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La stoppata di Gigi separa il sogno dall’incubo

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71-69 e sarà Finlandia negli ottavi, in un quarto di tabellone dove ci saranno i serbi di Sasha Djordjevic, piuttosto che la Russia di Shved, a sfidare l’Ungheria.

Ad Istanbul non ci sarà un domani e la tensione sarà alle stelle, fin dalla palla a due: che Italia potremo vedere dopo una due giorni in cui stelle e stalle si sono alternate in modo incredibile, ad una prima analisi senza una plausibile logica?

All’interno di una gara come quella con la Georgia, dopo quella mediocre coi tedeschi, le sensazioni che si susseguono appartengono ad un’irrazionalità che va molto oltre le normalissime logiche del gioco. Vaghiamo senza meta dai tiri “da campetto” ad un eccessivo utilizzo delle triple, dall’assoluta impotenza offensiva sotto canestro ad una difesa che a tratti è un capolavoro, dai momenti di totale onnipotenza di Belinelli alla staticità del pallone che lo rende inoffensivo e vittima di tante forzature, da una condizione psicologica di graniticità del gruppo a momenti in cui lo scoramento pare assalire da ogni dove. Perfino i tiri liberi non sfuggono a questa logica col 62% su 14,2 tentativi: prima del completamento del quinto turno, solo Repubblica Ceca, Romania e Montenegro, quindi non proprio il gotha del basket europeo, ne tirano meno di noi, e questo è già grave, mentre dobbiamo guardare sempre agli uomini di Boscia ed all’Ungheria per trovare chi li tira peggio. E sono quasi tutti farina del sacco di chi solitamente “flirta” con l’80-85%. La decima squadra di questa speciale voce statistica, l’Ucraina, tira con 16,3 punti percentuali più degli azzurri. Se poi guardiamo al tiro da due, la faccenda si complica ulteriormente: 12,8 tiri a segno su una media di 28.8 tentativi , che vuol dire 44,4%. E’ meglio per lo staff azzurro non guardare chi c’è dietro, per non fare la fine della bollicina dell’acqua Lete.

Quindi? Qualificazione in linea con il potenziale, azioni in rialzo per l’impresa oppure grande pessimismo visti i limiti evidenti? Come sempre la verità sta nel mezzo e la ricerca di equilibrio nel giudicare tutto ciò che di contraddittorio abbiamo visto nell’ultima settimana, è assoluta necessità, sebbene sia operazione complicata. Perché il miracolo di Gigi Datome è l’emblema del tutto azzurro, arrivato nel momento in cui l’incubo pareva essere già realtà.

Le cose da sottolineare sarebbero un centinaio, forse più, ma la nostra consuetudine di limitarci a quei cinque punti che ci risultano  più evidenti non subirà alcuna variazione.

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