Gli esoneri di Pedro Martinez e Neven Spahija, due storie da raccontare

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E’ la settimana del doppio turno di EuroLeague, ma per Eurodevotion è tempo di fare un passo indietro, tornando alla settimana che ha chiuso due importanti gestioni tecniche della competizione. Baskonia e Maccabi Tel Aviv hanno deciso di voltare pagina, e ED vi racconta alcuni succulenti retroscena.

Un novembre a Vitoria

Josean Kerejeta è un personaggio particolare, ma per il mondo del basket spagnolo, e non solo, è il Baskonia. Di certo, non era quello che pensava lui alla fine degli anni ’70, quando Pepe Laso (il papà di Pablo) lo volle a tutti i costi nel club di Vitoria.

Era un giocatore, ma una decina di anni dopo, di quel club, ne sarebbe stato il presidente. Era un club legato in tutto e per tutto allo sponsor di turno, con un fatturato intorno ai 600.000 euro, ben diverso dai 14 milioni del 2007, o dalla cittadella dello sport da 28 milioni di euro costruita nel 2008.

Ecco perchè Josean Kerejeta è tutto da queste parti, oltre al già bastevole concetto dei 30 anni di gestione. Tuttavia, a Josean, il mese di novembre piace poco. Nel 1992 licenziò Herb Brown. Nel 1993 Manel Comas. Nel 1999 Salva Maldonado (oggi guida di Gran Canaria, ndr). E ancora. Nel 2012 Dusko Ivanovic. Nel 2014 il nostro Marco Crespi.

Ne abbiamo dimenticato uno, Pedro Martinez. Perchè la decisione della scorsa settimana arriva a tredici anni di distanza dal primo esonero, nel 2005. Sempre di novembre.

Tuttavia, a Josean, il mese di novembre piace poco. Nel 1992 licenziò Herb Brown. Nel 1993 Manel Comas. Nel 1999 Salva Maldonado (oggi guida di Gran Canaria, ndr). E ancora. Nel 2012 Dusko Ivanovic. Nel 2014 il nostro Marco Crespi.

«November Rain», per i coach, ma non potrà piovere per sempre. Certamente, Josean Kerejeta ha avuto un solo pensiero: salvare la stagione di EuroLeague. Il Baskonia viaggiava a buon ritmo in ACB (record 7-2, a -1 da Real Madrid e Barcellona), ma quel 2-5 in Europa era inaccettabile. Nella stagione delle Final Four in casa poi…

Questo è l’obiettivo societario: essere tra le prime quattro. Dimenticando la grande scalata di Pedro Martinez nella passata stagione. Facendo finta di non ricordare la grande impresa dell’ex Valencia, che ereditò una squadra in tutto e per tutte legata al predecessore (con gestione breve e fallimentare) Pablo Prigioni.

Questo è l’obiettivo societario: essere tra le prime quattro.

Dunque, Velimir Perasovic. Non è il terzo ritorno per il croato da queste parti. E’ il quarto. Da giocatore, tra il 1993 e il 1997, conquistò una Copa del Rey e una Coppa Europa. Nel 2005 arrivò da coach. Una Copa e una Supercopa (subentrando proprio a Martinez, come detto, a novembre), poi dopo un anno e mezzo il mistero. A gennaio arriva il permesso per malattia, a febbraio l’esonero. Vai a capire cosa fosse successo. Niente di grave, viste le Final Four del 2016… poi fu Perasovic a preferire i soldi dell’Anadolu Efes.

Il peso dei contratti a Tel Aviv

La storia, tra Neven Spahija e il Maccabi Tel Aviv, era terminata ai primi di maggio. Eurodevotion vi raccontò tutto, con dovizia di particolari, scavando nei mali di un amore finito (clicca qui).

Di questi tempi, d’altronde, perdere i favori di Shimon Mizrahi, leggenda presidenziale, non è cosa così complicata alla Yad Eliyahu Arena. Di un club, si può scrivere la storia in vari modi, anche lasciando il buco più lungo di sempre senza titoli nazionali: tre anni.

Dalle Final Four di Milano un inferno. Dopo David Blatt è stato un via via di coach, da Guy Goodes (oggi ancora assistente) a Zan Tabak, da Rami Hadar a Ainars Bagatskis, Poi, Neven Spahija, che pareva aver ricostruito un qualcosa con Pierre Jackson, Norris Cole e Alex Tyus.

Di questi tempi, d’altronde, perdere i favori di Shimon Mizrahi, leggenda presidenziale, non è cosa così complicata alla Yad Eliyahu Arena.

L’uomo di Sebenico (è nato un anno prima del concittadino Drazen Petrovic) ha sì riportato il titolo nazionale nella bacheca dei gialli, ma nella seconda parte di stagione in EuroLeague aveva aperto una frattura insanabile.

Addio playoff, confinamento di alcuni giocatori nazionali e dello stesso Pierre Jackson, e la sensazione che l’arrivo di Jeremy Pargo fosse stata più un’imposizione societaria che una scelta tecnica. Insomma: «Hai vinto grazie a noi», con un contratto da 750.000 dollari a stagione, valevole sino al 30 giugno 2020, come unica resistenza alla rottura.

Poi, nella sera di Gran Canaria, Shimon Mizrahi ha guardato i numeri: in EuroLeague sono 2 vittorie nelle ultime 15 uscite. Di queste, nessuna a Yad Eliyahu

Poi, nella sera di Gran Canaria, Shimon Mizrahi ha guardato i numeri: in EuroLeague sono 2 vittorie nelle ultime 15 uscite. Di queste, nessuna a Yad Eliyahu, ovvero quel che dovrebbe essere, ed era, un tempio inespugnabile, semplicemente perchè in ginocchio bisogna rimare davanti a cotanta storia.

Ioannis Sfairopoulos dal Pireo si accontenterà anche di qualche soldo in meno… Sono israeliani, simbolo di oculatezza.

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