatamente pagato. Qualcuno (lo stesso?) ha scelto di non intervenire sul mercato dopo l’infortunio di Nedovic, indicato dal coach come la ragione principale delle difficoltà. Ma se Nedovic era così importante, perché l’immobilismo in quella fase di mercato? Delle due, una soltanto. Ci sono responsabilità cui non è possibile sottrarsi.

 

Tante domande, diverse certezze, la possibilità di analizzare la cosa in modi differenti. La stagione milanese al capolinea europeo ha molteplici sfaccettature che ognuno di noi può valutare come meglio crede, almeno sino ai numeri ed al campo,  che non mentono mai.

Certamente vi è una cosa che sarebbe peccato mortale e reale fallimento: ricominciare da capo smantellando una squadra che ha diversi asset positivi e fondamentali, se trattati con dovizia di attenzione e tecnica dallo staff. L’unico interrogativo per noi resta quello. Non è poco ed andrebbe risolto con tanto.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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