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#EUROBASKET2017 – SEMIFINALI La Slovenia è impressionante: fine di un’era per la Spagna di Scariolo?

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E’ successo. La Slovenia è in finale ai danni della Spagna. Si poteva pensare, guardando al percorso delle due squadre sinora, tuttavia prevederlo era assai complicato, nel nome di quel talento e di quell’essere campioni che gli spagnoli hanno sempre dimostrato dal 2006 in poi (13 medaglie tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei, che diventano 15 se partiamo dal 2001).

38 minuti e 38 secondi davanti: 92-72. No contest? Tutto si poteva immaginare, tranne questo. Come il pareggio a rimbalzo, a quota 35: stiamo scherzando? No, non scherziamo per nulla, il campo ha detto così ed il campo è sacro e non mente, come il gioco in sé.

La sensazione di essere di fronte ad una squadra in missione, parlando degli sloveni, è forte. Quelle triple di tabella, su tiri sbagliatissimi, di cui una entrò, con impatto sul risultato assai maggiore di quelle di ieri, già con la Lettonia in un momento fondamentale. Ma quando sei dentro la gara al 101%, come gli uomini di Kokoskov sono dall’inizio del torneo, succede anche questo.

Celebrare Goran Dragic, le cui quotazioni per l’MVP sono decisamente in ascesa, o meglio, solide sin dalla palla a due che aprì #eurobasket2017 il 31 agosto contro la Polonia, è abbastanza scontato: leadership totale, la faccia di uno che ha perfettamente in mente di lasciare una traccia indelebile nella storia del basket del suo paese. Ed è fantastica proprio quella su faccia, quel suo sorriso addirittura innocente, sereno: il volto di una consapevolezza sincera, decisa che cerca tutti i componenti dello staff, senza dimenticarne uno, a fine partita. Un abbraccio non si nega a nessuno, perché questo granitico gruppo è frutto del lavoro di tutti e merita l’assoluto. Che ha già raggiunto, di qualunque materiale sia la medaglia di domenica sera.

Altrettanto scontato, così come meritato,  è celebrare Luka Doncic. Usciamo dalla noia della sottolineatura dei suoi 18 anni, usciamo dal “populismo cestistico” dell’esaltazione di qualunque cosa faccia: è un campione e lo è già oggi. Ne avevamo forte sentore, soprattutto dopo averne seguite con grande attenzione le prestazioni in Eurolega, che oggi, nel vecchio continente, è l’unico vero termine di valutazione nell’ottica dell’eccellenza. Ne abbiamo avuta conferma in questo torneo, in cui non ha abbassato l’asticella mai, giocando al 100% con l’Islanda come contro la Spagna. Ora il discorso più importante che lo riguarda si basa sui margini di miglioramento. Possibili? Certamente. Quanto? Ce lo diranno le prossime stagioni, presumibilmente ne basteranno un paio per capire meglio. Limiti? Ad oggi ben pochi. E’ considerazione puramente personale quella che coinvolge il suo certo approdo in NBA: altre tre campagne di Eurolega potrebbero fare molto meglio di 246 partite di stagione regolare oltre oceano in cui non si difende, peraltro col rischio di non vedere mai i Playoffs, nella logica della “Lottery”, a meno di scambi e così via. Parere personalissimo, niente altro.

Chi rischia di passare sotto traccia, ma è più che fondamentale, è Igor Kokoskov. La sua quasi ventennale esperienza in USA sarebbe sufficiente a darcene pieno valore, ma il modo in cui sta allenando è di livello altissimo. Dalla scientificità della gestione dei cambi all’alternanza di carota e bastone coi suoi, stelle comprese, per finire con il perfetto coinvolgimento di tutto il “supporting cast” di cui dispone, peraltro limitato nella profondità, ma messo in condizione di esaltarsi secondo le proprie caratteristiche.

La Spagna e Scariolo? Pensando che per alcuni di questa straordinaria generazione potrebbe essersi trattato dell’ultimo ballo, possiamo solo alzarci ed applaudire. Gente come Pau e Navarro meritano un’enciclopedia, non fosse altro che per la disponibilità ed il piacere di vestire questa maglia che hanno dimostrato negli anni: se penso ad alcuni presunti fenomeni (fischieranno le orecchie a taluni, magari pure azzurri…) che hanno parlato di gestire il proprio tempo e le proprie estati… E se proprio pensiamo all’Italia, pensiamo all’esempio positivo di Gigione Datome, sempre e comunque azzurro, contro la Svizzera come contro la Spagna stessa.

Sconfitta pesante quella iberica, mai in partita. Ma c’è molta dignità, quella dei campioni, per i quali una lunghissima “standing ovation” è il minimo dovuto. Certo che sin dall’inizio, mai hanno giocato al 100%, scherzando col fuoco spesso: ieri non è stato così, semplicemente sono stati battuti da una squadra che non sappiamo se sia più forte, forse no, ma di sicuro è stata migliore. E se quella tanto citata supponenza spagnola fosse stata solo dovuta all’essere a fine corsa, o magari semplicemente troppo avanti con gli anni per garantire 10 mesi di rendimento ad alto livello in un anno?  E l’ammirazione vale anche per Don Sergio: non sarà certo un europeo non vinto, che magari si concluderà con l’ennesima medaglia, seppur di bronzo, a cambiare qualcosa nella valutazione del suo lavoro e della sua carriera. In fondo, quegli Europei, li vinceva lui dal 2009: quando mancò, nel 2013, fu solo bronzo, sotto la guida di Antonio Orenga. Curioso, ora, capire se sarà sempre lui a gestire il post Gasol-Navarro. Perché no?

Ed eccoci agli abituali cinque punti emersi a seguito di questa gara.

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