Dairis Bertans ed un addio che cerca dei perché

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Il mercato, la fiera di tanti sogni, un po’ meno realtà e moltissime sorprese, che spesso lasciano in sospeso altrettante domande.

Come mi disse giustamente tempo fa, con grande competenza, un attuale responsabile della comunicazione di Turkish Airlines Euroleague, chi commenta deve fare sempre i conti col fatto di vivere le situazioni dal di fuori. Se è bravo, sa dare opinioni che tengano conto di questa realtà, limitandosi a quanto può apprendere dai protagonisti, tra i quali, in fondo, qualcuno dice la verità, mentre molti si limitano a far trapelare ciò che si vuol trasmettere come messaggio. Valutare e soppesare tutto ciò è sempre assai complicato.

L’addio di Dairis Bertans all’Olimpia Milano è probabilmente una di quelle situazioni in cui il giudizio deve essere assai misurato e l’opinione personale deve fare i conti con le dinamiche di mercato che offrono opportunità differenti pressoché quotidianamente nel basket di oggi. Nulla di cui stupirsi: per 365 giorni l’anno progetti e roster sono soggetti a cambiamenti repentini in base a ciò che può essere attuale oggi e desueto domani.

Dairis Bertans, secondo il nostro giudizio, è un notevolissimo giocatore, tra l’altro attivo in quel ruolo oggi tanto ricercato da quasi tutte le squadre. Chiamatelo “sharpshooter” o specialista, la sostanza non cambia e per noi è assai limitativa. Si tratta di un giocatore a tutto tondo, con il vizietto di metterla dall’arco come pochissimi, cosa che non stona affatto.

Ancora ricordiamo come attualissime le parole di Marco Crespi durante una telecronaca dell’ultimo Eurobasket: «A fine stagione a Milano saranno ben più contenti di Bertans che di Goudelock». Ok, c’è stata “The block”, immortale nella storia milanese, ma il concetto ci stava e ci sta eccome.

Ed allora perché Milano si libera di Bertans o, se preferite, Bertans lascia l’Olimpia?

Le belle parole dette e lette, di circostanza o meno che siano (ed in questo caso non paiono esserlo) ci attraggono il giusto. Proviamo invece a capire il peso del lettone in Eurolega? Bene, allora mettiamolo un poco a confronto con chi da anni è considerato il maestro assoluto nel ruolo, ovvero Jaycee Carroll.

17,10 minuti, 9,9 punti, un PIR da 6,9, 0,6 assist, +/- da 6,9 (il suo Real è a 8,70), il 58% da due su 4,1 tiri ed il 34,2% da tre su 3,8 tentativi. Offensive rating da 107,1 (blancos a 104,3) e Defensive Rating da 93,1 (93,0 il dato di squadra). JC è questo.

Interessante notare come il Real con Carroll sia a + 137 di +/-, mentre senza scenda a +72.

16,34 minuti, 6,4 punti, PIR da 5,1, 0,6 assist, +/- da 1,9 (Milano ad 1,37), 32% da due punti su 1,1 tiri, 53,6% da tre (secondo in EL dietro a Cory Higgins ma con 10 tentativi in più) su 3,1 triple tentate a partita. Offensive rating da 106,6 (AXM a 103,7) e Defensive da 103,5 (Olimpia a 102,8). Questi i numeri base di DB.

Il lettone, quando in campo, ha garantito un +42 di +/-, mentre senza di lui la squadra di Pianigiani scende a -7. E’ stato quarto giocatore per +/- della squadra, secondo per Offensive Rating dietro a Kuzminskas e undicesimo per Defensive Rating. E’ inoltre protagonista del quintetto (con James, Micov, Brooks e Gudaitis) più utilizzato in EL: 95’04” (9,9% del totale) e +/- di +16, il terzo migliore tra quelli schierati (era comunque in campo anche nei due che precedono a +27 e +17 in questa statistica).

La sostanza? Milano è stata migliore con Bertans in campo piuttosto che seduto. E seduto ci è stato tanto, soprattutto di recente,  con le ultime 10 gare in cui si è visto il  DNP contro il Maccabi, contro cui aveva all’attivo 1’42” a Tel Aviv, poi 8’43” col Darussafaka, 3’38” col Barça, 7’33” col Bayern ed 11’06” con Gran Canaria in ordine sparso. In pratica l’ultima gara da protagonista è stata quella con lo Zalgiris: 17 punti in 30’55”. Probabile che i mancati o scarsi utilizzi degli ultimi tempi siano figli anche di una trattativa che era in corso.

NBA, il sogno. Vero. Se il ragazzo ha voluto fortissimamente provare, giusto lasciarlo andare, soprattutto dopo l’approdo di Nunnally, ma ne siamo certi o si è trattato di pista esplorata in mancanza di un utilizzo costante nella sua squadra? Il salario che percepirà a New Orleans è di $ 194220 per questa stagione (fonte http://www.hoopshype.com), mentre lo stesso sito non fornisce ulteriori dettagli  sulla  “Team Option” (scelta della franchigia) per un prossimo anno da ca $ 1300000. Qui entrerebbero in gioco calcoli di disponibilità dei Pelicans un po’ troppo complicati. magari nei prossimi giorni ne sapremo di più. A Milano, l’ingaggio si aggirava sugli € 600000 stagionali (dato non certo e d appreso attraverso fonti di procuratori, perché non vi sono siti che parlino dei salari dei giocatori se non sulla base di supposizioni o di notizie più o meno “trapelate”). Possiamo dire che non sia un addio per soldi? Parrebbe proprio così.

Ma allora la domanda ritorna: perché il secondo miglior tiratore, e non solo questo, di Eurolega lascia Milano?

Ipotizziamo, sulla base dell’utilizzo del giocatore, che non fosse molto “visto” dal suo coach e che l’ingaggio di fine gennaio di Nunnally ne avrebbe ancor più limitato i minuti. Ne consegue che, se si tratta di scelta tecnica milanese in base ai desiderata dell’allenatore, non è altro che il proseguimento della fiducia totale data allo staff tecnico, come accade da inizio del ciclo Pianigiani. E’ un errore? No. Possiamo però permetterci di non condividere in toto tale scelta, in presenza di un giocatore di livello assoluto che avrebbe potuto garantire, per diversi anni, una capacità dall’arco da fenomeno assoluto, nonché molto altro che non ci sentiamo di definire per nulla secondario. E se la questione è “vedere” o “non vedere” un giocatore da parte del coach, è sì vero che seguire i dettami della tua guida tecnica è fondamentale per costruire qualcosa di buono, ma è altrettanto importante, per un allenatore, sapersi adattare a qualche protagonista facendolo rendere al meglio all’interno del proprio sistema. Si tratta di rinunciare a qualcosa entrambi: quando accade, nascono le grandi imprese. Di contro, pur nel totale apprezzamento verso il giocatore, non possiamo non far notare che, troppo spesso, sia caduto nel difetto di commettere falli a ripetizione che ne hanno precluso l’impatto difensivo ed un utilizzo maggiore. Ma può bastare per separarsi e può contare più di quanto l’atleta poteva dare ora ed in futuro ad una squadra che ambisce ad essere protagonista in Eurolega?

La partenza di Bertans è, di conseguenza, una perdita importante per Milano, magari non nel breve quanto nel lungo periodo, quello in cui avrebbe potuto raccogliere il testimone proprio dal migliore in assoluto nel ruolo, ovvero JC Carroll. Se poi fosse realtà l’opzione sull’eventuale ritorno europeo del giocatore concessa all’Olimpia, allora tante cose sarebbero più chiare a tutti noi che la viviamo dall’esterno.

Come da nostra consuetudine, l’espressione di un’opinione su una situazione tecnica ed ambientale è apertissima a confronto e discussione che possano venire dai protagonisti, che non farebbero altro che chiarire i motivi di un addio che lascia in sospeso tante risposte ad altrettanti perché.

 

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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2 thoughts on “Dairis Bertans ed un addio che cerca dei perché

  1. Post molto interessante e che condivido in larga parte (in particolare le considerazioni sul giocatore, che credo quasi tutte le squadre di Eurolega vorrebbero dalla propria panchina). Aggiungerei solo qualche considerazione: è un ottimo specialista, ma il ball handling non eccelso e le scarse capacità di creare vantaggi in uno contro uno lo rendono in parte limitante per un allenatore come Pianigiani. Nunnally, che oltre ad essere tiratore altrettanto valido (anche se meno rapido nelle uscite dai blocchi) ha anche quelle capacità, è sicuramente più valorizzabile in quest’ottica. D’altro canto, però, a quanto raccontava Dairis tempo fa fu proprio Pianigiani a giugno 2017 a cercarlo telefonicamente per volerlo nella sua squadra, è stato importante nei playoff in chiave scudetto ed è stata esercitata l’opzione per la stagione successiva, ciò sta ad indicare che comunque l’allenatore ne è un estimatore. E, parlando di minutaggi, quelli che ha avuto a Milano sono molto simili a quanto aveva da Blatt al Darussafaka, 16-17′ di media con molte irregolarità (anche lì giocava talvolta 29′, altre volte 3′), dovute probabilmente ai diversi tipi degli avversari e anche al fatto che uno dei difetti di Bertans è sempre stata la costanza non eccelsa di rendimento. Non parlerei quindi troppo di sottoutilizzo, il che però è vero nell’ultimo periodo, anche se Pianigiani nella conferenza stampa post Torino ha detto esplicitamente che era dovuto al fatto che il suo trasferimento era nell’aria già da diverse settimane (anche se ovviamente l’arrivo di Nunnally ha anch’esso inciso molto, e sarebbe interessante sapere senza il suo arrivo che cosa avrebbe fatto Milano col lettone).
    Tenderei quindi a credere in questo caso alla spiegazione ufficiale, della società che concede un’opportunità materializzatasi inaspettatamente a un giocatore che forse non l’avrebbe mai più avuta. Normale che Bertans abbia voluto sfruttarla, sia per il prestigio della NBA sia in parte anche per il discorso soldi (vero che non parte de cifre incredibili, ma anche il fratello Davis – anch’esso specialista seppur in ruolo diverso – fino all’anno scorso prendeva “solo” un milione all’anno negli Spurs, e poi facendo bene si è guadagnato un biennale da 14 milioni, cifra impensabile in Europa, quindi sul discorso soldi bisogna pensare anche al medio-lungo termine). Di là con le praterie che si aprono spesso in RS per i tiratori potrebbe fare bene, anche se in chiave difensiva rischia di andare sotto fisicamente con molti pari ruolo.

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