Dalle sorprese ai ribaltoni, con una certezza: Milano non esiste.

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Dopo l’addio di Avellino e Venezia, vittime di due splendide prestazioni di Cremona e Torino, quello che si è visto nella prima gara del venerdì di #postemobilefinaleight  ha rarissimi precedenti, senza esser certi che ne esistano di tale portata,  nella storia dell’Olimpia Milano. Umiliazione colossale da parte di una splendida Cantù, guidata al meglio da coach Sodini cui, a differenza del suo collega Pianigiani, non fanno difetto le idee chiare. Con quelle si vince anche se sei inferiore e nonostante un roster a pezzi causa infortuni, mentre con le ormai stucchevoli, inutili e dannose chiacchiere del titolare della panca meneghina, non si va da nessuna parte, o meglio, ci si garantisce un biglietto per l’inferno del basket, che solo l’imperizia milanese non oblitera.

Una partita chiusa dopo un paio di minuti, qualcosa di impensabile, qualcosa di gravissimo per l’atteggiamento di tutti i membri di squadra e staff meneghino, dal primo all’ultimo, fatta sola eccezione per Cinciarini e Pascolo, anime tuttavia impotenti di un corpo che non ha mai preso forma. E non può essere crollo, perché per crollare un edificio dev’esserci : l’edificio Olimpia è inesistente da inizio anno, salvo qualche sporadica eccezione. La gara di ieri è il logico completamento di un percorso tecnico di valore infimo.

Cantù merita un monumento, Sodini merita gli onori della cronaca, cosa che sarebbe già stata giustificata dalla stagione sinora: questa non è una ciliegina, questa è una torta vera e propria fatta di lavoro e sacrificio. Tutto quello che non esiste per gli avversari di ieri.

I 5 abituali punti delle nostre analisi oggi potrebbero essere… 105! Non vi è nulla di ironico, ma la sola realtà del campo: è parsa una gara tra una squadra ed un’accozzaglia di passanti disinteressati, per ognuno dei punti messi a referto da Jeremy Chappell e compagni.

  • 6 giocatori in doppia cifra ed il settimo a 9 punti. Se esiste il concetto di sforzo di squadra, Cantù l’ha messo nero su bianco. 56% da tre e 60% da due: c’è tanto di chi ha avuto queste cifre, con passiva collaborazione di chi non ha fatto nulla per contrastarle. Quanti, tra appoggi al ferro e schiacciate, sono stati i canestri facili dei brianzoli? Senza contare le triple con metri di spazio…
  • 38-31 è il saldo a rimbalzo a favore dell’Olimpia. Ancor più grave, non stai in partita un solo minuto dominando le plance. Dominio tuttavia sterile, figlio solo di una stazza ed una profondità di roster che gli avversari nemmeno si sognano. Tutto inutile, tutto leggero ed insignificante come ogni voce statistica od ogni possesso della squadra biancorossa.
  • Nel mezzogiorno fiorentino, parecchi addetti ai lavori indicavano nell’attacco al ferro di Milano la chiave per chiuderla subito, magari caricando di falli gli unici due lunghi a disposizione di Sodini. Si doveva andare da Gudaitis e Tarczewski con continuità, rallentando i ritmi e mettendo sotto pressione il lato più deficitario della difesa canturina. Ecco, qual’è la scelta di Pianigiani? Escluso l’americano. Non sarebbe cambiato nulla, lo sappiamo a posteriori, perché nulla e nessuno avrebbe impedito quanto accaduto, opera di una squadra che non c’è.
  • Le rotazioni nevrotiche, figlie di emozioni incontrollate ed incontrollabili per uno staff assolutamente inadeguato. Cambi nemmeno da campionati giovanili, non definibili neanche come punitivi. Un’isterica ricerca di una quadra che si trova in palestra, non certo in gara. Un vecchio saggio del gioco ricordava recentemente come sia più semplice per un coach gestire 7-8 uomini: si limita la possibilità di errori. E’ vero, è attenuante parziale per la panchina milanese. Fino alle parole della sala stampa, tra le quali emerge vincitrice la frase che nessuno ha nemmeno lontanamente compreso: «Impossibile per una squadra di Eurolega inseguire i piccoli di Cantù». Sconcerto totale, disagio.
  • Cantù oggi è chiamata ad un miracolo ancor più grande: a 24 ore di distanza, provarci con Brescia, dopo una media di utilizzo dei suoi 4 moschettieri oltre il 33 minuti. E’ una storia straordinaria, anche se dovesse finire oggi. Milano deve ripartire immediatamente, ma non certo da qui. Perché sulle macerie si può ricostruire, sul nulla no.

La Coppa Italia, bellissima per emozioni nonostante un livello tecnico spesso inquietante, continua con le semifinali di oggi.

Cremona e Torino sono le storie di Sacchetti e Galbiati. Le storie del miglior gestore della nostra pallacanestro e di un giovane che vuole e può sognare. Li vorremmo entrambi in finale, non sarà possibile ma sarà splendido in ogni caso. Drake quindi non scherzava con quel “vinciamo noi”? Da oggi avremo maggior chiarezza, soprattutto quando scopriremo che vincerà una gara in cui l’atletismo sarà fondamentale. Tutti da godere i movimenti del suddetto Drake e di Vujacic senza palla: roba finissima anche se un po’ in là con gli anni. Boungou Colo intriga per letture. Kelvin Martin è pronto ad esplodere.

Brescia ha eliminato una Bologna molto più  che dimezzata dagli infortuni. Sempre ben organizzata la Leonessa, ovviamente ingiudicabili le V nere.. Oggi Cantù potrebbe essere a pezzi fisicamente oppure continuare a volare altissimo. Nulla da perdere, solo un gran bel trofeo da provare a vincere. Burns ha attributi da statua di bronzo, l banda Vitali gioca come pochi.

Queste sono le squadre migliori. Lo ha detto il campo, giudice supremo di fronte al quale “chiacchiere e distintivo” non servono a nulla.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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