L’Olimpia Milano, la resilienza ed i Playoff

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La quinta vittoria consecutiva di Milano porta in dote una posizione di classifica che non permette più di nascondersi: lottare per i Playoff era un dovere ad inizio stagione, giocarli è una reale  possibilità ora.

Ci sono diverse situazioni contingenti da analizzare nella gara dell’Arena Mytishchi, molte di più di quanto proposto a livello assoluto da una partita che  non ha dato nulla di speciale, un po’ come tutta la serata di ieri in Turkish Airlines Euroleague, fatta eccezione per l’ennesima eccelsa dimostrazione di pallacanestro del Fenerbahce di Obradovic e Sloukas. Tutte le favorite hanno vinto, pochissime, solo Khimki e Zalgiris, hanno opposto forme di resistenza tra chi partiva con notevoli prospettive di… sconfitta.

  • Small ball, concetto di cui si è sparlato a lungo negli ultimi anni. Senza tornare alle origini ed ai meriti di Mike D’Antoni, al Riccardo Pittis ala grande etc… si può tranquillamente dire che il quintetto piccolo e atleticamente più reattivo di Simone Pianigiani abbia vinto la gara. Bravo il coach senese a fare di un problema un’opportunità, un po’ come avvenne lo scorso anno con l’infortunio di Theodore. Non facciamo confusione, Gudaitis è una perdita reale, su Theodore soprassediamo.  Cambiare mantenendo alto il livello di pressione è stata la chiave, molto più semplice ed efficace di un sistema che sul pick and roll, con in campo un centro vero, continua a fare una confusione eccessiva. L’infortunio di Jordan Mickey ha aiutato molto, ma approfittarne è sintomo positivo. E la resilienza dei giocatori, caratteristica mostrata molto spesso in stagione, ha fatto il resto.
  • Nemanja Nedovic è il mio personalissimo MVP. Difficile indicare un giocatore nella prova corale biancorossa, ma queste gare si vincono su un dettaglio, su una giocata, su qualcosa di “clutch” per definizione: bravo Micov a mettere la tripla decisiva, ma più di un punto e mezzo vanno allo “skip pass” di Nedovic, che sfrutta alla perfezione quel mezzo metro lasciatogli da una tutto sommato discreta rotazione dei russi. Di professori, a Milano ce ne sono due. Cosa sarebbe stata Milano col serbo disponibile? Molto diversa e molto più su, certamente, ma per onestà intellettuale, cosa sarebbe stato il Baskonia con Shengelia e Granger? Il Khimki con Shved? Il Panathinaikos con Langford? Gli infortuni sono parte di questa competizione, dovuti all’alta intensità di ogni gara. Analizzarli è giusto, conviverci è da squadroni, vedi Real 2017/18, piangere e rimpiangerli è robetta.
  • Il Khimki è decisamente meno forte della Milano attuale e la cosa si nota perfettamente durante tutto lo spezzone di gara che porta i moscoviti al massimo vantaggio sul 65-51. Classica situazione in cui c’è una squadra, sulle spalle di un fenomeno, a cui va tutto bene e un’avversaria, migliore in quasi tutto, che fa fatica ed a cui non entra nulla. Appena la situazione gira, finisce tutto e solo un’inopinato break subito dai milanesi senza colpo ferire (timeout chiamato solo dopo lo 0-7 e con Shved in lunetta) riapre la gara, poi giustamente vinta dal più forte. I russi restano una squadra che aveva un’idea tattica chiara con Bartzokas e che è invece oggi molto legata al caso. Quasi ovvio che sia così, se è vero che la cacciata del coach greco sia stata dovuta anche a dissapori con Shved: quando vai nelle mani dei giocatori, poi accade questo.
  • Vincere giocando male è fondamentale, come ha sottolineato Mike James. Vincere tirando 7/24 da tre lo è ancor di più per una squadra come l’Olimpia, totalmente dipendente dall’arco. Ma siamo sicuri che chi tira 31/42 da due abbia giocato male? Personalmente mi oppongo a questa teoria, perché a parte le percentuali, vuol finalmente dire aver cercato il ferro con maggiore insistenza. Questo porta implicitamente spazi maggiori sul perimetro e torneranno i giorni in cui le triple entreranno, con dolori per gli avversari.
  • Ora arriva il bello, nel vero senso della parola. Le 5 W sono arrivate contro squadre attualmente fuori dalla “Playoff picture” col solo Maccabi in lotta. Le prossime 6 portano in dote le prime 4 della classe, l’Olympiacos che è settimo ed un Pana che proverà ad arrivare a giocarsela a Desio per l’ultimo posto disponibile in postseason. L’Olimpia della nuova era di Eurolega è 0-15 contro Fenerbahce, Real e CSKA, mentre contro le squadre da Playoff lo scorso anno ha avuto un record di 3-13 (2W con Baskonia ed 1 con Khimki). In questa stagione sono arrivate 3 vittorie con Efes, Olympiacos e Baskonia, ma anche 6 sconfitte. Quel 6-19 totale deve essere riportato a percentuali decenti. La squadra di oggi, che ha il terzo miglior backcourt d’Europa, dietro solo a Real e Cska, per profondità migliore anche di quello del Fenerbahce (Ok, Sloukas di un altro pianeta, ma poi Dixon, Mahmutoglu, Guler, Green e Guduric qualcuno li scambierebbe con James, Nedovic, Nunnally e Micov?) ha tutte le possibilità del mondo di arrivare ai Playoff ribaltando queste statistiche negative. E per quella fase della stagione cominciano  a farsi insistenti le voci di chi proprio non vorrebbe trovarsi di fronte la squadra milanese. Vai a dargli torto…

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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One thought on “L’Olimpia Milano, la resilienza ed i Playoff

  1. Concordo in pieno su Nedovic MVP occulto. Anche la svolta in difesa nasce dalla sua regia. È un giocatore dal potenziale pazzesco e non ancora del tutto compreso.

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