Blatt, Laso, un crollo ed il leader

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«Succede a tutti, è una stagione così. Devi essere pronto a sfruttare questo vantaggio». A Milano fischieranno le orecchie di molti, sentendo le parole di coach Blatt che commenta la netta vittoria contro un Real Madrid privo di Llull e Randolph.

Le vittorie sono sempre vittorie, talune però hanno peso specifico maggiore: è il caso di quella colta ieri sera dal Darussafaka contro i “blancos”, che fa il pari con quella di qualche settimana fa contro lo CSKA. Sono jolly che alla fine rischiano di pesare molto, soprattutto se inframezzate da quattro sconfitte consecutive che avrebbero potuto mettere in gravissima difficoltà i turchi.

E determinate vittorie si caratterizzano poi in modo assai strano. L’inizio è tutto Real e la sensazione, a pochi istanti dalla sirena del primo quarto, è di dominio pressoché totale. «Più o meno abbiamo cominciato bene, facendo le cose giuste» dirà Pablo Laso. Nessuno sa meglio dei coach come stanno andando le cose per la propria squadra: in quel “più o meno” c’è la serata madrilena. Se fossero state sfruttate le occasioni che il match ha offerto nei primi quindici minuti, staremmo parlando di tutta un’altra storia. Ma vi sono momenti in cui le partite si possono e devono vincere: se non lo fai, hai perso.

Si parte con un Clyburn che palleggia troppo ed un Real dominante a rimbalzo e sotto canestro: Ayon, in versione Olajuwon, usa il perno come Mariah Carey le corde vocali (6+6 con un solo errore al tiro), coadiuvato da un Reyes dominante come QI cestistico. E’ 17 a 7 a rimbalzo, ma la tripla sulla sirena di Bertans dice solo 17-20: sono le prime uova della frittata castigliana.

Interessante come Madrid nel primo quarto spesso rinunci al contropiede primario attendendo l’arrivo dei rimorchi, sempre con una conduzione laterale che non può essere un caso, ancor più in assenza di Llull. Infilarsi nelle corsie centrali in mezzo ai razzenti esterni di Blatt non è consigliato se non hai caratteristiche eccelse di ball handling, che solo l’assente Sergio oggi ha.

Il Darussafaka di inizio gara passa troppi tiri, soprattutto dall’arco, andando a sfidare gli avversari dove sono troppo più forti. Doncic non segna mai ma finisce un primo quarto da 6’29” di utilizzo con 6 rimbalzi e 5 assist: il livello delle scelte e l’impatto sulla partita, per un diciassettenne, è oltre ogni limite pensabile.

Si tratta di due sistemi di gioco completamente differenti, seppur entrambi ricorrenti alla soluzione dall’arco in modo quasi esagerato: prima di questa gara il Real tirava 288 volte (primo) col 36,11% (decimo), mentre i turchi tiravano 258 volte (quinti) col 39,53% (quarti). A rimbalzo lo score dopo 11 partite diceva 401, a media 36,45 a serata (quarto posto globale) per i bianchi, mentre solo 339 (30,82 di media) per i verdi, quattordicesimi in tutto il torneo. Il sistema Blatt è molto più in stile NBA, con spot fissi per determinati tiratori oltre l’arco e molto lasciato all’inventiva dei suoi 1 e 2. Si muove la palla più degli uomini, esattamente il contrario di quanto avviene in casa madrilena. Laso chiede movimento continuo di palla e giocatori, col coinvolgimento offensivo (beato lui che ne ha cinque che possono attaccare…) di tutti quelli in campo. Quando la difesa turca sale di colpi, aiutata da un Real che non segna mai da tre e non riesce più ad andare sotto canestro, la partita gira, in corrispondenza dell’ultimo tentativo di fuga degli ospiti. Da 23-31 si vola al 35-31 di metà partita: sembra di aver cambiato sala cinematografica. La partita del Real Madrid è durata 14 minuti e 40 secondi. Titoli di coda.

Vi è un tentativo di rientro che Laso affida ad una 1-3-1 mascherata che diventa uomo, ma dopo un paio di possessi di adattamento, Blatt ritrova le conclusioni dall’arco dei suoi e nemmeno una tripla surreale di Luka Doncic, che sancisce il 52-44 di fine terzo quarto, può fare nulla. Tant’è che si ricomincia con un furto di Wanamaker sullo stesso fenomeno sloveno che porta ad un antisportivo di Rudy ed alla chiusura ufficiale della contesa. Contro Blatt non vinci tirando 18/36 da due e 6/26 da tre, nemmeno se prendi 44 rimbalzi contro i trenta avversari.

Adrien Moermann è un ottimo giocatore che fa della versatilità e delle diverse dimensioni che può assumere sul campo la propria forza: con Milan Macvan il meglio in Europa in questo senso. Brad Wanamaker è forse il campione che non credevo potesse essere, almeno a livelli altissimi: leadership tecnica e mentale, sempre la partita in mano. Silente quando è il caso di coinvolgere gli altri, feroce come un cobra quando è il caso di portare il morso letale. Forse solo attaccandolo, però senza palleggiargli davanti, lo si può mettere in reale difficoltà.

Leadership si diceva, quella che manca al Real nel momento in cui si deve affrontare una difficoltà senza la presenza di Sergio Llull. E’ la chiave di questa partita, è la chiave di questa Eurolega. Non è assolutamente un caso che le squadre al momento in maggiore difficoltà (Maccabi, Galatasaray, Milano ma anche lo stesso redivivo Bamberg) non abbiamo tra le proprie fila uomini che siano leader veri, quelli che ti guidano nel momento di difficoltà assoluta, quelli che non necessariamente debbano avere il pallone in mano, ma che in mano abbiano la squadra, in campo e fuori. Perché le pari opportunità, nel basket, non finirò mai di ripetere che sono una bellissima barzelletta: è gioco democratico come ideali di sistema, ben diverso nella pratica.

E’ la nuova Eurolega, quella in cui dopo 12 gare cominciano anche a fiorire le asfaltate, quelle più inattese: «Last game means nothing, zero, nada» è la chiosa dell’ottimo commentatore di Euroleague.tv , in un giorno tristissimo per la pallacanestro, che perde uno dei suoi fuoriclasse più assoluti. E’ l’amore per il gioco che fa sì che anche questo contesto sia appropriato per un sentitissimo “Thanks for everything Craig”. #SAGERSTRONG

 

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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