Gigi AIR Datome e’ il leader del Fenerbahce dal record stellare. Ma il Real Madrid c’è…

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Ci sono gare che i giocatori segnano sul calendario col circoletto rosso di “tommasiana” memoria.

Ci sono serate la cui magìa resterà impressa nella mente di tutti per una giocata, un movimento, una situazione che tra decenni sarà ancora parte degli highlights di una competizione.

La Turkish Airlines Euroleague ce ne regala sempre di più, ma poi c’è quell’attimo che emerge come superiore, che dà la netta sensazione di aver assistito a qualche cosa di unico ed irripetibile.

In una gara tra due delle migliori tre squadre del vecchio continente, una sfida tra due dei migliori coach, tra due delle organizzazioni che eccellono da ogni punto vista, il palcoscenico è tutto per Gigi Datome, da ieri sera, senza alcun dubbio Gigi “AIR” Datome.

Ci si poteva attendere qualcosa di più nelle metà campo offensive, come ammesso anche dai due allenatori quando hanno accennato ai rispettivi errori, ma tutto questo è passato in secondo piano di fronte alla prodezza assoluta del campionissimo sardo: il movimento migliore nel momento più difficile e contro l’avversario più forte. E la memoria è andata propio là, a quel 5 giugno 1991…

Che dire? Chicago Stadium, la tanto amata casa di MJ, che non ne ha mai rinnegato il maggior fascino rispetto allo United Center, è gara 2 di finale 1991, che i Bulls faranno propria con un perentorio 107-96 che diede il via ai tre successi che aprirono una delle più grandi dinastie nella storia del gioco. 13 canestri consecutivi del più forte di sempre, ma l’ultimo, quello memorabile, è il cosiddetto “Switch hands layup”. Perkins ed AC Green stanno ancora capendo cosa possa essere accaduto, Magic si rese conto proprio lì che stava arrivando quello che avrebbe ribattezzato qualche tempo dopo, con Larry, “un nuovo sceriffo in città”. Penetrazione, volo verso il cielo, ben oltre il ferro, mano destra che sembra concludere ed improvviso cambio con palla che in un istante passa sui polpastrelli mancini. Il volo non si interrompe e proprio quei polpastrelli mancini la depositano nel canestro gialloviola. Game, set and match, sempre per dirla alla Rino Tommasi, perché ci vogliono le parole del più grande per descrivere il più grande…

Ulker Arena, 28 dicembre 2018, 27 anni dopo. Luigi Datome non viene da Brooklyn e non è cresciuto con Dean Smith nella magica atmosfera Tar Heel. Gigi è un sardo di Montebelluna, nato cestisticamente nel Santa Croce di Olbia e migliorato negli anni senza soluzione di continuità. Non era quello di oggi, lo è diventato passo dopo passo, allenamento dopo allenamento, esperienza dopo esperienza, mettendo a tacere chi non lo credeva capace di appartenere a questo livello (in primis chi scrive, che errore, ma ho confessato e fortunatamente Gigi stesso mi ha perdonato…).

Mancano 10″ ed il Real conduce di un solo punto, possesso turco, Gigi batte in palleggio un Rudy sin lì più che perfetto sui due lati del campo, penetrazione centrale, mano destra, Campazzo ci prova ma è in ritardo, Thompkins è battuto sul primo aiuto, randolph decide che la mannaia è la soluzione migliore. Gigi legge il pericolo ed ecco che quei magici polpastrelli di MJ si trasformano in quelli di Gigione: la palla magicamente passa sulla sinistra, canestro e fallo. Storia fatta. Insieme ad una stoppata di due anni fa dello stesso Randolph è la miglior giocata della nuova era di Turkish Airlines Euroleague, anche se personalmente mi spingerei  molto più indietro.

Gigi AIR Datome è nell’Olimpo dei più grandi, giocata di un campione, da campione, contro i campioni.

 

La gara? Celebrato il capolavoro, si diceva che ci si poteva aspettare qualcosa di più. Il primo tempo, un quarto per parte, ha visto troppi errori, vero, ma in realtà sono emerse alcune cose che potranno essere parte di un romanzo che le pagine migliori le deve ancora scrivere.

  • Errori, appunto, ma è parso ovvio sin da subito che i due allenatori avessero preparato la sfida al meglio, basandosi su una reciproca conoscenza che è maturata in anni ed anni di sfide ad altissimo livello, il cui ultimo episodio è valso il trofeo a Belgrado. Ed allora si concede solo ed esclusivamente ciò che l’avversario non ama. Scelte precise, scelte da coach veri, i migliori. E quegli errori sono arrivati proprio quando si è lasciato qualcosa di ciò che lo stesso avversario voleva fare. La parità di metà gara ed il 4-4 dopo 5 minuti di terzo quarto sono figli di tutto questo. Si toglie imponendo difesa, se si sbaglia si subisce: è la legge, non scritta, delle gare tra i più forti.
  • Rudy Fernandez è un campione eterno. C’è una sua tripla nel primo tempo che è l’immagine più nitida della grandezza di un atleta che oggi ha saputo mutare in un difensore arcigno e tecnicamente perfetto. E’ il migliore? La accendiamo. Ma quando giochi contro l’eccellenza, e si torna ad AIR Datome, non puoi sbagliare nemmeno un dettaglio. Subisce la partenza, con fallo da spendere, ed ecco che il capolavoro cancella l’eccezionale prova del madrileno, sino a pochi istanti prima senza macchia, come lo fu, in modo decisivo, proprio in questo duello lo scorso maggio nella finale della Stark Arena.
  • Dettagli, appunto, e fischi. Che non sono fiaschi, anche se spesso potrebbero sembrarlo. C’è un episodio, è tutto lì. Penetrazione di Taylor, Green la tiene e mette le mani sul pallone, terminando con una bella presa sulle mani stesse dell’avversario. Fallo? Grande difesa? Entrambe sono risposte giuste. Il fallo c’è, dal replay è chiaro, ma come non premiare una difesa di quel calibro? L’eterno dibattito sul bene ed il male di un fischio. Premiare con elasticità mentale o punire anche la minima infrazione al regolamento. Difficile, ma personalmente starei con la prima.
  • Ed ancora fischi, come i fatti dell’espulsione di Llull. Il tecnico ci sta tutto, il macello successivo meno. La protesta di Lauvergne che “chiama” quel tecnico per l’avversario non può mai e poi mai piacere. Lasciamole ad altri sport queste cose… Grandi sfide, gli errori li fanno ovviamente anche i più grandi. Niente altro. ma resta una considerazione importante sull’utilizzo, se così si può definire, dei falli tecnici da parte dei coach. Pablo Laso in cattedra: i migliori allenatori, da sempre, ne fanno quell’uso quando necessario. E non è certo messaggio volto ai soli arbitri, anzi: è presenza ed urgenza trasmessa alla squadra. Che ne comprende il significato: il coach c’è e non molla niente, noi che facciamo? Non molliamo.
  • Hanno vinto le difese, stratosferiche in molti momenti, hanno faticato gli attacchi. Certe giocate, come un paio di Rudy, Dixon, Camapzzo e Randolph, sono lo sforzo massimo di campioni che trovano di fronte altri campioni. Come fu a Belgrado, dove un Fenerbahce perfetto dietro parve in controllo dopo 7 minuti, per poi arrendersi, piano piano, alla superiorità “merengue”. Ha vinto chi, tra le altre cose, ha il merito di  non aver nemmeno accennato al fatto che mancasse Sloukas, non uno “leggero”.  L’abbraccio finale tra i due coach e la faccia di Obradovic non sono altro che il preludio a qualcosa che deve ancora arrivare. Che sia a Vitoria, che sia ad Atene 2020, la certezza è proprio questa. Grandi squadre, grandi allenatori, grandi giocatori: il miglior spettacolo di pallacanestro possibile sarà spesso sull’asse Madrid-Istanbul, nell’ordine che preferite, nei giorni che verranno. Ed un altro episodio di questa rivalità si è consumato: sulle ali di Gigi AIR Datome.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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