Milano cade ancora ma è un’altra storia.

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70-78 ! Altro verdetto chiaro ed inequivocabile. Se vi fossero stati precedenti dubbi, la caccia dell’Olimpia ai playoff di Eurolega finisce qui. Difficile che aiutino  a cambiare le cose le due imminenti trasferte di Istanbul, sponda Obradovic, e Mosca. Una grande in evidente difficoltà come il Fenerbahce e la miglior squadra del torneo, reduce però da due inattesi stop consecutivi.

Per la prima volta da diverse settimane, segnatamente dalla sconfitta a Belgrado, si può parlare di pallacanestro riguardo i biancorossi milanesi, poiché, di certo, ciò che non è mancato ieri sera è stato un atteggiamento positivo. Si tratta di una squadra in profondissima crisi tecnica, psicologica e gestionale. Tutti sono coinvolti, tutti sono responsabili: o se ne esce insieme o non se ne esce per nulla.

9851 persone rappresentano oggi il patrimonio più importante all’ombra della Madonnina: ditemi un altro sport ed un’altra squadra che, in questa situazione di risultati avrebbe portato a palazzo un tale numero di spettatori, assolutamente composto e vicino alla squadra (caldo molto raramente, dai… siamo a Milano, “noblesse oblige”). E’ grandissima civiltà e sportività, ben oltre successi ed insuccessi, ed in questo c’è il giusto mix tra la passione dei tifosi e le corrette politiche societarie (perché  quando le cose sono fatte bene si può riconoscerlo, no?).

Dopo moltissimi giorni di totale inefficacia difensiva la squadra di Repesa lotta e lo fa per almeno tre quarti: tutto ciò ovviamente non basta, ma un segnale, finalmente c’è. Nessuna luce in fondo al tunnel , nessuna illusione che riguardi soluzioni a problemi che sono molto pesanti, tuttavia una decisa inversione di tendenza in questo senso può essere punto di partenza.

Detto che 29 falli contro 20 è dato estremamente strano per incontri di questo livello, soprattutto quando l’intensità delle due squadre si equivale, vi è un riscontro statistico  decisamente negativo all’interno del sistema offensivo milanese che rappresenta, molto più che probabilmente, la ragione della sconfitta: 12 assist contro 19 perse. Per una squadra che di media fornisce 17,27 passaggi vincenti e 13,67 perse, con una ratio del 126,34%, si tratta di dato incontrovertibilmente decisivo. Il perché è presto detto e si chiama Alessandro Gentile, molto più di Kruno Simon. La presenza dell’ex capitano garantiva situazioni in cui diverse difese gli collassavano contro con raddoppi sistematici : le capacità del #5 di dare via la palla sul lato debole con assoluta facilità e naturalezza (il numero uno in Europa senza alcun dubbio in questo senso) permettevano canestri assistiti sia direttamente che su ulteriori movimenti del pallone, poiché le difese stesse erano già in una situazione di scelta. Di conseguenza, se non hai il sistema di rotazioni di Obradovic, perfetto e che si permetteva perfino di triplicare su Alessandro, si creano vantaggi importanti per l’attacco milanese. Oggi tutto ciò non c’è più: nessun karma ed un gradevole silenzio su questioni non inerenti al campo. Questo è un limite tecnico al quale Repesa ed il suo staff dovranno porre rimedio, perché ieri, più che nelle recenti altre partite, si sono ripetute situazioni in cui se chi aveva palla in mano non riusciva a battere il diretto avversario, la vallata dell’attacco milanese si oscurava progressivamente, fino alla notte fonda dello scandire del ventiquattresimo secondo. Un ulteriore dato che spiega la sconfitta viene dai punti segnati nei singoli quarti: difficile vincere con 16, 17 e 14 punti nella prima, seconda e quarta frazione.

Non è certamente un caso che di punti ne arrivino 23 nel terzo quarto, quando la difesa milanese torna ad essere quella del progetto tecnico “repesiano” di inizio stagione. Ne nascono tanti canestri facili, si rivede la transizione quasi feroce di settembre ed ottobre, vengono esaltate alcune caratteristiche individuali in quest’ottica. In generale è importante che non vi sia stato nessun quarto avversario oltre i 30 punti, scollinamento ormai quasi abituale negli ultimi tempi. Milano doveva essere questa e potrà essere solo questa: difesa e transizione su tutto, ancor di più dopo la separazione da Gentile che ha tolto un’impressionante cifra tecnica alla squadra. E’ la difesa la base su cui (ri)costruire ed è Zoran Dragic l’uomo che può prendere in mano la squadra: i ripetuti calci alla panchina sono una liberazione, l’encefalogramma non è piatto. Il lavoro dovrà basarsi su quelle che ormai sono nemesi pressoché storiche: Arturas Milaknis ne mette 16 con soli 6 tiri: era solito segnare 8,3 punti a serata. Il recente Needham vi dice qualcosa? E’ poi evidente come, al netto di diversi atteggiamenti intollerabili visti nelle ultime sei settimane, vi sia una notevole fragilità da parte di molti uomini del roster: difficile combatterla con un canestro, più facile farlo attraverso un tuffo su una palla vagante. Non di poco conto, Rakim Sanders è un 3: lo dice Reggio Emilia, lo dice lo Zalgiris, lo sapevamo già.

La partita avrebbe potuto prendere ben altra direzione sul 46-42,quando con 3’58” da giocare nelle terza frazione,  Ricky Hickman ha mancato una tripla che poteva assumere le fattezze del pugno da KO.  La lunga sosta, dovuta a problemi sul server di Eurolega, aveva assolutamente spezzato il ritmo lituano dopo il parziale di 6-0 che aveva seguito l’intervallo lungo: il 13-0 milanese che ne è seguito è stato sicuramente favorito da questa situazione particolare, che da sempre avvantaggia chi deve ripartire. Non è però la prima volta in stagione che gli uomini di Jasikevicius sanno lottare e superare momenti difficili: complicato che Saras possa ripetere in panca ciò che di eterno ci ha regalato in campo, tuttavia è stato spesso entusiasmante poterlo vedere da vicino, in versione Obradovic, “dialogare” in modo assai deciso con i propri malcapitati panchinari. Il suo Zalgiris non è una delle migliori otto di Eurolega, ma non mollerà mai un centimetro, cosa che potrebbe dare una netta svolta al basket da sognatori che esprimono mani e corpi lituani.

Non vi possono essere proclami ma solo consapevolezza. Quello che è stato è stato, colpevolmente: nessun alibi. Ci sono 15 gare di grandissima importanza che vanno affrontate in ottica di dignità e di crescita. Una licenza decennale può non dare frutti immediati, ma va percorsa tappa dopo tappa: le delusioni, anche terribili, sono incluse. Non vi è domani senza ieri ed oggi.

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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