Il trionfo sloveno e l’assoluta, inimitabile bellezza della pallacanestro

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E Slovenia fu! Come in una favola, come in un dramma, semplicemente come nella pallacanestro, quando è giocata a livelli eccelsi e quando offre tutta la sua impareggiabile bellezza.

Meritatissimo trionfo sloveno, come peraltro lo sarebbe stata una vittoria serba, in una delle più belle ed intense finali dell’epoca recente di #eurobasket. Spettacolo, tecnica, dramma, battaglia e follia: gli ingredienti perfetti, quelli che la pallacanestro del vecchio continente sa offrire meglio di chiunque altro su questo pianeta.

Goran Dragic è l’MVP di questa finale e del torneo, poiché 35 punti con 12/22 dal campo, 8/9 ai liberi e 7 rimbalzi, in soli 28’21”, sono il prodotto di un campione assoluto: «Heads up!» ha urlato in faccia ai compagni, durante un timeout, quando il destino pareva aver voltato le spalle alla sua squadra per la prima volta in tutta la competizione. Perchè è giusto ricordare quella tripla sbagliata (Doncic) di mezzo metro che entra di tabella durante alcuni istanti drammatici del quarto con la Lettonia, al pari di altri quattro-cinque segnali che davano le stelle come allineate a senso unico. Fuori Doncic, per una distorsione che speriamo, ma non ne siamo certi visti i 90 gradi della sua caviglia, non lasci conseguenze a lungo termine; fuori Dragic per crampi. Il tavolo pareva apparecchiato per la rimonta serba, squadra vera che ha avuto la forza di non naufragare dopo un secondo quarto da 36 punti sloveni, di cui 20 dell’irreale capitano di Kokoskov.

In fondo, a metà partita, il punteggio diceva 56-47. Che una partita sopra gli 80 punti premiasse la Slovenia, mentre una sotto i 76-77 potesse essere più favorevole alla Serbia era abbastanza scontato: ma allora, dopo che i primi ne mettono 56 nel solo primo tempo, è tutto chiuso? No, assolutamente, perché se sei riuscito, come hanno fatto gli uomini di Djordjevic, a limitare lo scarto a 9 punti pur giocando almeno 15 minuti su 20 in pieno territorio avversario, la questione è aperta.

La sensazione assurda ed illogica? All’infortunio di Doncic, la certezza che avrebbe vinto la Slovenia. Perché? Saremo mica diventati matti… Il giovane campione stava giocando una gara tutto sommato normale, ovviamente per i suoi canoni, e gli 8 punti, con 3/9 al tiro (0/5 dall’arco), 7 rimbalzi ed una ratio assist/perse in perfetta parità (2/2) ne erano la statistica dimostrazione. Migliaia di volte abbiamo visto squadre reagire alle disgrazie più grandi con feroce determinazione, e questa Slovenia ci pareva proprio in grado di farlo, oltretutto aumentando l’impatto di gente come Prepelic, Blazic e Vidmar, che rappresentano senza alcun dubbio il miglior “supporting cast” della storia recente del basket europeo, pienamente dimostrato quando gli è stato chiesto di fare un passo avanti ed ergersi a protagonisti. Certo che nessuno avrebbe potuto immaginare lo stesso quando la muscolatura di Dragic ha detto stop: a quel punto era veramente duro immaginare un resistenza slovena e qui, probabilmente, la Serbia avrebbe dovuto portare la gara sotto canestro, per aprire maggiori spazi ai propri esterni, sollevati dal non dover più affrontare Dragic e Doncic nella propria metà campo. Invece, a parte un paio di possessi magistralmente conclusi da un favoloso Milan Macvan, la squadra di Djordjevic si è limitata a dare palla all’unico vero talento del proprio roster, Bogdan Bogdanovic, che, dopo il layup del vantaggio (82-80), non ha più trovato il canestro, a causa di una difesa avversario che ha potuto pensare solo a lui. Di lì in poi, zero punti serbi fino all’inutile tripla di tabella di Macvan, uno che non mollava nemmeno a 18 secondi sotto di 10…:  se in una finale non segni da 3’37” fino a 0’23”, la partita la perdi.

Sono stati i momenti decisivi, quelli degli ultimi tre minuti, suggellati da due capolavori: il canestro dell’84-82 di Prepelic e la stoppata di Vidmar su Bogdanovic stesso, al pari di due canestri di Jaka Blazic che avevano tenuto a galla, in precedenza, la barca slovena ed al layup con fallo di Anthony Randolph, a suggello dell’86-82 che ha sancito la fuga definitiva per la vittoria. Certo che se un lungo di 211cm castiga un “close-out” poco equilibrato in questo modo, lo spettacolo a cui stiamo assistendo è qualcosa di unico.

Di solito si dice di tante piccole cose, in questo caso vi è stato un esubero di capolavori che resteranno singolarmente nella nostra mente molto a lungo: “a game for the ages”, come Brasile-Argentina a Rio, come Slovenia-Lettonia nei quarti.

E su questo trionfo storico vi è la mano di un coach che entra direttamente nell’Olimpo dei più grandi: Igor Kokoskov da Belgrado, sì, proprio da lì, un serbo che batte la Serbia nel giorno più importante. Se esiste il concetto di “cittadino del mondo” questo è espresso al meglio dal 46enne allenatore, che dai Tigers di Missouri nel ’99, iniziò il suo giro del mondo che lo ha reso leggenda prima in Georgia ed ora in Slovenia, attraverso esperienze di altissimo rango in NBA. Il capolavoro tecnico è stato quello di togliere alla Serbia tutta la forza che avrebbe dovuto imporre in area.  Le mani addosso a Marjanovic prima di tutto, e non solo da parte di chi lo marcava ma, segnatamente da chi arrivava in aiuto con tempi perfetti. Un canestro dal campo su cinque tentativi, un evidente nervosismo ed un impatto nullo: a dire la verità una parte di tutto ciò è stato permesso dalla terna di arbitri, indecente ed incapace. Se su ogni possesso di un lungo di un certo tipo, l’equilibrio di questo è messo a repentino da movenze difensive atte a togliere quell’equilibrio stesso attraverso spinte e movimenti non esattamente legali, un arbitro che conoscesse il gioco ci mette due possessi a capirlo. Ma questi del gioco non sanno nulla, come dimostra la loro prestazione. Lo stesso Kuzmic e un inguardabile Stimac sono stati tenuti fuori dalla gara, tanto che la prevedibile superiorità serba a rimbalzo non vi è stata: 36-36 è il dato di partenza del successo sloveno. Il cui coach non ha deviato di un centimetro dal suo piano partita, esattamente come per tutto il torneo: semplicemente, il numero uno.

La Serbia, come accennavamo già nei giorni precedenti, ha il grandissimo merito di non aver pianto nemmeno un secondo sulle assenze. Al completo non vi sarebbe stata alcuna squadra in grado di batterli: pensiamo ad un quintettino del tipo Teodosic, Bogdanovic, Kalinic, Bjelica e Jokic, con Marjanovic sesto uomo e gente come Nedovic, Jovic, Markovic ed il Raduljica formato nazionale a fare da contorno. E’ la loro grande scuola, è la loro grande durezza mentale, è il loro spirito di sacrificio, quello che fa la differenza tra il basket balcanico ed il resto del mondo. Onore quindi ad un squadra la cui medaglia d’argento vale, a nostro parere, anche più di quelle recenti a Mondiali ed Olimpiadi, perché ottenuta senza 4 titolari fissi. Purtroppo il talento a disposizione di coach Djordjevic, se parliamo di alto livello, si limitava a Bogdan Bogdanovic, che ha fatto di tutto, ma da solo non ha potuto vincerla, abbandonato negli ultimi 180 secondi dai compagni. Giusto ricordare la pressoché totale assenza di Jovic, eroico nel primo tempo ma di scarso impatto a causa della caviglia infortunata in semifinale.

In un contesto fantastico quale la finale di ieri, ancora una volta e, come previsto, nella forma ancor più grave, visto il peso degli errori, non possiamo non notare la totale inadeguatezza di chi ha fischiato. Maranho, Conde e Sahin non sono più o meno scarsi degli altri che abbiamo visto: sono semplicemente alcuni di loro. Quelli bravi erano a casa, a prepararsi per l’Eurolega. Gente come Damir Javor e Daniel Hierrezuelo avrebbe ulteriormente nobilitato un partita storica. Ma niente, “it’s all politics”, e così si ammazza il gioco. Almeno 10-12 chiamate allucinanti. In ordine sparso, comincia Sahin, con un blocco irregolare serbo a compensare un fischio mancato sul tiro da tre di Prepelic. Poi inizia il cinema dei tecnici per simulazione: Lucic punito, come sarà per Micic nel secondo tempo. Peccato che non venga applicato lo stesso metro quando Dragic si tuffa eseguendo un tiro o, in ambito differente dalla simulazione,  quando per ben due volte Doncic protesta in modo assolutamente fuori luogo. Tra l’atro il fallo di Zagorac era palese sulla presunta simulazione di Micic. Il fallo in attacco a Marjanovic è una barzelletta, mentre quello che non chiamano su Randolph, fortunatamente a fine gara, è da TSO. Prepelic si accusa di un fallo, ma niente, si sorvola per la “regola del vantaggio”, ma allora, se è questo il metodo applicato, è antisportivo quando Dragic trattiene impedendo il passaggio in campo aperto che darebbe due punti sicuri. Un vero peccato, la vera FIBA.

Nella “finalina” la Spagna porta a casa l’ennesima medaglia di una generazione di fenomeni senza precedenti: non si può non chiudere un bellissimo europeo come questo senza alzarsi ad applaudire Juan Carlos Navarro e Pau Gasol. Se il gioco è una libidine, lo dobbiamo a gente come voi.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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2 thoughts on “Il trionfo sloveno e l’assoluta, inimitabile bellezza della pallacanestro

    1. E’ stato detto tutto su di una partita stupenda sotto tutti i punti di vista. Una piccola e modesta riflessione che possa servire a tutti i giocatori di tutte le età che praticano questo meraviglioso sport. Avete notato quanto è bello vedere in campo giocare 10 giocatori uno più pulito dell’altro ? Mi riferisco a nessun tatuaggio sul corpo, capelli tagliati e visi sbarbati, nessun manicotto sul braccio o fascia nei capelli, nessun paradenti penzoloni fra i denti, pantaloncini nella norma, scarpette tutte uguali. Che sogno vedere sui nostri campi copiare e rispettare queste stesse regole di decenza sportiva. Viva la pallacanestro pulita.

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