Celtics, Warriors, CSKA e Fenerbahce: i tanti punti di contatto nel meglio della pallacanestro mondiale

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Lo scorso fine settimana ci ha regalato le sfide tra le due migliori squadre di NBA e di Eurolega. I successi di Boston  e Fenerbahce, su Golden State e CSKA, sono arrivati entrambi al termine di due gare molto combattute, giocate in modo ovviamente differente, ma con un filo conduttore unico assai importante, ovvero la capacità dei quattro allenatori di far emergere la forte identità del sistema della propria squadra.

La difesa dei Celtics di Brad Stevens è marchio di fabbrica già dominante nelle lega americana, sia per i punti concessi che per quelli a referto su cento possessi: tenere ad 88 un attacco come quello dei Warriors, abituato a veleggiare oltre i 117 è decisa testimonianza di qualcosa di speciale e tecnicamente ineccepibile. Lo stesso attacco di GS, seppur limitato nel contesto della gara in termini di realizzazione (il 10/32 da tre la dice lunga), ha offerto comunque sprazzi di tecnica individuale e di squadra di altissimo livello.

La vittoria turca a Mosca è figlia di un dominio netto sotto le plance nonché di esecuzioni  spettacolari per sincronia di squadra e capacità di interpretare il singolo possesso, sia individualmente che come insieme. Gli stessi moscoviti, come richiesto da coach Itoudis nel pre-partita, hanno creduto costantemente nel proprio sistema, tornando in partita in situazioni pesantissime come il 21-39 di metà terzo quarto ed il 75-82 a poco più di un minuto dal termine dei regolamentari.

Tralasciando le prestazioni individuali di altissimo profilo, tra le quali spiccano quelle di Jayson Tatum e Jaylen Brown nel biancoverde bostoniano, così come quella di Jan Veselj tra gli uomini di Obradovic (e si potrebbero nominare anche Sloukas, Wanamaker, Melli, Higgins, De Colo, Rodriguez e Clyburn), dicevamo di quel filo conduttore legato alla tecnica di squadra sopraffina.

Si tratta di squadre allenate in modo straordinario, in pieno controllo della propria organizzazione e della propria identità: nulla è lasciato al caso ed ogni movimento eseguito sul campo è figlio di regole precise, così valide  da lasciare ampio sfogo al talento dei singoli atleti, che è tantissimo in tutti e quattro i team.                                  Inutile e francamente stucchevole riprendere la discussione su dove e come si giochi meglio: le realtà di partenza sono così diverse da non concedere il lusso di questa chiacchierata, che è solo da bar. Basti pensare ad uno staff medio nelle lega di Silver: spesso si superano le 15 persone, cosa ad oggi ancora abbastanza lontana per il vecchio continente. Fisicità ed atletismo, poi,  in NBA sono di un altro pianeta, esattamente come, in mancanza di tanto di tutto ciò, il ricorso a soluzioni tecniche sopraffine e l’esecuzione di fondamentali perfetti è caratteristica di molti campioni al di qua dell’oceano.

Le chiamate offensive di GS regalano sempre qualcosa di straordinario. In presenza di una dose di talento con pochi precedenti, riesce comunque ad emergere una serie di movimenti che lasciano a bocca  aperta, a partire da quella finta di blocco e taglio conseguente che rappresenta oggi un’eccellenza del gioco. Sicuramente da migliorare ciò che accade nella metà campo di attacco dei Celtics, spesso con palla troppo ferma, tuttavia, nei momenti migliori si è vista un’attività sul lato debole di primissimo piano. Lato debole che ci riporta nella baia, dove si esegue in modo celestiale. Mai fermi, sempre pronti a coprire le zone del campo necessarie, in chiaro controllo di quel che si può fare e di quello che causerebbe un deficit nella seguente azione difensiva.

Stesso discorso, se vogliamo perfino migliore, a casa Obradovic. E’ un godimento assoluto vedere come, in presenza di isolamenti od attacchi 1vs1, specialmente di Sloukas e Wanamaker, gli altri tre giocatori si muovano secondo schemi che si stanno assimilando con sempre maggior certezza. Datome e Melli stanno imparando, il primo più avanti rispetto al secondo solo per esperienza già accumulata con il coach serbo, ad eseguire alla perfezioni ogni movimento necessario per creare e sfruttare maggior vantaggio in attacco e mantenere un buon bilanciamento sul campo.

Piccoli dettagli, spaziature modificate di pochi metri, ma si tratta di scienza nel contesto di quel set offensivo. Impressiona più di ogni altra cosa poi, in caso di “pick and roll”, la capacità di Kostas Sloukas di prendersi quella frazione di secondo, che non supera mai l’ormai famoso “point five” (0,5) di Popovic e Messina, per mandare fuori ritmo il difensore e guadagnarsi una linea di passaggio che la sua struttura fisica talvolta non permetterebbe, qualunque sia la scelta della difesa.

Analizzando invece la struttura di squadra impostata da Itoudis emerge come la ricerca di un ritmo elevato in attacco sia costante dei momenti migliori, come attesta il parziale del secondo quarto principalmente. Soluzioni ineccepibili con blocchi sopra la linea di tiro libero tra i lunghi mentre i piccoli sono prontissimi ad attaccare, così come a dare palla all’eventuale rollante. Will Clyburn, a lezione da un’autorità del settore come Vorontsevich, si inserisce sempre meglio nel contesto, occupando alla perfezione gli spazi migliori per gli scarichi e l’equilibrio di attacco e successiva difesa.

Alcune statistiche ci aiutano a comprendere di quale livello di eccellenza si stia parlando. Golden State ha una media stagionale di 30,2 assist contro 16,8 palle perse: no, non è uno scherzo! I Celtics sono a 21,7/14,7 che di per sé è già notevole, ma quasi sparisce di fronte a gli uomini di Kerr. E’ poi vero che concedono la miseria di 94,8 punti a serata, ed allora rieccoci al top.  CSKA e Fenerbahce realizzano rispettivamente 88,38 e 80,63 punti a gara, con 17,13 e 19,88 assistenze di squadra. La ratio assist/perse è oltre il 150% per entrambe, dati già confermati in passato su spicchi più significativi di stagione: la qualità è assolutamente eccelsa. In tutto ciò non è certo da dimenticare come i turchi subiscano solo 75,00 punti, secondi solo al sistema Sfairopoulos, mentre la stessa Mosca, non sulla bocca di tutti come squadra difensiva, è però capace di subirne solo 77,63. Nel contesto del ritmo di gioco richiesto da Itoudis è un’altra testimonianza di notevole forza.

Siamo quasi riusciti a non parlare di “pick and roll” sinora, e non è un caso. Vi sono maestri in tutte le quattro squadre, ma quasi sempre, e qui Kerr ed Obradovic superano non di poco i rivali, si tratta di una situazione assai utilizzata, ma all’interno di movimenti che prevedono tagli, “backdoor”, movimenti fintati, blocchi ciechi e non: in pratica la pallacanestro.

Quella pallacanestro la cui magia permette perfino di restringere l’oceano, sulla base di concetti che, seppur in un millennio di grandi mutamenti per il gioco, restano basati su movimenti, fondamentali e regole care ai padri del gioco stesso.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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