Il Fenerbahce è la nuova capolista solitaria di EuroLeague, una novità nella gestione di Zeljko Obradovic, visto che nella «New Era» solo Real Madrid e Cska erano riuscite ad issarsi in solitaria dopo 10 round di competizione. E’ il settimo successo in fila per i turchi, il primo in stagione regolare all’Oaka (record 0-12), mentre per i greci è il terzo ko in fila per un record insolitamente negativo: 5-6.
Le difficoltà verdi
Sul 59-61 con oltre 6’ da giocare, il Fenerbahce si prende la gara con le giocate di Lauvergne, Sloukas e Kalinic per il 63-73 decisivo. Due problemi enormi e sostanziali. Nel reparto lunghi Stephane Lasme è rimasto a guardare, Ian Vougioukas e James Gist hanno subito enormemente in difesa (31 punti dalla coppia Vesely-Lauvergne) senza essere fattore in attacco. E non si parli dei 220 centimetri di Georgios Papagiannis, che in questa EL viaggia a 8’ di media in sole 4 gare giocate. E poi attenzione a Keith Langford: 11.4 punti di media in stagione, 4 con solo 1/3 al tiro con il Fenerbahce. Ci sono stati i 33 contro il Baskonia, ma anche cinque gare ai margini, e un rapporto difensivo con Nick Calathes a dir poco fragile.
Nikola Kalinic
Facile parlare di Jan Vesely, miglior lungo di EuroLeague, ma occhio a Nikola. 18 punti, 4 rimbalzi, 4 assist e 1 palla rubata all’Oaka. Arrivato a Istanbul da specialista difensivo, il serbo è giocatore totale che lascia il segno con giocate non lette dalle statistiche, ovvero aiuti, determinazione e intensità.
Fenerbahce
Diciamolo subito: a Belgrado erano i turchi la squadra favorita. Lo straordinario stato di forma del Real Madrid, che si è ritrovato con il lusso Sergio Llull+Luka Doncic, ha mandato nel dimenticatoio le certezze di una lunga stagione, dove i turchi avevano mostrato di essere ancora in grado di garantire lo sprint della post-season 2017. Quella di Obradovic è una corazzata simile nella matrice ultima, ma contemporaneamente distante dal Panathinaikos dello scorso decennio, perchè senza un leader conclamato come Dimitris Diamantidis. La guida del pubblico è d’altronde Melih Mahmutoglu, l’orologio Kostas Sloukas, il dato numerico Jan Vesely. Il volto, appunto, è Zeljko Obradovic, che aggredisce l’Europa con rotazioni ampie e gerarchie in divenire, leggasi la crescita pre-pensionamento di Bobby Dixon, o il nuovo impatto di Luigi Datome. Un sistema in cui tutti crescono si evolvono, magari cadono nel dimenticatoio per poi tornare attuali. Marchio Fener, prima di tutto.
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