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L’Olimpia di Goudelock e Pianigiani c’è e gioca a basket: Shved e Khimki battuti con merito.

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Le parole di Bartzokas avevano introdotto alla perfezione la gara: «Non dobbiamo giocare al loro ritmo offensivo». Come i grandi allenatori, parole chiare e semplici, bisogna imporre e non accettare, praticamente quello che Milano non aveva mai fatto fino a ieri sera, non necessariamente solo in Europa. Il primo quarto, da All Star Game almeno per 6 minuti, non finirà nella personalissima bacheca del 52enne coach ateniese. I due tanto immediati quanto inutili falli di Tarczewski, ripropongono una situazione vista e rivista nella campagna europea milanese, ma la squadra biancorossa, da subito, pare essere presente e, finalmente, con ruoli chiari e ben definiti, col pallone che si muove secondo meccanismi gestiti come raramente in precedenza. Certo che tirare 8/12 da due e 4/8 da tre aiuta, come il 13 a 6 a rimbalzo, ma questa volta le percentuali non sono figlie di miracoli o insipienza altrui: si gioca e c’è un terminale offensivo come “Drew” che porta a 30, favolosi, punti segnati nel solo primo quarto. Ed è chiaro che la gara venga indirizzata proprio dall’approccio, dalla tecnica e soprattutto dalle facce milanesi di questo primo quarto.

Non c’è nulla da festeggiare, sia chiaro, in casa Olimpia: è il momento di dare seguito a gare come questa e mostrare che il potenziale, assolutamente dominante in Italia, nonché da almeno decimo posto in Europa (non è nemmeno lontanamente concepibile essere dietro a determinate avversarie) ha un naturale sfogo sul campo. Senza continuità si darebbe credito alla teoria, ad oggi assai plausibile, che si sia vinta una partita del genere solo perché giocata “leggeri” e senza alcuna pressione di classifica.

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