Milano si illude a Mosca, poi vince il più forte

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E’ buona la prova milanese alla Megasport Arena di Mosca, tuttavia la realtà di Eurolega è ben diversa da qualsiasi altra competizione continentale ed arriva la sconfitta contro un’avversaria che appartiene ad un pianeta cestisticamente differente per mille ragioni.

93-84 dice lo score, che si potrebbe dividere in due: 16-30 il primo quarto e 77-54 gli ultimi trenta minuti. Tra l’altro quest’ultima parte di punteggio non riflette nemmeno troppo fedelmente l’andamento tecnico delle squadre, poiché in realtà la corazzata moscovita ha giocato al proprio livello non più di 15 minuti, mentre l’Olimpia è parsa molto brillante nel primo quarto, comunque discreta nel secondo ed ha provato a resistere  per tutto il terzo ed una parte dell’ultimo.

Gli uomini di Itoudis hanno iniziato non tanto con le marce basse, quanto col motore spento. Il grande talento, tecnico e fisico, di cui dispongono, gli ha permesso di rientrare con calma e poi avere la meglio nel finale, andando a colpire le debolezze avversarie. Copione già visto molte volte anche lo scorso anno, quando tanti primi quarti moscoviti furono letargici. Will Clyburn è un’addizione fantastica: 37’28” in campo con un impatto totale. Cory Higgins fa il suo da sempre. Il duo, sulle ali dei fenomeni De Colo e Rodriguez, riesce a vincere una partita in cui il proprio frontcourt dice 15 punti contro i 27 avversari. Squadra completa, che a volte si specchia troppo, ma rimane tra le tre principali candidate al titolo.

Tenendo ben presente che siamo ad inizio stagione e che si trattava del primo appuntamento contro una squadra veramente forte, vi sono indicazioni interessanti per Milano, nel bene come nel male, che possiamo credere siano traccia di lavoro dello staff biancorosso.

Come d’abitudine, proviamo a riassumerli in 5 punti.

  • L’Olimpia deve fare canestro da tre punti e lo deve fare con una notevole continuità, altrimenti il sistema tecnico salta. Ovvio, si potrebbe dire, chi non deve farlo, soprattutto nell’omologatissima pallacanestro odierna? I meneghini devono farlo di più sulla base delle due maggiormente abituali concezioni del gioco offensivo, ovvero la partenze con “pick and roll” centrale e quella coi due lunghi sopra i gomiti. Se è vero che con ancor maggiore continuità, rispetto a domenica scorsa, si è vista la ricerca di qualcosa di diverso (intravista un’entrata nei giochi 1-4 che tuttavia vorremmo verificare nelle prossime uscite) e di un maggior movimento coordinato di palla e uomini, soprattutto quando si entra nell’attacco con un passaggio consegnato, è altrettanto scontato che se i terminali offensivi pronti a ricevere gli scarichi non sono letali, l’attacco perde almeno il 55% della sua pericolosità. Il primo quarto è assai esplicativo. Mosca resta negli spogliatoi, ma Milano fa di tutto per tenere quella porta chiusa, con percentuali irreali (73% da due e 67% da tre): il 16-30 ne è normalissima conseguenza.
  • Arturas Gudaitis e Dairis Bertans sono due fior di giocatori. Il primo non avrà la muscolatura degli Hunter e dei Dunston, ma prova sempre a pareggiare la contesa con un fiuto ed una determinazione a rimbalzo (ieri solo 3) e verso il ferro che ricordano quella con cui Roberto Premier  attaccava a fine anni ’80. Quando Milano non perdeva giocando bene: vinceva, giocando bene o male. Bertans deve essere coinvolto di più, esattamente come nella sua nazionale, dove nonostante la presenza di diversi altri violini di qualità altissima, era determinante in moltissimi possessi. Relegarlo a terminale in angolo è come usare il Dom Perignon per fare lo spritz.
  • La difesa Olimpia, come già verificato nelle precedenti uscite contro avversari assai inferiori, è, a sprazzi, ottima e comunque basata su principi assai validi. 93 punti direbbero altro, soprattutto i 77 nei 30 minuti finali, tuttavia è forse meglio dividerli possesso per possesso. Ed è lì che si può notare un’organizzazione buona che troppo spesso va in sofferenza per piccoli dettagli individuali che fanno tutta la differenza del mondo in negativo. Certo che Goudelock e quel paio di opposizioni “gandhiane” a De Colo nel finale in Eurolega si pagano pesantemente: ovvio che un coach come Itoudis quando deve vincerla vada lì. Almeno i talloni, dal parquet, si devono staccare, altrimenti si fa dura. Si tratta di una caratteristica individuale conclamata, tuttavia l’atteggiamento è assai positivo, anche nel terreno che non gli è congeniale.
  • Jordan Theodore ed Andrew Goudelock, Andrew Goudelock e Jordan Theodore: non si scappa da quei due se si vuole dare il giusto peso al valore milanese. Il primo paga lo scotto con l’esordio in Eurolega (chiedere a Ray McCallum jr ed ai suoi primi tre quarti contro Sloukas…), come prevedibilissimo : dalla Champions League a Sergio Rodriguez il passo è assai lungo e complicato. Serve tempo, applicazione ed intelligente interpretazione di quelli che sono i propri limiti, a partire da quella taglia fisica che a livello inferiore può perfino essere un vantaggio, mentre qui va gestita alla perfezione, in attacco come in difesa. “Drew” è poesia in movimento, è potenza controllata: attaccanti così ce ne sono due o tre in Europa, forse nemmeno. Se quell’1vs1 diventa arma di squadra e non soluzione estrema nelle difficoltà dei suoi, le cose cambiano verso l’alto: lavoro complicato ma non impossibile per Pianigiani. Si è già detto dei limiti dietro, ragion per cui non la rinuncia a Dragic, a meno di mosse di mercato di un certo tipo, non pare condivisibilissima.
  • I rimbalzi e… Patric Young. Se in una gara in cui a 6’30” dal termine sei sotto di uno (contro Mosca, non contro dei pivelli)  il totale rimbalzi finale sarà 37 a 26 ed i tuoi avversari hanno preso 15 dei 33 palloni disponibili sotto il tuo tabellone, c’è un problema palese. Che non si può rimandare a fine novembre, quando diversi buoi potrebbero essere scappati insieme alle 10 partite già giocate. Senza poi sapere quali potrebbero essere le condizioni di quel Patric Young. Muscoli ed ingombro che sono necessari: ieri, se Hunter non avesse fatto una festicciola al ferro meneghino, la partita sarebbe stata chiusa nel secondo quarto con un vantaggio oltre i 20 punti. E sono occasioni non abituali che vanno colte, perché scalpi importanti come quello dei russi farebbero assai comodo, come lo fecero per diverse squadre lo scorso anno (vedi Darussafaka) in ottica Playoff e come Malaga ha già fatto ieri sera coi campioni del Fenerbahce.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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