Melli: Obradovic è essenziale e coerente, Trinchieri fondamentale per la mia crescita. Il sistema di Sacchetti è ottimo per l’Italia. L’avversario più duro? Printezis

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28 punti in 34 minuti, 7/10 da due, 4/6 da tre, 2/3 ai liberi conditi da 6 rimbalzi: per ritrovare un simile impatto di un italiano nella finale di Eurolega bisogna riportare l’orologio indietro di qualche decennio. Nicolò Melli è stato questo a Belgrado, in una gara memorabile individualmente che non ha portato in dote il titolo ma ha legittimato, se mai ve ne fossero ancora dubbi, l’entrata del 27enne nativo di Reggio Emilia nell’Olimpo della pallacanestro europea. Due delle ultime tre stagioni sopra il 50% da due ed oltre il 43% da tre: eccellenza pura che non si esprime certo solo con questi numeri, sulla base di una completezza di gioco in costante crescita.

Eurodevotion ha conversato con lui su tante tematiche di Eurolega, senza tralasciare il percorso della sua carriera ed alcuni cenni alla nazionale italiana.

– Nicolò, da dove cominciamo? Ok, la Turchia, il Fenerbahce. Inizia il tuo secondo anno con Obradovic: quanto ha inciso il coach sul tuo valore attuale e su quali cose ha insistito maggiormente per la tua crescita?

Lui è valore aggiunto per tutti i giocatori che ha allenato. Mi trovo veramente bene. Non c’è un aspetto particolare perché in realtà il coach parla del gioco a tutto tondo, sa consigliare un piccolo ed un lungo allo stesso momento, vi è sempre globalità nel suo insegnamento. C’è completezza e sostanza, sempre, non molla mai, sia si giochi contro la prima di Eurolega che contro l’ultima di campionato.

– Parlando del Melli di oggi credo non si possa dimenticare l’impatto di Andrea Trinchieri nella tua evoluzione tecnica. Si può dire che quello che sei oggi ha profonde radici nei due anni a Bamberg?

Certo che sì, Trinchieri è stato fondamentale per me. Senza l’esperienza di Bamberg con Andrea non sarei qua oggi. Sono orgoglioso e fiero di averla vissuta.

– A Bamberg ci arrivasti da Milano, dove, a mio parere, e sottolineo che è opinione di chi pone la domanda, eri assolutamente sottoutilizzato tecnicamente, perché Melli non doveva e non poteva essere un solo terminale per gli scarichi. Cosa mi dici a riguardo?

Il mio utilizzo a Milano rispetto ad oggi era completamente diverso. Ma sia chiaro che non rinnego nulla dei miei cinque anni milanesi. Anche quello fa parte di ciò che sono oggi.

– Se posso permettermi… Nicolò lascia Milano per le ragioni di cui sopra e perché la proposta contrattuale non lo soddisfaceva: si può dire che sia andata  così?

Voglio chiarire tutto, senza la minima polemica. La proposta di Milano era economicamente buona e più vantaggiosa rispetto a quella tedesca: ho rinunciato a dei soldi. L’idea che mi propose Baiesi, con Andrea, di quanto avrebbero voluto da me a Bamberg, mi convinse a lasciare l’Olimpia.

– Torniamo ad oggi ed a quella finale di Belgrado. Che sapore ti lascia una gara che sancisce la tua eccellenza ma non porta la squadra al titolo continentale?

Un sapore amaro, molto amaro. Quanto avrei cambiato quella prestazione individuale col titolo di Eurolega…

– Toni Cappellari ha recentemente detto testualmente: «Nicolò Melli è un giocatore dall’intelligenza straordinaria, fa sempre la cosa giusta al momento giusto». A parte il complimento che credo molto gradito, senti di aver fatto molti passi avanti nella comprensione del gioco nelle ultime tre stagioni?

Innanzitutto mi fa piacere sentire certe cose, ma purtroppo certe scelte le sbaglio anch’io… Più che la comprensione del gioco parlerei di cosa accade oggi. Gioco molti più palloni rispetto a Milano, ho la possibilità di compiere ovviamente più errori e ciò porta ad imparare  a leggere le situazioni in modo migliore. Torno ad Obradovic e Trinchieri: il primo essenziale nella sua esigenza, il secondo per certi versi più difficile. Tutta esperienza che mi ha portato a crescere.

– Estate turbolenta, almeno a sentire la stampa, quella turca, poi alla fine pare che il Fenerbahce sia lì pronto ad eccellere come in tutte le ultime quattro stagioni. Come l’hai vissuta?

E’ chiaro che ognuno di noi vi abbia prestato un’attenzione particolare, si tratta del nostro mestiere e vi sono contratti importanti. Detto questo, l’ho seguita abbastanza da lontano ma grazie alle rassicurazioni di Maurizio Gherardini e dei compagni stessi, laddove nessuno ha voluto andarsene, ho avuto pieno garanzia di quello che avremmo potuto fare e che faremo quest’anno.

– Su cosa stai lavorando maggiormente oggi per crescere ancora? Senti vi sia un settore particolare del gioco cui credi di doverti dedicare principalmente in allenamento?

Con Obradovic non ‘è una cosa principale su cui si lavori. Se vogliamo separarne ed identificarne una, certamente è il cercare di velocizzare quello che fai, leggere più velocemente le situazioni e scegliere di conseguenza. 

– Ok, ma poi uno guarda lo “step back” da tre contro nella finale di Zara con il CSKA e pensa “quanto lavora Melli?”. Non era nel tuo repertorio qualche tempo fa…

Ecco, magari non sono proprio diventato uno da “step back” da tre, ma di certo è una tipologia di esercizio che fai e che poi può dare risultati.

– E se Melli è questo e cresce ancora, l’approdo naturale è la NBA, dove Utah ed Atlanta sembrano più che interessate. Ci credi ed è tuo preciso obiettivo?

Ho imparato a darmi obiettivi anno dopo anno, è cosa che ho appreso proprio a Milano. Voglio fare bene, voglio fare meglio dello scorso anno se possibile: ora penso a quello. Giocare in NBA è comunque esperienza che chiunque vorrebbe fare.

– Dopo una stagione con lui, sei d’accordo sul fatto che Obradovic sia una spanna sopra tutti come coach e, probabilmente, come persona? Pare tutto così semplice, chiede il 100% ed è il primo a dare il 101%…

Le due cose che io apprezzo maggiormente in lui sono essenzialità e coerenza. Che sia un genio lo dicono i risultati, lo dice la sua storia. Ha vinto ovunque e anche quando lo ha fatto con la stessa squadra si è trovato a cambiare diversi elementi della stessa, ma lui ha dato sempre eccellenza e continuità a lavoro e risultati.

– Parliamo un po’ di Nazionale, però lontani dalle polemiche purtroppo ben note a tutti. Sembri condannato, da anni, a giocare da 5: ovvio che tu ti sacrifichi per la causa , ma quanto ti manca un potenziale utilizzo nel tuo vero ruolo?

No, non in particolare. Vado in nazionale volentieri e gioco dove serve. Potrei dare di più nel mio ruolo ideale? Sì, ma vale per tutti, magari anche Gigi da tre potrebbe fare di più che da quattro, ma serve quello e lo si fa, senza rimpianti e senza problemi.

– Pianigiani, poi Messina, oggi Meo: è difficile adattarsi a tre coach dai sistemi diametralmente opposti, soprattutto in un contesto in cui c’è poco tempo per allenarsi?

Per me non è stato un problema, mi sono adattato bene. Magari per altri, ma io non ho avuto difficoltà. E ti aggiungo che la filosofia di Meo è forse quella più adatta al contesto della Nazionale. Chiariamo bene che non si tratta di definire un sistema più o meno valido tecnicamente, ma solo la valutazione del fatto che un impatto più “garibaldino” come quello che ci chiede Sacchetti è forse la cosa più semplice. Poi non so se porterà a risultati migliori o peggiori, lo vedremo, ma la responsabilità che ci dà e chiede è importante. 

– Se non ci si suicida, si va in Cina. E’ un tuo chiaro obiettivo anche in caso di approdo NBA?

Non vedo perché non dovrei esserci. Giocare un Mondiale con la propria Nazionale non è niente male.

– Tornando al tuo Fenerbahce, ho una curiosità su Sloukas. Concordi sul fatto che sia straordinario nel saper leggere contemporaneamente e senza esitazioni i due lati del campo?

Scherzando io gli dico che è una “combo”. Fosse solo un play magari metterebbe a referto meno punti… Questo, probabilmente aiuta a fare di lui quello che mi chiedi. Ha 28 anni, ha giocato 6 finali e vinto 3 Eurolega, direi che basta per definirlo uno super.

– A proposito di straordinario… Luka Doncic. Può dominare anche “di là”?

Ha qualcosa di eccezionale, senza dubbio. Però io non conosco bene le dinamiche di quel mondo e quindi non posso sbilanciarmi in un senso o nell’altro. Lo spero, per lui.

– C’è una squadra in particolare che vedi molto bene, per le addizioni di mercato, per le conferme o per il sistema di gioco, tra quelle che non sono le solite naturali favorite di Eurolega?

Il Baskonia ha certamente il grande stimolo delle Final 4 casalinghe, le due greche, Oly e Pana, non le escludo mai. Direi queste tre, tenendo presente che mi aspetto un torneo con tanto talento. Penso anche a Milano, con tanti punti nelle mani, ed a un Maccabi, che dispone di molto di quel talento.

Infine, mi dici chi è il giocatore contro il quale è più difficile giocare nel tuo ruolo?

Certamente Printezis! E’ un po’ artista, con quell’estro difficile da leggere. Se è vero che la difesa è reazione, è altrettanto vero che la miglior difesa deve cercare di anticipare le mosse altrui: con lui questo è molto complicato. Poi non dimentico uno Shengelia o uno Jankunas, tra gli altri, gente che gioca molto, molto bene. Diciamo che di concorrenza nel mio ruolo ce n’è a sufficienza.

Buona stagione, Nick. per noi assolutamente tra i numeri uno.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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One thought on “Melli: Obradovic è essenziale e coerente, Trinchieri fondamentale per la mia crescita. Il sistema di Sacchetti è ottimo per l’Italia. L’avversario più duro? Printezis

  1. Grande Nik. Se non avessi trovati Trincheri che ti ha messo a giocare esterno,saresti sceso in A2. Non voglio ripetermi ma appena ti ho visto a Milano avevo paura ti bruciassero.

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