Doncic illumina un Clasico buio

Senza citare infortuni o calamità, se questo non fosse un derby storico, sarebbe una semplice partita tra l’ottava e la dodicesima di Eurolega e quanto mostrato in campo lo dimostra molto bene.

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Alla vigilia “El Clasico” tra Real e Barça, numericamente parlando, aveva un equilibrio  impressionante, con  le due squadre che si sovrapponevano sotto diverse voci statistiche, pur mettendo in evidenza lo stile di gioco differente di entrambe: i blancos in modalità run&gun e i blaugrana con un gioco più interno, visto il ruolo importante che ricopre Seraphin. Senza citare infortuni o calamità, se questo match non fosse attraente per il valore che ha un derby storico, sarebbe una semplice partita tra l’ottava e la dodicesima di Eurolega e quanto mostrato in campo lo evidenzia molto bene. Alla fine vince il Real 87-75.

Analizziamo la partita nei nostri 5 punti:

  1. Orrori. Ci possono essere numerose giustificazioni a salvare la condizione delle due squadre spagnole, ma ciò che hanno mostrato nel clasico di ieri porta a un giudizio impietoso: bocciate. Le scelte di tiro sono state spesso avventate o non sono state prese per cercare un movimento dei compagni che non è mai arrivato; i giocatori in campo si sono mossi con un timing completamente sfasato, si sono cercati ma mai trovati. Tra le due compagini ad avere la meglio è stata Madrid, più che per meriti personali per demeriti degli avversari.
  2. Barcellona, chi era costei?. La squadra di Alonso non ha identità. A inizio stagione i catalani avevano mostrato di voler sfruttare Seraphin e Tomic per un gioco interno, permesso anche dalla regia esperta e creativa del francese Heurtel e dalle doti atletiche di Pressey e Hanga. Partita dopo partita, invece, il Barça si è spento come una candela, sciogliendo la cera e dileguando ogni idea sui parquet d’Europa. I contropiedi visti nella partita di ieri sono il segnale più evidente di una squadra confusa, priva di personalità e, al momento, incapace di avere un giocatore in grado di ergersi al ruolo di leader.
  3. Doncic. Il punto più scontato che si potesse analizzare, ma che clasico avremmo visto se non ci fosse stato il giovane sloveno in campo? Ha illuminato la partita con delle giocate da fuoriclasse: un impavido e incosciente ragazzo che ha il dono della pallacanestro. La legge, la interpreta e la trasmette sia ai compagni che al pubblico. Attualmente è uno dei giocatori più belli da vedere e questo non può che far ben sperare ai prossimi 15 anni di pallacanestro. Tra veterani e stelle l’unico a brillare è lui e regala la vittoria a un Real in difficoltà.
  4. Cosa manca al Real? Non considerando i giocatori infortunati, ai blancos manca un sistema di gioco in grado di coinvolgere tutti i giocatori in campo. La costruzione di un tiro è sempre difficile e spesso i ragazzi di Laso si trovano a 5″ dallo scadere dei 24″ con il Doncic o il Campazzo della situazione a dover inventare un tiro.
  5. Cosa manca al Barça? Oltre a una mancanza di identità c’è una ancor più evidente mancanza di fiducia. Il gioco è nervoso, darla dentro a Seraphin (che soffre molto con lunghi atletici) non è tanto una soluzione quanto uno scarico di responsabilità degli altri 4 giocatori in campo. Il movimento dei giocatori sul lato debole è nullo e le difese si adattano benissimo a ciò che la squadra di Alonso produce. Se c’è carenza di idee, c’è anche incapacità di sfruttare le doti atletiche di Pressey o Hanga per creare vantaggi e sfruttarli.

Davvero un peccato vedere due squadre gloriose come Real e Barcellona affrontarsi in un clasico e offrire uno spettacolo così scadente. D’altra parte sono comprensibili le difficoltà che le squadre stanno affrontando e affrontano da inizio stagione, anche se dietro alle giustificazioni l’Euroleague corre e non si ferma ad aspettare nessuno.

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Antonio Mariani

Laureando in Lettere presso La Sapienza di Roma e appassionato di Sport Business, viaggio ossessivamente per studiare le culture sportive nel mondo. Amante della narrazione, la studio, la ammiro e la pratico in ogni sua forma.
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