Fenerbahce in finale. Sloukas, Datome e Dixon abbattono uno Zalgiris da applausi

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Zele contro Saras, Fenerbahce contro Zalgiris, Sloukas contro Pangos. Ce n’é per tutti i gusti e si potrebbe continuare all’infinito.

Vince Obradovic e non sarà mai una novità, perde Saras e a occhio non è situazione che rivedremo tante volte.

L’atmosfera della Stark Arena si scalda progressivamente: i colori gialli prevalgono numericamente e come decibel su quelli verdi, esattamente come accade in campo sin dalla palla a due. Non sapessimo di essere a Belgrado, ci crederemmo ad Istanbul senza alcun dubbio.

Il successo turco è meritato perché si tratta della squadra più forte  e che è parsa  decisamente più pronta per un evento simile, come preventivabile, tuttavia la stagione lituana  giunge al termine nel modo più consono: lottando attraverso la propria pallacanestro. Oggi non straordinaria, ma resiliente come poche altre.

  • Il primo quarto è bruttino, almeno esteticamente. Un pessimo 7-1 Fener accompagna le squadre per diversi minuti. Le mani turche sono fredde, ed è peccato tremendo perché si potrebbe fuggire e chiuderla qui, mentre di quelle lituane non si conosce la temperatura, visto che spesso nemmeno arrivano a tirare. Il 19-13 finale è affarone lituano, così come lo sarà il 39-33 di metà gara, risorgendo da un pericolosissimo 32-20.
  • Obradovic ha sentito tutta l’Europa parlare di quanto creino i suoi avversari sul perimetro: ha ascoltato, appunto, e ci ha fatto attenzione, ma poi decide lui. E la decisione è chiara, con buona pace di tutti: la palla non deve “mai” arrivare facile a Davies e Kavaliauskas. Così facendo il Fener pare avere la gara in mano  e solo parecchi errori offensivi impediscono di scavare un reale solco.
  • Ci sono uomini che certe gare le hanno scritte nel destino, il quale, beffardo, a volte decide di ripetersi. Bobby Dixon, o Ali’ Muhammed che sia, fu l’artefice della grande rimonta di Berlino, che sarà negli annali come “losing effort”, ma non può non restare nella memoria di chi adora questo giochino.  19 punti, 12 nell’ultimo quarto proprio quando Jasi pareva aver riportato i suoi a contatto (52-50). In settimane durante le quali si è parlato perfino del suo potenziale sostituto per la prossima stagione, se non pare una favola non sapremmo proprio come chiamarla.
  • Obradovic sapeva benissimo che una partita contro chi gioca così tante situazioni simile alle tue, è arma a doppio taglio. Tu conosci loro, loro conoscono te: di solito in questi casi vince semplicemente il più forte. Appunto. Jasikevicius forse merita oggi più che mai il premio di miglior coach della stagione: basta vedere come i suoi escono da alcuni timeout, basta la decisione di non chiamarne fino a 30″ dalla fine del primo quarto, nonostante quanto stesse accadendo. Cenerentola doveva sentirsi bella come le altre invitate al ballo e non era il momento per avere dei dubbi: psicologia da coach vero, grande, straordinario.
  • Gigi Datome è superlativo. Lo è nella gestione dei palloni più difficili, lo è nella semplicità di alcuni movimenti, lo è nella difesa, che era suo neo soprattutto sul lato debole. Il lavoro paga, il lavoro con un coach come Obradovic strapaga. Oggi Gigione fa giustamente rima con campione. E campionissimo è Kostas Sloukas, per una volta lontano da numeri eclatanti, ma la cui leadership è ormai nella leggenda di questa competizione, con 5 finali consecutive, come solo i più grandi hanno fatto. Annotazione non da poco: Gigi e Kostas non erano questi giocatori, sebbene già ottimi, quando giunsero ad Istanbul. La miscela perfetta: due campioni con grande etica lavorativa ed un coach che non lascia al caso nemmeno il più, all’apparenza, insignificante dei dettagli.  Questo è il Fener che va in finale, questa è la cultura di Zele. 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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