Pitino e Calathes: è spettacolo Panathinaikos. L’Olimpia crolla

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La grande attesa è finita, come forse le speranze milanesi di giocare i playoff.

Il Panathinaikos domina in lungo ed in largo la gara di Desio e si guadagna sostanzialmente il pass per la postseason con una prova perfetta.  L’orchestra è diretta da un campione di levatura assoluta come Nick Calathes. Tutto secondo programma per i “greens”, che applicano alla lettera il piano partita di coach Pitino con pochissimi passaggi a vuoto ed un controllo trasversale lungo i 40 minuti.

Un Real “distratto” dalla Liga Endesa che ha abbandonato la corsa al primo posto ed un Buducnost che vale il giusto sono le prossime avversarie ateniesi: salvo grossi stravolgimenti il Pana sarà ai Playoff, affrontandoli non certo da vittima scarificare. Per l’Olimpia la montagna da scalare è ora notevole: l’Efes già quarto può essere malleabile, ma il miracolo servirà giovedì al Forum. Il Fenerbahce che necessita di una W per blindare il primato è obiettivamente battibile dalla squadra vista ieri sera, la stessa che è 0-11 con le prime tre in era Pianigiani (0-17 globale nel nuovo formato di Eurolega)? Difficile rispondere sì.

Mike James, prendere o lasciare

Pessima gara del fenomeno di Portland, sia tecnicamente che per atteggiamento. Non vi sono dubbi e sarebbe sbagliatissimo non sottolinearlo. Altrettanto ovvio che la polemica riguardo le scenate viste ieri sera possa montare, ma la questione, sostanzialmente, si basa su due concetti. Se firmi Mike James sai chi è ed è scelta chiarissima. Vuoi altro? Scegli altro. In seconda battuta, fatti salvi gli errori del giocatore che nascono quasi esclusivamente da un ego smisurato, dove sarebbe Milano senza di lui? Molto, molto indietro. Vi sono almeno 6-7 successi in cui l’incidenza del suo rendimento è stata totale, mentre altri 2-3 sono arrivati con un suo coinvolgimento meno direttamente incisivo ma altrettanto efficace. Noi lo ribadiamo, se il problema di Milano è James, allora non si sa chi si è scelto e cosa si voleva fare. Le manchevolezze dell’Olimpia sono ben altre, ben più decisive.

La lezione di Rick Pitino

Spettacolo! Mentale, fisico e tecnico. Meglio di così non si può allenare. Piano partita chiaro e semplice, come spiegato in sala stampa. «Volevamo evitare a Nick di dover marcare il play avversario, così avrebbe potuto giocare 39 minuti. Lo abbiamo fatto perché tutti hanno percorso questa strada alla perfezione. Lui è unico per come sa cambiare il ritmo e gestirlo, ma questo lo può fare se non gli togliamo energia impegnandolo in difesa sul play». Non serve altro per descrivere una prestazione perfetta nella gara più importante dell’anno. E se a qualcuno fosse venuto in mente di mettere anche minimamente nella stessa pagina cestistica i due coach di questa sera, sarebbe bene riprendere un attimo il concetto di leggenda della panchina. Non lo sei per caso, non lo è per caso Rick Pitino, uno che insegna pallacanestro nei templi del gioco da 43 anni. I coach fanno la differenza in questa lega, che resta una “lega di allenatori”: chi meglio di un “hall of famer” come il 67enne newyorchese? Sia chiaro, non si tratta per nulla di sminuire il lavoro di Pianigiani: è semplicemente che in questo caso siamo ad un piano totalmente superiore. Raccolto un Pana a pezzi da 6-8, il grandissimo coach lo ha portato a 15-13, ad un passo dalla postseason, con un record parziale di 9-5 farcito da una spettacolare serie di 6 vittorie consecutive attualmente aperta.

“Season high” e difetti irrimediabili: le pessime abitudini di Milano

Scorrendo i numeri della stagione si può notare come da Maodo Lo a Nick Calathes, passando per tanti altri, la storia sia sempre la stessa: banchettare nella metà campo difensiva di Milano è sufficientemente semplice. Pessime abitudini che non hanno visto alcuna crescita tecnica in sei mesi di Turkish Airlines Euroleague. L’Olimpia è squadra difensiva insufficiente sotto ogni punto di vista: individuale e di squadra. Che dopo 28 partite ancora si vedano possessi in cui la prima rotazione dopo il p&r non esiste è francamente inaccettabile, molto più degli atteggiamenti più o meno gradevoli di James. Non vi è voglia di resistere nell’1vs1, non vi è la benché minima organizzazione a livello di squadra. 109,2 di “defensive rating” non è numero da Playoff, senza pensare che per 9’38” si è visto in campo la caricatura di un giocatore (Omic) che ha fornito prova difensiva da 147,1 in quella voce. In attacco i milanesi sono questi e lo sono dalla prima giornata. Senza tiro da 3 non vanno da nessuna parte, senza individualità che spicchino nemmeno. In sostanza, se James non illumina, non vi è piano B, che poi, come da noi già sottolineato spesso, dovrebbe essere il piano A, ovvero un’organizzazione.

Tutto finito quindi tutto da buttare?

No, non è finita, perché ci sono due gare che si devono vincere, addirittura potrebbe bastarne una (tralasciamo i calcoli che oggi sono pressoché impossibili). Si devono vincere appunto, ma si “possono” vincere? Altro dubbio non è da poco. Indipendentemente da come finirà la corsa Playoff, cosa si chiedeva a questa squadra ed al suo coach ad inizio stagione? Lottare per quell’obiettivo, stare lì sino alla fine ed è ciò che stanno facendo. Non vi era certezza di qualificarsi, perché si veniva da due stagioni terribili per forma e sostanza, ma l’importante era non mollare la presa. Da questo punto di vista non si può dir nulla. Certo è che, col materiale a disposizione sugli esterni, inferiore solo a Cska e Real, non esserci a metà aprile sarebbe (è?) peccato mortale, anche perché qualche scherzetto si potrebbe pensare di farlo. L’errore più grande che l’Olimpia potrebbe commettere è la rivoluzione di un roster che con un 1-2 di livello (non Jerrells per essere chiari) ed un 4-5 che abbia dei muscoli avrebbe valori da posizioni di classifica altissime. Tutto a patto di giocare a pallacanestro, quello sport che si gioca 5vs5, non 1vs1. Cosa accadrà alla guida tecnica milanese in caso di mancati Playoff? Voci di cui avremo modo di parlare.

La difesa di Langford e la preparazione tecnica e mentale del Pana

L’immagine è tutta lì. Qualcuno ricordava un Keith langford col sedere che sfiora il parquet e le gambe piegate a 90°? Non credo. Ecco il capolavoro di Pitino. Così come dai primi possessi è stato evidente che in campo vi era una squadra che sapeva cosa fare e che era mentalmente pronta per questa gara, mentre l’avversaria latitava e viveva di effimere fiammate che hanno illuso, restando casualmente a contatto nel primo tempo. Queste partite si possono vincere o perdere, ma non si possono abbandonare a 15′ dalla sirena. Che Nick Calathes vada affrontato senza pressarlo sul palleggio per non permettergli l’1vs1 lo sanno anche i bambini. Che lasciargli tre metri per prendere triple senza ritmo (26,7% in stagione) sia fondamentale è altro argomento da asilo nido cestistico. Che l’obiettivo di Pitino fosse portarlo in post conto avversari senza risposte era infine addirittura scontato. Accettare tutto ciò è “assurdissimo”, per usare un termine poco italiano ma molto chiaro raccolto tra gli addetti ai lavori. Sostanzialmente è accaduto solo ed esclusivamente ciò che voleva lo staff dei “greens”, senza alcuna contromisura biancorossa. Difficile da capire, impossibile da digerire, ma è la nuda e cruda realtà.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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One thought on “Pitino e Calathes: è spettacolo Panathinaikos. L’Olimpia crolla

  1. E niente, i runner mollati in mezzo all’area senza nessuno a contrastare, i rimbalzi che chiedono di fare un passo in più per essere presi sono figli della stessa madre : quella che fa pensare i giocatori “ci pensa un’altro, non è compito mio”. Quindi una volta in più incapacità mentale. Prima di altre.

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