La straordinaria notte di Daniel Hackett: da più grande, tra i più grandi

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La sfida tra Zalgiris e Cska non potrà mai essere una partita normale. Ci sono secoli di storia che scendono in campo insieme alle due squadre, protagonisti di una rivalità che, senza alcun dubbio almeno da parte lituana, è sentita come quella tra “greens” e “reds” ad Atene.

Il calendario ha voluto proprio che queste due gare si disputassero nella stessa giornata, quasi a voler aprire il 2019 di Turkish Airlines Euroleague nel modo migliore, al livello più alto e più sentito.

Rispettate le attese, e se vogliamo anche i pronostici, con tecnica, tattica ed intensità nei loro valori migliori. Ha vinto il CSKA, che è più forte, ma certamente si tratta di una di quelle notti in cui lo Zalgiris non ha certamente perso, combattendo contro chi ha più armi fino all’ultimo secondo.

E la notte, straordinaria, è stata quella di Daniel Hackett, MVP senza se e senza ma, forse con il solo Will Clyburn, al solito a livello assoluto, a metterne in discussione la scelta.

  • Partiamo proprio da Daniel Hackett e dalla sua “partitina” da 19 punti, 2/3 da due, 3/4 da tre, 6/6 ai liberi ed 1 rimbalzo senza perdere nemmeno un pallone, in 20’19” sul parquet. Ma tutto ciò è niente rispetto all’impatto sulla gara ed alla leadership mostrata dal 31enne nativo di Forlimpopoli, cresciuto in quella Pesaro che, anche in anni non memorabili per la propria squadra, non perde mai il filo che la lega al grande basket. Maturità assoluta, perfetta identità di vedute con il piano tecnico e tattico di Itoudis, magistrale nell’entrare nelle pieghe della partita proponendo soluzioni alternative allo straordinario talento del Chacho. Ed è propio qui che sta l’altissimo valore della prova del play della nazionale: vederlo in campo nei minuti decisivi, col pallone che pesa un quintale nelle mani, quando solitamente (e logicamente) questo dovrebbe giostrare tra i polpastrelli magici dei vari De Colo, Higgins e del Chacho stesso, è precisa investitura da parte dello staff del CSKA  e di tutta la squadra. Basti rivedere come veniva accolto in panchina ad ogni timeout, tra Alec Peters che lo caricava a molla ed il resto del team a rendergli gli onori come si fa coi grandi. La difesa su Ulanovas nei momenti decisivi è un capolavoro tecnico e fisico, il fallo su Walton Jr è la lucidità perfetta, il jumper del +3 a 15″ dallo scadere è la capacità di scegliere il tiro migliore, da due o da tre che sia. Il resto della gara sarebbe da far vedere a tutti i bambini che si avvicinano al gioco: dovrete fare così se vorrete essere dei grandi giocatori. Tutti in piedi, l’MVP di questa giornata è italiano e si chiama Daniel Lorenzo Hackett.
  • L’atmosfera della Zalgirio Arena, ancora una volta, la conferma come il posto migliore per fare basket in Europa, certamente paragonabile a quanto avviene nei grandi college USA, posti come la Cameron Indoor o la Assembly Hall. I 15205 che hanno reso l’impianto “sold out” da un mese (si diceva di quanto è sentita questa gara…) creano un ambiente che è incredibile spinta per i propri beniamini ed altrettanto stimolo per gli avversari: il basket è questo, la rivalità è questa. Senza che mai e poi mai avvenga qualcosa di scorretto. E sono più di 15000 persone attaccate al campo, senza antipatiche barriere che allontanano la gente dal gioco e dai protagonisti. Da questa vicinanza e da una cultura tecnica della pallacanestro che non ha eguali, nasce una competenza nel valutare quanto avviene sul campo assolutamente invidiabile. Si contesta un fischio quanto è contro lo spirito del gioco, si applaude e ci si esalta anche per il minimo dettaglio tecnico. Poesia.
  • Due immagini, chiare, del perché il CSKA è uno squadrone. L’attenzione totale dei giocatori durante i timeout di Itoudis: gli occhi degli atleti subiscono la magnetica attrazione emanata dalle parole e dal volto del coach, sempre perfettamente bilanciate tra emozionalità e tecnica. «Abbiamo in campo 4 trattatori di palla, perché la porti tu?» diretto ad Alec Peters. Semplicità che è seguita dall’incitamento al giocatore e dall’indicazione su cosa fare nel possesso seguente. La seconda istantanea riguarda sempre un timeout nel momento caldo della gara. Andrey Vorontsevich, anima storica dello spogliatoio dell’Armata Rossa, è vestito e non sarà in campo nel possesso seguente: attende l’ultima indicazione del coach e poi, con una grinta straordinaria, chiude i pugni urlando tutta la sua voglia ai compagni. Non esattamente la freddezza ed il distacco che spesso si associa ai russi. Ad Omsk deve scorrere segue cliente…
  • Nate Wolters non è Kevin Pangos. Capirai che novità, si potrebbe obiettare, ed è vero. Ma vediamola sotto un altro aspetto. E’ ottimo giocatore certamente, molto ordinato, magari perfino più dello sloveno-canadese, ma c’è un dettaglio che fa la differenza nel sistema attuale di Jasikevicius. La zingarata al ferro, spesso proprio sotto lo stesso, che Steve Nash definì un giorno “the widget”, da cui possono nascere tante cose solo se gestita al meglio e da uno che abbia tutte le caratteristiche per aprire di nuovo il campo ai compagni. Con Pangos questo avveniva, ovviamente non a livello Nash, non bestemmiamo: prima su tutte una palla che finiva in mano a Milaknis lasciandogli quel mezzo secondo che lo rendeva letale dall’arco. Oggi quel mezzo secondo manca, così come mancano alcune invenzioni creative per gli altri. Jasikevicius lo sa ed allora prova un’impresa che sarebbe ancora più grande delle scorse Final 4: un sistema, organizzato, duro e più ordinato di quello della stagione scorsa, per arrivare ai Playoff. Con parecchio talento in meno rispetto ai “competitors”. Il calendario, nel breve, sarà durissimo, poi un po’ meglio nello sforzo finale.
  • La grande prova di Daniel Hackett non è altro che la conferma di quanto il CSKA stia costantemente lavorando, già dallo scorso torneo, sulla fase difensiva, migliorandola costantemente. L’addizione di DH23 è fondamentale in questo senso, pensate ad attaccare in pick and roll contro un duo Hackett-Hines o Hackett-Hunter… un incubo. Itoudis è molto flessibile nel decidere se cambiare o meno, gestendone l’equilibrio al meglio. Resto convinto che se De Colo ed Hines fossero arrivati a Belgrado in condizioni almeno decenti, forse la storia oggi direbbe altro. Ma non c’è tempo per i rimpianti, c’è la realtà di oggi. Una difesa già cresciuta che oggi ha un’arma in più: risponde sempre al nome di Daniel Lorenzo Hackett.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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