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La splendida illogicità dell’ Eurolega

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Quattro turni sono qualcosa di abbastanza significativo, ma il cammino è lunghissimo ed una miriade di cose accadranno e cambieranno. Così come sono cambiate tantissime squadre, molto in profondità nella loro struttura, per cui i mesi a venire ci daranno immagini e risultati frutto del lavoro dei vari coach, peraltro chiamati maggiormente ad un compito tattico e psicologico piuttosto che alla consuetudine della palestra, visto che gli allenamenti veri saranno veramente limitati.

Come appreso lo scorso anno, l’importanza dei preparatori fisici e degli staff medici sarà preponderante, al pari dell’intelligenza e dell’abitudine dei giocatori a tali ritmi, dopo la prima esperienza.

Ranking, pronostici e previsioni tecniche sembrano essere fatti al solo fine di essere smentiti, almeno fino ai Playoff, momento in cui i valori emergono senza dubbio alcuno, le certezze sono figlie di quegli stessi valori ed il migliore ha la meglio quasi sempre.                                                                                                                                    L’Eurolega è una manifestazione fantastica in cui  può succedere di tutto per mesi, ma alla fine, di solito, vince Obradovic e la difesa dell’Olympiacos è la migliore (cose ripetutamente accadute anche col format precedente).

Dopo poco più di un 10% di stagione regolare, situazioni che parevano lampanti sono state quasi ridicolizzate nell’arco di una settimana od anche sole 48 ore: è la magia di questo calendario e del valore delle partecipanti che, differentemente da quanto accade in NBA,  danno tutto ad ogni gara, riservandosi eventuali riposi per i tornei nazionali, in cui il tempo per recuperare è comunque tanto.

Ce ne sono mille altre di storie la cui logicità è tutta da stanare, le cui ragioni sono tutte da comprendere ed i cui risultati, a volte,  sono da interpretare con la più fervida delle fantasie. E’ tutto parte di un cammino di cui stiamo ancora cercando di capire quali siano gli ostacoli più duri, il modo migliore di affrontarli e la capacità di far fruttare ogni singolo possesso od evento a livello di esperienza. Sovviene a questo punto, quello che ci disse Andrea Trinchieri lo scorso anno, a proposito del doppio turno ma non solo: «Devi essere capace di vivere la partita e non portartene dietro le conseguenze il giorno dopo. Se fai così puoi vincere la prossima dopo essere stato asfaltato due giorni prima, altrimenti entri in una situazione negativa che è difficile scrollarti di dosso».                                                                                                                         Vale appunto per il doppio turno, ma in realtà per tutta la competizione, la cui difficoltà principale è proprio quella di scontrarsi per sei mesi con avversari di livello altissimo e sempre pronti a dare tutto.

 

 

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