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La storia di Giorgios Printezis, un uomo sensibile allergico ai cambiamenti

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24 aprile 1997. Un ragazzino di 12 anni si prepara a Olympiacos-Barcellona, finalissima di EuroLeague. In campo, Dusan Ivkovic manda giocatori come Giorgos Sigalas, Milan Tomic, Dragan Tarlac e David Rivers. Al collo di quel ragazzino la sciarpa biancorossa, per una notte che sarà indimenticabile.

Più di vent’anni dopo, quel ragazzino si alza dal letto e beve, immancabile, un litro d’acqua. Poi gli allenamenti o la partita, con la stigmate della leggenda: tre titoli greci, due EuroLeague, due Coppe di Grecia, un EuroLeague First Team, il maggior numero di presenze nelle coppe europee per il suo club, così come i punti segnati in campionato. E i colori, sono sempre quelli, biancorossi.
Questa è la storia di Giorgios Printezis, l’uomo della Petaktari, ma per questo termine ci fermiamo qui. Perchè Giorgios è molto di più: è lacrime, dolore e sudore. Insomma, conquista. Perchè nulla, per questo ragazzone di Atene, è stato scontato.

Come detto, l’Olympiacos è il suo cuore, il basket la sua passione. Ma di innato c’è ben poco, se non il fisico e un atletismo che sorprende. A 16 anni l’Olympiacos lo nota inserendolo nel team giovanile, dove è semplicemente uno dei tanti. E’ il 2002 e gli spazi sono quelli che sono in un club che investe, portando a casa solo una Coppa di Grecia. Nell’estate 2006 la prima, vera occasione: Georgios Bartzokas è un giovane coach dell’Olympia Larissa, e lo chiama a sé sette anni prima di quell’EuroLeague vinta ai danni del Real Madrid. Giorgios gioca e cresce, l’Oly lo richiama alla base, i titoli non arrivano e la stagione 2008-2009 è nefasta. La Grecia è questa: eterno binomio Panathinaikos-Olympiacos, con una vincente assodata e un perdente che non riesce a scollarsi di dosso l’etichetta. No, i «reds» non girano pur rappresentando un’eccellenza europea, e quel ragazzone proprio non piace: pare molle, con fondamentali tutti da rivedere. Giorgios, che di quei colori ne ha fatto una ragione di vita, soffre, piange, cade vittima della contestazione. E abbandona la nave.

Lo chiama l’Unicaja Malaga. Nel 2007 l’Nba lo ha scelto per mano dei San Antonio Spurs, con trade a favore dei Toronto Raptors, e l’Acb, in fin dei conti, è la seconda lega nazionale più competitiva del mondo.

Sì, la Spagna può essere la giusta scelta, il contratto è superiore al milione di euro e i numeri sono anche in crescita, 11.7 punti per 4.3 rimbalzi in EuroLeague. La nazionale lo nota, lui però non si ambienta mai davvero, e di fatto la sua avventura in Spagna si chiude il 20 febbraio 2011, con una brutta caduta nella gara con il Cajasol che gli causa una fastidiosa commozione cerebrale. In marzo arriva il sorprendente divorzio, in aprile l’Olympiacos capisce che è il momento di tornare indietro. La squadra è stata eliminata dai playoff di EuroLeague dalla Mens Sana di Simone Pianigiani, il club non vuole essere ancora spettatore dei successi dei rivali del Panathinaikos in patria e convince Dusan Ivkovic (che non era molto dell’idea…) a richiamare Giorgios. Così è, eppure il romanzo deve ancora davvero essere scritto. Il Panathinaikos si prende il titolo in gara-4 delle finali, Printezis gioca una brutta serie mancando anche un facile appoggio sul +2 «green». Può essere la fine, sarà un nuovo, grande inizio.

Perchè come detto, per Giorgios, niente è stato scontato. Tutto deve essere conquistato. L’estate 2011 è quella del lavoro più pesante, di crescita sui fondamentali, di affinamento per quel gesto di rilascio che verrà poi soprannominato Petaktari. Il resto è storia nota, con la carriera che svolterà in quella finale con il Cska di pochi mesi dopo.

E’ consacrazione per uomo sensibile, minato dal dolore per la morte del padre, e allergico ai cambiamenti, soprattutto se si parla di sentimenti. Per l’Olympiacos, dopo le due EuroLeague, ha detto no a offerte superiori ai due milioni di euro, firmando per 900.000. E poche settimane fa, al momento dell’ultimo triennale di una carriera, non ha nascosto le lacrime: «Sì, nella mia vita mi sono conquistato tutto. Sono stato il dodicesimo uomo, poi il decimo, poi il quinto, infine il secondo». Sì, perché a questa leggenda, che prima di dormire recita sempre una preghiera, non chiedetegli di più: «Il numero uno, quando parli di Olympiacos, è sempre Vassilis Spanoulis. Senza discussioni».

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