De Colo, Shved, Doncic: un MVP per tre?

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Un turno da giocare, giochi fatti per i Playoff, restano solo da definire gli accoppiamenti, con la certezza che i “seeding” 1 e 2 saranno di CKSA e Fenerbahce, le due squadre più forti e migliori del torneo.

Appassiona non poco la corsa al premio di MVP, in una stagione che ha presentato due candidati attesi e confermati in De Colo e Doncic, con l’aggiunta del miglior  Shved di sempre: non sono mancati altri protagonisti di altissimo livello come Calathes, Printezis, Shengelia, Rodriguez e la sorpresa Pangos. Il nome del vincitore dell’ambito premio uscirà molto probabilmente dal primo terzetto, come è giusto che sia, ma gli altri cinque non sono stati per  nulla lontani.

Interessante notare come, dal 2004 ad oggi, quando non vi è più distinzione tra MVP di RS ed MVP di TOP 16,  questo riconoscimento sia stato conferito sempre e solo ad illustri campioni: non si è mai verificato il caso di un nome a sorpresa che poi non si sia confermato nel corso della carriera.                                                                                                 I nomi? Parker, unico doppio vincitore, Papaloukas, Siskauskas, Navarro, Teodosic, Diamantidis, Kirilenko, Spanoulis, Rodriguez, Bjelica, De Colo, Llull. Quindi Anthony Parker potrebbe essere raggiunto nell’Olimpo dei “multiple winners” proprio da De Colo.

Proviamo ad analizzare numeri ed impatto dei tre candidati principali per capire in che direzione potrebbe andare la votazione.

NANDO DE COLO

Semplicemente stratosferico, da anni al top, se possibile ha mostrato ulteriore miglioramento tecnico e di gestione a 30 anni, periodo che spesso coincide con il meglio nella carriera dei campioni. Le cifre sono impressionanti, ma forse ancor di maggior importanza l’impatto che ha avuto sulla sua squadra, mantenendola al vertice ma a livelli tecnici che non si erano visti nel recente, seppur splendido, passato.

29 gare giocate, 26’20” in campo di media, 17,2 punti. 59% da due su 205 tiri, 51% da tre su 100 triple tentate, un irreale 103/109 ai liberi, che vuol dire 94,5% in una statistica dove è anche il quarto di tutto il torneo per numero di realizzazioni a cronometro fermo. 4 assist, 2,3 perse, 2,4 rimbalzi, 1,3 recuperi, , 2 falli commessi e 4,8 subiti, per un PIR di 20,2.

La bilancia ha iniziato a pendere dalla parte del francese fin da metà stagione, ma probabilmente la pietra tombale sulle speranze altrui è stato il “jumper” con cui ha vinto la gara più importante dell’anno ad Istanbul, contro i rivali numero 1.  Prodezza cui è seguita la straordinaria prestazione contro l’Olympiacos, altra rivale di lusso.

LUKA DONCIC

L’età è un fattore, parliamo di poco più che di un adolescente, tutto vero, ma si sta discutendo di MVP, quindi è il valor reale delle prove di questa stagione che va considerato. E qui il fenomeno sloveno è stato spessissimo eccellente. Interessante valutare se l’assenza di Llull lo abbia favorito o meno. Di certo i numeri sono cresciuti, di pari passo però con le responsabilità pesanti, che ha dimostrato di non temere minimamente. Si può fare un appunto? Talvolta un po’ troppo “nervosetto” ed innamorato di se stesso: quest’ultima, dall’altra parte dell’oceano, potrebbe essere una virtù inestimabile. Può giocare, a differenza degli altri due rivali, in 4 ruoli, tutti ricoperti benissimo.

26 gare, 25’50” di media con 17,1 punti col 61,5% da due (143 tiri) ed il 32,9% da tre, tentando un totale di 143 triple. 80,9% ai liberi su 157 tentativi, 5 rimbalzi, 4,6 assist, 2,4 perse ed 1,2 recuperi. Commette 1,3 falli a gara, ne subisce 5,7. Il PIR, leader assoluto, è di 23,2. 

Farà il grande salto a giugno, anche se restiamo convinti che un anno in più di una feroce Eurolega potrebbe fargli meglio, proprio vista la tenera età, e ci lascerà il ricordo di uno che avrebbe potuto dominare per 15 anni, sensazione che pochi ci hanno lasciato in passato. Ha contribuito a tenere ad alto livello un Real falcidiato dagli infortuni che avrebbe potuto anche naufragare, tra l’altro rimanendo anche solitario in vetta in ACB, cosa non da poco. Sa già elevare il livello dei propri compagni e questo è un valore assoluto: ora deve solo non cadere nel tranello dell’innamorarsi troppo della palla, anche perché, per come sa darla via, sarebbe un delitto perfetto.

ALEXEY SHVED

Altro trentenne all’apice della carriera. Questo Shved, così leader e così coinvolto e coinvolgente, non lo avevamo mai visto. Nessuno ha mai discusso le qualità eccelse del giocatore, di cui però si è sempre valutata un po’ negativamente l’attitudine unitamente all’eccessiva tendenza ad isolarsi dal contesto della gara, quelle più dure su tutte, restando nel suo principesco mondo. Cancellate tutto ciò lo Shved di quest’anno ha preso per mano una squadra che la stragrande maggioranza degli esperti dava fuori dai Playoff e l’ha tenuta saldamente in zona postseason per sei mesi. Prestazioni straordinarie individualmente ma mai fuori dal contesto di quel che coach Bartzokas voleva per la sua squadra. Barlumi di difesa, più tecnica che fisica, anche interessanti.

I numeri non necessitano di commenti. 29 gare a 32’16” di utilizzo medio, con 21,7 punti, 2,4 rimbalzi, 5,1 assist, 3 perse, e la bellezza di 5,9 falli subiti (ne commette 1,7). Il 49,8% su 231 tentativi da due ed il 32,5% su 274(!) triple. Il PIR, di conseguenza, eccelle a 20.

Perché dovrebbero essere Shved l’MVP? La cosa che potrebbe pesare di più è il contesto tecnico inferiore, rispetto ai rivali, che lui ha saputo elevare a livello Playoff. Ci si sarebbe magari attesi la sua leadership nei punti fatti, era perfino quasi scontata, ma pochi avrebbero immaginato che tutto ciò portasse il Khimki a giocarsi una serie per provare  raggiungere l’atto finale.

Questi tre fenomeni, come risultanza ovvia dei numeri elencati, sono primo, secondo e terzo nel PIR (Doncic su De Colo e Shved), idem come punti, col russo a prevalere sul francese e sullo sloveno, ed i falli subiti, dove guida il principe russo davanti al madrileno ed all’1 dello CSKA.

Gli altri? Notevoli, comunque. Nick Calathes ha magistralmente guidato il Pana, attraverso la sua miglior stagione, tanto che molti lo rivogliono in NBA. Toko Shengelia ha ormai una qualità di gioco “totale” che forse nessun altro possiede. Georgios Printezis ha espresso un rendimento favoloso, aggiungendo una dimensione di esplosività nell’attaccare il ferro che recentemente non avevano notato. Kevin Pangos è esploso a livello dei migliori, interpretando in pieno  la leadership che Jasikevicius gli ha affidato sul campo. Ecco, rimarrebbe il “Chacho” Rodriguez, che, opinione personalissima, è l’MVP occulto della competizione, poiché con un utilizzo perfettamente gestito da Itoudis, ha garantito la qualità vincente che solo un fenomeno come lui poteva dare in sostituzione di Teodosic.

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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