La realtà? Brutto KO al Pireo

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«Non posso essere soddisfatto e pensare di avere fatto bella figura».                                    Nelle parole di Jasmin Repesa sta tutta la serata milanese nella tana, assai deserta, dell’Olympiacos.

La partita finisce a 48″ dal termine del terzo quarto, quando sulla spadellata (non l’unica) di Hackett dall’arco, Milutinov prende il rimbalzo offensivo ma perde subito palla: recuperata di Simon che tenta di attraversare il campo con un passaggio troppo morbido per Macvan, correttamente involatosi in contropiede. Persa milanese e dall’altra parte la prima delle due triple in pochi secondi di Green che chiude la contesa.

Milano ha giocato alla pari dell’Olympiacos? Parrebbe, dai numeri, per almeno 29’12”, ma la realtà è diversa. A questo livello i dettagli fanno la differenza ed errori apparentemente superficiali scavano gli abissi tra le squadre. I “reds” sono per ora superiori e nemmeno di pochissimo, se è vero che in una serata non troppo brillante perfino in difesa, dove viene a mancare il loro marchio di fabbrica storico (81 subiti in casa sono tantissimi per questa squadra), portano a casa una vittoria netta senza grandi sofferenze.

L’Olimpia è un passo indietro a questo livello oggi, e lo dicono le cifre in modo chiarissimo. Ha tirato leggermente meglio da due (55,8% vs 55,3%), praticamente pari da tre (29,4% vs 30%), ha smazzato più assist (16 vs 13), ha perso meno palloni (11 vs 14) e ne ha rubati di più (10 vs 6) andando sotto nettamente solo a rimbalzo con 29 carambole (21+8) contro 42 (25+17), dove il solo Raduljica ne ha presi circa un terzo (8). Se in occasione di statistiche così equilibrate, se non a tuo favore, ne basta una per spezzare la partita inesorabilmente ad un quarto dal termine, gli errori sono tanti, troppi.

E questi errori vengono dai dettagli, che quando si gioca a livello alto fanno tutta la differenza del mondo. A memoria, in ordine sparso e senza dare maggior peso o responsabilità all’uno piuttosto che all’altro, ve ne è una serie tremenda. Layup di Macvan in campo aperto, Dragic che alla prima finta di Spanoulis finisce al bar, almeno cinque palle 50/50 concesse con leggerezza, una partenza incrociata sul fondo regalata da Gentile ad Hackett, il cui primo passo non ricorda Allen Iverson, due passaggi, compreso quello decisivo già citato, di Simon, un altro orizzontale di Gentile troppo molle che apre il contropiede avversario, due rimesse eseguite con la testa altrove, uno sfondo di Kalnietis in superiorità netta, tre liberi regalati al figlio di Rudy. Ce n’è a sufficienza per considerare la prova di ieri assai mediocre, soprattutto in virtù di un Oly che senza il miglior Young, visto per non più di tre minuti, diventa molto normale.

Discorso più profondo quello relativo al playmaking delle due squadre. Spanoulis ed Hackett combinano per 26 punti con 7/11 da due, solo 1/7 da tre, 9/10 ai liberi, 5 assist e 4 rimbalzi, mentre Hickman e Kalnietis portano in dote 10 punti con 0/3 da due, 1/3 da tre, 7/9 ai liberi, 7 assist e 3 rimbalzi. la differenza, oggettivamente, è stata tanta.

Le rotazioni di Repesa, che da molte parti vengono elencate come causa dell’insuccesso, saranno sempre argomento di discussione perché non tanto l’ampiezza del roster quanto il valore assai simile di molti elementi (non tutti..) dello stesso non permetteranno mai di giudicare in modo netto se un quintetto in campo sia meglio di un altro. Di certo, quell’ampiezza dovrebbe dare molto di più in termini di pressione difensiva, cosa che 97, 80 e 91 punti subiti dicono latitare fino ad ora. Il famoso progetto di pressione a tutto campo sarebbe stato un suicidio contro Spanoulis e lo stesso Hackett a tratti, tuttavia tra l’arco ed il ferro dovrebbe essere guerriglia.

Quindi, Olimpia ridimensionata? Nemmeno per sogno ed è bene che si cominci a pensare un po’ più in grande, umilmente ma con tanta consapevolezza. Quest’ultima deriva dalle possibilità tecniche ottime, non da top team ma nemmeno lontane, mentre la prima è quella che è mancata su tutte le palle sporche dell’incontro, quelle che decidono le partite importanti.

Alessandro Gentile meriterebbe un capitolo a parte, ma il karma stagionale dell’ex Capitano parla di lavoro e silenzio: certo che se quel primo quarto l’avesse giocato Llull, gli aggettivi si sprecherebbero.

A proposito di Llull, arriverà al Forum con il fardello di una persa sanguinosa che è costata ai “blancos” un’inopinata sconfitta: ecco, dovrà essere guerriglia.

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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