Real vs Panathinaikos il giorno dopo. Vorremmo parlare solo di gioco, ma purtroppo è impossibile.

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E’ inutile girarci attorno, era “la serie” per definizione ed oggi lo è ancor di più. Quanto abbiamo visto in campo sarebbe sufficiente ad entusiasmarci, nell’attesa di una gara 4 che si annuncia unica. E’ poi ovvio che nel cuore degli appassionati, quali ci sentiamo a tutti gli effetti, vi sia la speranza di gara 5. Senza alcun tifo, vorremmo anche la 6, la 7…

Real vs Pana è una sfida straordinaria sotto il profilo tecnico:  ancora più bella col rientro di un campione come Sergio Llull, subito autore di un paio di prodezze che si possono definire soltanto “alla Llull”. Gioco di squadra, soluzioni personali spettacolari, valori collettivi notevolissimi, accorgimenti senza eguali ed aggiustamenti delle panchine di alto livello.

Quindi solo grande basket? No, purtroppo no, basta frasi un giro su Instagram dalle parti del profilo del proprietario dei “greens” per capire che, se già c’era molto, oggi c’è troppo che va oltre i 28 metri ed i 40 minuti di gioco.

Eurodevotion, da che esiste, ha solo ed unicamente una passione smisurata verso il gioco: tutte le sue sfaccettature, i suoi protagonisti, provando a capire, ad analizzare, ad esaltarne i pregi senza dimenticarne i difetti. Volevamo che fosse così, vogliamo che lo sia oggi e che resti sempre e solo in questo modo. Ma non possiamo mettere la testa sotto la sabbia di fronte a quanto circonda il rettangolo di gioco che, ahimè, non è il solo terreno di sfida di una serie che resterà comunque negli annali.

Ed allora i nostri 5 abituali punti devono tener conto di tutto, sebbene in questo caso ce ne vorrebbero 55, non 5…

  • Fattore Llull. Sergio è il campione che sposta, lo sapevamo. E’ la presenza che ridefinisce gli equilibri solo per il fatto di esserci, al 50 od al 75% che sia. Ha elettrizzato un’intera arena fin dalla “ruota”, ha eccitato migliaia di persone come forse nemmeno CR7 sa fare al Bernabeu. E’ entrato, ha giocato in punta di piedi per una manciata di minuti, ha sofferto con qualche “mattone” assai inusuale, poi ha rotto gli indugi, ha voluto la palla in “zona Llull” ed ha messo a referto 8 punti clamorosi, come solo lui sa fare. Per gara 4 la difesa Pana non potrà più lavorare solo per escludere Doncic, perché potrebbe aprire spazzi assai pericolosi in cui ritrovarsi uno Llull a briglie sciolte sarebbe rischiosissimo.
  • I rimbalzi. Dopo il dominio “blancos” in gara 2, vi è stato equilibrio, come è più normale che sia. 38-36 ateniese, sebbene resti la sensazione che le carambole che contano caschino sempre nelle mani madrilene. Se Pascual vuole giocarsela, i suoi devono tenere botta in questa statistica, altrimenti è notte fonda.
  • Ala grande e pivot. Detto così, sembra basket di 30 anni fa. E magari è un complimento, perché no? Pablo Laso, sicuramente il meno personaggio tra tutti i “top coach” europei, parla poco ma lavora molto. Il suo gioco è un unico assoluto. Il suo 4 è “anche” perimetrale, non è “solo” perimetrale. Sa stare in angolo per gli scarichi dopo il “p&r” così come sa muoversi spalle a canestro e giocare in post, alto o basso che sia. Pascual lo sa, perché è “top” pure lui, ed infatti ha costruito una splendida difesa sugli “alto-basso”. Non ha certo perso lì, gestendo bene i possessi difensivi contro un tipo di soluzione che oggi quasi nessuno utilizza con continuità. Madrid ha però dimostrato che avere due uomini che attaccano il ferro in questo modo è tipologia offensiva in grado di aprire il campo comunque, magari perfino in modo differente e vincente proprio per la sua peculiarità. Anni orsono non si giocava così male con quell’ala grande e quel pivot di cui sopra…
  • Nick Calathes, Mike James e quel KC Rivers che manca tanto. Il primo è più che super. Lo è da inizio anno, lo sta confermando nei PO, elevando ulteriormente i suoi standard. L’ultimo arrivato ex Phoenix si sta inserendo sempre meglio, ma resta ancora un filo ai margini, talvolta troppo isolato, per caratteristiche sue e per mancanza di familiarità con un sistema che frequenta da relativamente poco tempo. Rimane potenzialmente decisivo. Quello di cui sente la mancanza Pascual in modo clamoroso sono i piazzati dall’arco di un Rivers sinora in condizioni assai limitate. Laso ha Carroll, lui non ha Rivers. Dettagli, neanche tanto dettagli poi, che in una serie così pesano terribilmente. Il Pana non è morto, per nulla, ma deve passare da qualche striscia dall’arco.
  • Dimitris Giannakopoulos. Basta la parola, ma soprattutto BASTA! Il clima maleodorante lo aveva già creato durante la stagione, il suo disprezzo per qualsiasi regola o sanzione lo aveva già chiarito: perché insistere rincarando la dose quotidianamente, più e più volte al giorno? Ora ci si chiede: chi subisce di più gli effetti negativi di un simile atteggiamento? La risposta è semplicissima: la sua squadra. Non sentiremo certo (oggi) nessun tesserato Pana prenderne le distanze, ma la storia farà il suo a riguardo. Insulti al CEO di Eurolega, insulti agli arbitri, insulti al club rivale, minacce di ritirare la squadra al primo fischio “presunto” contrario. E’ sport? No. Ma siamo realisti, questo sport è business, inutile fare i romantici di sorta. Tuttavia anche il business ha regole e non necessariamente tutto ciò che è business vuol dire malaffare: follia pensarlo. Il bene ed il male esistono ovunque e non sarà il Sig. Giannakopoulos ad insegnarcene le differenze. E siamo realisti anche nel comprendere che una lega “privata” che si basa sulle licenze decennali e solo parzialmente sui meriti sportivi acquisiti con le vittorie sul campo, deve chiaramente affrontare una serie di problematiche particolari che si possono presentare. Così come la “guerra” con la FIBA, anche alcune tematiche sottoposte dal proprietario del Pana dovranno essere oggetto di trattazione, ma non certo partendo da questi presupposti. E siccome siamo realisti per la terza volta, ci piace ricordare, col sorriso, al Sig. Giannakopoulos come ci si senta giocando ad Oaka da ospiti. Lo sa che qualche fischio è risultato indigesto a tanti? Senza tuttavia gridare a complotti, mafia ed altre nefandezze che col gioco che amiamo non hanno nulla a che fare. Su Instagram come nella realtà.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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